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Gabriel non mi conosceva, quindi potevo fingere di essere ben più forte di quanto davvero fossi. -Piacere di conoscerti – stese la mano per stringere la mia, interdetta da quel gesto un po' formale e decisamente maschio, le sue dita avvolsero la mia mano, che, rispetto alla sua, sembrava minuscola, ricambiai la sua stretta con un inaspettato calore, un bel passo in avanti dalle accuse di essere un maniaco. Alzai lo sguardo verso di lui e mi bastò una sola occhiata, occhi negli occhi, per capire che cosa Claudio avesse visto in lui, cosa lo avesse fatto entrare nella sua vita, creando un rapporto esclusivo, tanto da farlo definire "migliore amico".

Che io sapessi, non c'erano mai stati "migliori amici", prima di questo Gabriel, Claudio aveva sempre frequentato un po' tutti indistintamente, distribuendo la propria amicizia in parti uguali. Ma ora vedevo chiaramente perché Gabriel fosse diventato speciale, perché quella foto raccontava di un rapporto che non aveva paragoni, che non poteva essere spiegato con le parole, che non si poteva capire.

Dire che bastò un sorriso è sciocco e cliché.

Ma, in realtà, bastò davvero un suo semplice sorriso, una innocente curvatura delle labbra, neanche troppo pronunciata, vista la situazione, perché Gabriel entrasse nel mio mondo, un solo sorriso appena accennato, piccole fossette agli angoli della bocca rosa, i denti neppure scoperti, proprio perché era un sorriso timido, il sorriso di qualcuno che, stranamente, mi pareva di conoscere da sempre e non da qualche secondo.

Come in uno stupido film d'amore, sentii il tempo fermarsi, come il battito del mio cuore, quasi fossimo rimasti solo io e lui al mondo.

Bastava un solo sorriso, anche solo accennato, per sentirsi legati a qualcuno?

Avevo vissuto diciassette anni senza credere a quelle porcherie romantiche da quattro soldi che si leggevano nei libri o si vedevano al cinema, ma poteva bastare sentirlo così affine alla mia anima da considerarlo già una parte di me?

Allora non potevo saperlo, ma le emozioni vissute a diciassette anni sono violente, incontrollabili, spesso ingiustificate, criminose, appassionate, non possono essere razionalizzate o spiegate, le si doveva subire come una vera violenza fisica, mentre io, invece, cercavo ancora la razionalità in qualcosa che non aveva più niente di razionale.

Allora, vedevo solo l'obiettività dei fatti: era uno sconosciuto, non potevo permettere ad un estraneo di entrare nel mio mondo, specialmente quando il mio mondo era ridotto in macerie: c'era un muro, che proteggeva i miei sentimenti e sapevo che quella barriera doveva restare impenetrabile.

Nessuno, a parte Claudio, era mai entrato nel mio mondo, nessuno aveva avuto la mia fiducia, nessuno mi avrebbe capita.

Nessuno.

Men che meno uno sconosciuto, anche se affascinante, quasi irresistibile, anche se aveva una faccia da film e le fossette e anche se pensavo di avere una qualche irrazionale affinità con lui.
Mi ripresi, scuotendo la testa, scacciando ogni pensiero frivolo.

-Piacere – borbottai, in imbarazzo, un po' preoccupata che avesse colto il mio tentennamento e cercando disperatamente di darmi un contegno.

-Facciamo due passi? - mi propose alzando un sopracciglio.

-Pensavo preferissi stare fermo qui a tenere sotto controllo la situazione. – mi sentii stupida e acida e mi affrettai ad aggiungere – Scusa. Certo, facciamo due passi.

Lui non reagì al mio caratteraccio spigoloso e ai miei stupidi commenti che pensavo fossero pungenti, ma erano solo irritanti, si limitò ad annuire mansueto dopo la mia concessione, mostrandosi perfino un po' riconoscente, mi affiancò e, per qualche secondo, mi seguì in silenzio, mentre gli facevo strada. Lui non poteva saperlo che, in realtà, ero tutt'altro che dura e acida, che quella era solo una maschera difensiva che indossavo per sentirmi più forte, quando, poi, ero la persona più dolce, fragile ed insicura del mondo.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ