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Mi venne incontro a grandi falcate minacciose, voleva superarmi e prendere di petto il povero Daniele che, ormai, era seriamente tentato di salire in macchina e scappare dalla nostra famiglia di squilibrati.
Di certo, sarebbe stata la migliore idea della giornata.
-Fermati, calmati! - gli intimai, bloccandolo con entrambe le mani premute forte sul suo petto.

-Cosa fa lui qui? - ruggì con tono minaccioso, talmente profondo che lo sentii rimbombare fin dentro alla mia gabbia toracica.
Gabriel era una creatura meravigliosa, ma quando la rabbia lo annebbiava, poteva fare davvero paura. -Prima calmati, poi ti spiego. - dissi alzando gli occhi verso di lui.

E ciò che vidi mi spaventò, facendomi retrocedere di qualche passo.
Labbra strette, mascella tirata, occhi socchiusi, sguardo che, avesse potuto uccidere, sia io che l'innocente Daniele saremmo stati già stecchiti, fulminati, inceneriti.
Era lo stesso sguardo perso nell'odio che gli avevo visto stampato in faccia quando tirava pugni a Denti di squalo, mentre lacerava la sua pelle, mentre il sangue gli schizzava addosso e lui non aveva paura delle conseguenze, non ci pensava, perché aveva la mente talmente annebbiata da non capire più cosa fosse giusto o sbagliato, quali fossero i limiti e quando fermarsi.
-Cosa cazzo fa qui? - ripeté, abbassando la voce di un tono, ancora più profonda e spaventosa.
-Adesso ascoltami, guardami, per favore – lo implorai e, per qualche secondo, riuscii a riportarlo a me, distraendolo con il mio terrore.
Quando faceva così, non lo riconoscevo, non sapevo più chi fosse: era il mio principe azzurro o il bullo da strada che si intuiva dalle parole sibilate dai miei genitori?
Quegli stessi genitori che mi tendevano tranelli e tentavano di accoppiarmi con il rampollo di buona famiglia che loro sponsorizzavano con tanto fervore?
Di chi potevo fidarmi?
A chi potevo affidarmi?
-Senti, io quell'idiota lo conosco – sgranai gli occhi, sorpresa – quello bazzica casa tua da anni, è un figlio di papà, uno di quelli che i tuoi adorano, gente in giacca e cravatta che puzza di soldi facili. Claudio lo conosceva e anche lui lo odiava, perché i tuoi volevano che diventasse suo amico e insistevano a farli uscire insieme, organizzando cene ed appuntamenti idioti ai quali lui dava sempre buca. Hanno provato a farli diventare amici in ogni modo, con il solo scopo di allontanarlo da me, perché io non andavo bene, ma lui, sì. E, sai di più? Dicevano che dovevano presentartelo, perché sareste stati una coppia perfetta. Dicevano sempre a Claudio che sarebbe stato il fidanzato ideale per la loro figlia perfetta, intelligente e bellissima. Perché lui è perfetto, intelligente, bellissimo. E schifosamente ricco e viziato. E tutto, ai loro occhi, aveva un senso e contribuiva a creare il mondo perfetto in cui credono di vivere. E adesso il loro sogno più selvaggio si avvera: sei qui, tutta carina ed elegante per lui e state uscendo insieme, meraviglioso! - allargò le braccia, esasperato, convinto di sapere tutto.
Ma non sapeva nulla.
-Ascoltami – lo implorai, presi la sua mano e me la premetti sul cuore, per fargli capire che ero spaventata, che volevo si calmasse, che la sua rabbia mi faceva paura. Non volevo risse, non volevo altro dramma, non per il momento. Ero stanca di vivere sempre sul filo del rasoio, di dovermi difendere da tutto, proteggere da tutto: ero innamorata di lui, avevo mentito già e avevo dimostrato di tenerci. Come poteva mettere in dubbio i miei sentimenti? Gabriel distolse lo sguardo, fissandolo su un punto indefinito poco oltre la mia spalla, inspirò a fondo, tentò di calmarsi e, nel tentativo, annuì, per farmi capire che ci stava provando. Si passò la lingua sulle labbra, chiuse gli occhi e, senza lasciare la mia mano, fu pronto ad ascoltarmi – me lo sono trovato in salotto qualche minuto fa, mi sono svegliata da mezz'ora, dopo che ho passato la notte in bianco a pensare a te. Mia mamma ha organizzato tutto, un appuntamento, a pranzo fuori, vuole farmela pagare per uno scherzetto che le ho tirato qualche giorno fa, ha combinato le cose in maniera perfetta, perché io non sapevo niente. Non so niente di lui, mi hanno praticamente buttato tra le sue braccia – si irrigidì nuovamente, ma tenni la sua mano addosso, forzandola, tenendola ferma in una stretta che, per quanto patetica, sembrò trattenerla – aspetta, per favore. Gabriel, devi permettermi di spiegarti, altrimenti non ne usciamo: io non posso passare come quella che ha torto in questo situazione paradossale, è assurdo. Ho passato la mia vita ad accettare tutto quello che gli altri decidevano per me, non ho mai avuto voce in capitolo in niente: almeno tu dammi un'opportunità, so che sei diverso e so che lo puoi fare. Sai benissimo che non farei nulla per ferirti, tradirti o deluderti, o compromettere il nostro rapporto, che è la cosa più importante che ho, è l'unica cosa al mondo a cui tenga davvero. Non mi interessa nulla di quel ragazzo. So a malapena il suo nome. Come puoi pensare che voglia mettere a rischio quello che c'è tra di noi per uno così? Lui piace ai miei, non a me. Lui va bene ai miei, ma a me vai bene tu. Ho scelto te, ti ho scelto io, con la testa, col cuore, con tutto ciò che ho. Sei l'unico che sceglierei, per sempre, se mi rimanesse un solo giorno di vita, sceglierei sempre te, ogni giorno della mia vita sei l'unica scelta possibile, non esiste altro. Sei tu quello che mi fa battere il cuore. Che mi fa tremare. Sei tu che voglio, che ho voluto, che vorrò, sempre. E sai che ti voglio con tutto quello che ho, che non sarà molto, ma almeno è sincero. Me lo sono trovato in casa, pronto per uscire, mi ero vestita elegante perché ho recentemente discusso con mia madre che ha messo in dubbio i miei gusti in fatto di abbigliamento, figurati che pensavo mi avessero organizzato un incontro con uno psichiatra... E, comunque, anche lui, poveretto, pare che stia facendo un grosso sforzo per uscire con me: si vede che è stato obbligato.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉWhere stories live. Discover now