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Trascorsi il giorno successivo come in un film in bianco e nero che avevo già visto mille volte e le cui immagini si susseguivano al rallentatore: papà era tornato al lavoro ed era uscito di casa prima che mi svegliassi, per non svegliarmi, non mi aveva salutato, ovviamente non poteva sapere che ero già sveglia da ore, mamma era ancora a letto, lei non si svegliava quasi mai prima di mezzogiorno. A tal proposito, i domestici e collaboratori avevano chiarissime istruzioni di non fare nessun rumore molesto che potesse svegliarla: perché, in tal caso, si sarebbe svegliata molto male e sarebbero stati guai per tutti.

Quella donna aveva un casino in testa.

La casa era quindi immersa in un silenzio innaturale, lo stesso silenzio assordante che aveva fatto da colonna sonora alla mia infanzia, infranto solo dai litigi furiosi ed improvvisi dei miei genitori o dalla voce di Claudio che mi dava sicurezza e forza.

Sgusciai fuori dal letto furtiva come un ladro, tolsi il pigiama e lo riposi con cura sotto al cuscino, sentendo addosso il profumo di mio fratello che dai vestiti si era trasferito sulla mia pelle, mi vestii scegliendo distrattamente un paio di jeans e una maglietta colorata, non ero fissata per la moda, l'importante era che ciò che indossavo mi stesse sempre abbastanza bene: non ero una ragazza da tacchi e trucco, non passavo mai più di tre minuti davanti allo specchio e non impazzivo per la moda, questo faceva sì che dimostrassi meno della mia età.

Mi intrufolai nella stanza di Claudio e mi sedetti alla sua scrivania, che non era stata toccata dalla notte della sua morte: carte sparse, scontrini, appunti, post-it, fotografie, un'agenda scarabocchiata, numeri di telefono appuntati su bigliettini accartocciati, un peluche a forma di coniglietto, un cd senza copertina, la sua musica, la sua vita.

Tutto era esattamente come lo aveva lasciato l'ultima volta, pensando che avrebbe avuto tempo per sistemare il disordine, di riporre ciò che aveva lasciato in giro.

Ma non era andata così e quel caos era rimasto congelato nel tempo, a riempirsi di polvere come i ricordi che custodiva.

Mi sentii in colpa a violare così la sua privacy, ma avevo la sensazione che Claudio non se la sarebbe presa: tra di noi non c'erano mai stati segreti, avevamo sempre avuto un rapporto diretto e sincero e dovevo avere qualche idea in più su come stava trascorrendo la sua vita negli ultimi tempi, mi sembrava di averlo ancora vicino, così ad un passo da poterlo quasi toccare. Cos'era rimasto di lui, in mezzo a quelle carte sparse? Cosa cercavo? In realtà ero solo alla ricerca di un aiuto che potesse farmi sentire meno il vuoto, meno la nostalgia, meno la mancanza, meno l'unica al mondo, quindi inspirai a fondo e mi immersi in quel disordine colorato che ora mi sembrava solo gelido e doloroso.

Claudio non era un tipo metodico, quindi le sue cose erano ammucchiate sulla scrivania senza alcun apparente criterio, ma, a ben vedere e per chi lo conosceva davvero, anche in quello c'era un senso. Trovai due biglietti vergati da una grafia femminile, erano due numeri di telefono e due nomi: Tamara e Giulia, uno scritto sul retro dello scontrino di una discoteca, l'altro sul volantino pubblicitario di una palestra. Sorrisi, pensando che Claudio era un inguaribile rubacuori, era così bello che non doveva muovere un dito per conquistare una ragazza, era sempre stato così, ricordavo le ragazze che chiamavano a casa ogni giorno, chiedendo di lui, una, in particolare, che era più insistente delle altre e che sembrava avere un posto speciale nel suo cuore. Ero stata gelosa di lei, all'epoca, prima di capire che quelle ragazze sarebbero passate e dimenticate, mentre io sarei rimasta per sempre nel suo cuore, come un punto fisso che non si poteva cancellare.

Chissà se aveva mai richiamato Tamara o Giulia, oppure non aveva fatto in tempo.
L'agenda era decorata da fumetti divertenti che avevano come protagonisti lui e Gabriel nelle vesti di supereroi: a Claudio era sempre piaciuto disegnare e, a mio avviso, aveva anche un discreto talento. Toccai con la punta del dito uno dei suoi sketch e mi venne da ridere per una delle battute vergate con la penna blu. Con il passare degli anni, il suo tratto era diventato più deciso rispetto ai disegni che conoscevo e i personaggi, da infantili e un po' stilizzati, si erano via via evoluti in uomini veri tridimensionali: uno aveva il suo sorriso affascinante, l'altro era ricciolino e aveva l'aria impertinente. Anni prima aveva ritratto anche me, ero stata il soggetto per una delle sue storie assurde, in cui lui era l'eroe che mi salvava dai piccoli problemi della vita: la caduta di un dentino, la perdita di una bambola a cui ero affezionata, la mia paura del buio.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉWhere stories live. Discover now