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La chiesa era mezza vuota.

Era una chiesa piuttosto grande, quindi sembrava ancora più deserta.

Mi sedetti in uno dei tanti banchi liberi, a debita distanza da Agnese e qualche altro amico che non conoscevo.

Dei vecchi amici, quelli glamour, chiassosi, vestiti Prada e Dolce & Gabbana, quelli che gli erano stati accanto nei migliori anni della sua vita.... nessuno, di quella feccia marcia e corrotta, era presente.

Certo, perché mio padre era caduto in disgrazia, quindi tutti si erano dimenticati di lui.

Non dava più pazze feste dove circolava alcool a fiumi, musica forte e perfino droga.

Erano feste a cui io non potevo partecipare, ma, da bambina, sbirciavo da dietro le porte socchiuse, con Claudio che mi sussurrava all'orecchio battute divertenti per descrivere le scene a cui assistevamo di nascosto, prendendo in giro gli amici dei nostri genitori, i loro vestiti, gli atteggiamenti, il modo di ingozzarsi al buffet, quando bevevano troppo e scivolavano sui tacchi vertiginosi, quando pretendevano di essere la nuova nobiltà, con comportamenti del tutto privi di senso, fino a ogni loro, discutibile, difetto.

Poi, quando le scene diventavano eccessive per una bambina di pochi anni e mi portava via con una scusa, per non dover spiegare perché mamma baciasse sulla bocca una delle sue più care amiche, perché papà sniffasse polvere bianca con gli occhi chiusi, piegato su un tavolino e si rimetteva in piedi come un supereroe malvagio gridando di essere invincibile. Perché tutti bevessero, troppo, fino a stare male, piegati in due, poco fuori, sul patio. Perché le coppie facessero sesso negli angoli della sala, senza alcuna vergogna, indossando maschere strane, che mi facevano paura.

Non avrei dovuto vedere.

Non avrei voluto sapere.

Era tutto troppo per una bambina di otto, nove, dieci anni.

Claudio, più grande, o, forse, solo più abituato a ciò che accadeva a casa nostra, mi tirava per un braccio, fino alla mia camera da letto, si sdraiava al mio fianco e, con in mano il libro di fiabe di Beatrix Potter, mi leggeva a mezza voce le avventure di Peter il coniglio fino a quando non cadevo in un sonno senza sogni.

Quelle erano feste che papà organizzava ciclicamente, in anni in cui reggeva il mondo in mano.

Ora, ne restava solo l'eco, lontano, confuso, perso dal passare degli anni, dal susseguirsi di catastrofi, finanziarie, amorose, pubbliche e private.

Papà era stato un gigante e, come tale, era crollato.

Mentre prendevamo posto, tra i primi banchi della chiesa, riflettei che l'ultimo funerale a cui avevo partecipato era stato quello di Claudio.

Oh, certo, in Africa c'erano state molte morti, ma non veri e propri funerali, almeno non nel classico rito a cui ero abituata.

Io, poi, non seguivo mai i riti funebri locali, per qualche motivo e con un senso di pudore, li ritenevo troppo personali ed intimi, la mia presenza sarebbe stata di troppo. E, per di più, non volevo seppellire persone che avevo visto morire sotto alle mie mani, affidate alla mia cura. Persone che avrei dovuto salvare e non ero stata in grado di farlo.

Comunque.

I vecchi amici di un tempo non c'erano.

C'era, invece, qualche anziano signore, due vecchiette decrepite che parevano passate di lì solo per recitare il rosario, una coppia sui cinquant'anni e alcune signore sedute accanto ad Agnese. Le amiche probabilmente, una le teneva la mano, confortandola.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉWhere stories live. Discover now