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Mi riaccompagnò a casa in silenzio, mentre ancora sentivo nelle orecchie le sirene dell'ambulanza che andava a soccorrere quel ragazzo. Mi chiesi come stava, se se la sarebbe cavata o se avrebbe per sempre portato addosso i segni di quella notte.
Per quello stupido senso del dovere che aveva contraddistinto gran parte della mia vita, mi sentii in colpa per lui.

Non mi dispiaceva che Gabriel fosse intervenuto, ma che lo avesse ridotto quasi in fin di vita, per difendermi. Non importava, poi, che quel tizio avesse intenzione di stuprarmi, mi avesse ferita e volesse, con ogni probabilità, spezzare ogni ossa del mio fragile corpicino.
Non lo volevo morto, tutto qui.

La strada scivolava via in fretta, cercava di lasciare indietro i brutti pensieri, ma quelli correvano più forte, erano più tenaci: c'erano cose che non si potevano dimenticare, esperienze che rimanevano addosso, come cicatrici, segni indelebili sulla pelle, lividi che non passavano, che non potevo fare a meno di guardare, adesso, che sembravano così grandi, così scuri, così minacciosi ed in contrasto con la mia pelle chiara. Non era il livido che mi spaventava, ma quell'odore estraneo e schifoso che ancora mi portavo addosso, la confusione di essermi trovata in una situazione di cui non avevo capito nulla, ma che sapevo essere ben grave, ben seria, ben complicata.

Fermò la macchina a pochi metri dal buco nella siepe, tolse le chiavi da quadro ed iniziò a giochicchiare con il portachiavi, una specie di moschettone rosso.
Era in imbarazzo, in difficoltà, doveva dirmi qualcosa, ma non riusciva ad aprire bocca, Gabriel era un oceano di sentimenti indecifrabili: sapevo che aveva qualcosa dentro, anche se non riuscivo a capire perché o cosa fosse:

-Che c'è? - chiesi a bassa voce, mi voltai verso di lui e gli fermai le mani, il tintinnare delle chiavi cessò e la macchina rimase immersa in un silenzio innaturale. Gabriel non parlava, non mi guardava, non riuscivo a capire che cosa gli stesse succedendo e come fare per farmelo dire, ma di una cosa ero certa: non se ne sarebbe andato prima di avermi spiegato un paio di cose.

-Mi spiace per come è andata la serata.

-Me l'hai già detto – dissi, mordendomi un labbro – lo so che ti dispiace, si vede. Ma non è colpa tua. -Certo che è colpa mia.
-Non credo che sia davvero colpa tua, sono stata molto imprudente stasera e ho imparato una lezione molto importante. Ma, se proprio ci tieni ad addossarti colpe che non hai, allora è anche merito tuo se non mi è successo nulla di davvero grave. - cercai i suoi occhi e sorrisi, col cuore - Hai impedito che mi facesse male..
-Stai tremando.
-È solo freddo.
-E questi? - chiese indicando i miei polsi.
-Sono lividi, passeranno. - risposi, tranquilla.
-Che diranno i tuoi?
-Troverò una scusa. Non ti preoccupare dei miei. - mi venne da ridere e dissi: - in questo momento non sono preoccupata neanche io e io mi preoccupo per tutto.
-Non hanno una buona opinione di me...
-No, non ce l'hanno – ammisi e le parole di mio padre mi ritornarono di colpo alla mente. Non osavo pensare a cosa sarebbe successo, se solo la metà delle cose che erano accadute quella notte fosse arrivata alle orecchie di mio padre – ma non sono obbligata a raccontare sempre tutta la verità. Non sapranno niente di questa notte. Non sapranno niente di te: sono piuttosto maldestra, dirò che sono caduta, che ho sbattuto da qualche parte. Il che è del tutto plausibile.
Mi sforzai di ridere, ma lui rimase serio e pensieroso, con un'espressione indecifrabile sul viso, quasi stesse pensando a troppe cose, tutte insieme.
Vicinissimi, eppure lontani mille chilometri.
-Gabriel – lo incalzai, implorante.
-Forse è meglio non vederci più...
Non afferrai subito il senso della sua frase, rimasi in silenzio e corrugai la fronte, come mi capitava di fronte ad un concetto particolarmente complicato.
-Perché? - chiesi e fu la domanda più sensata che mi venne in mente.
-Non voglio metterti in pericolo. Non voglio che succedano più cose come queste, non doveva succedere, non so come sia potuto accadere, come abbia potuto permetterlo.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉМесто, где живут истории. Откройте их для себя