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Passarono altri giorni.
Attesi paziente, come solo può attendere una ragazza molto speranzosa.
Attesi col fiato sospeso.
Attesi spazzolandomi i capelli, davanti allo specchio, un colpo di spazzola, due, tre, li contavo come contavo i minuti che mi separavano da lui.
Attesi alla finestra, i gomiti appoggiati sul davanzale, il fiato sospeso, il cuore in subbuglio, lo sguardo fisso verso il punto da cui sarebbe arrivato.
Attesi dimenticandomi del resto del mondo, dei passi frettolosi dei camerieri, delle voci soffocate dei miei che litigavano, qualche stanza oltre la mia. Strano come riuscissero a litigare ogni sera, come un bislacco orologio svizzero, alla stessa ora, dopo cena, mentre si preparavano per andare a dormire. Non faticavo a credere che servissero loro alcool e sonniferi, per addormentarsi, dopo litigi del genere. Io stessa, solo a sentirli, mi sentivo esausta.
Attesi obbediente, pronta ad attendere anche una vita intera.
Attesi, guardando nervosa la foto di Claudio, sentendo la sua mancanza così concretamente e in modo così doloroso che dovevo aggrapparmi alla sedia, per non piegarmi su me stessa, per non sentirmi male, in colpa, come se vivere fosse un peso che avrei dovuto portare per sempre, una specie di lettera scarlatta dipinta col sangue sulla mia fronte.
Il mio unico amore era nato dall'odio più grande: come potevo amare un nemico detestato dalla mia stessa famiglia? Perché, tra tutte le persone che esistevano al mondo, mi ero dovuta innamorare proprio di lui? Perché il mio cuore non aveva scelto un altro?
Un colpo di spazzola. Poi un altro. Il riflesso allo specchio, sempre immobile, quello di una ragazza che portava sulle spalle il peso troppo grande di un amore vissuto di nascosto, di una famiglia complicata, di una morte straziante, traumatica ed improvvisa che ancora non aveva accettato.
Poteva l'amore risolvere tutto?
Poteva sistemare le cose?
Se avessi detto a papà che mi ero innamorata di Gabriel, che la mia felicità era legata alla sua presenza nella mia vita, lo avrebbe accettato, o avrebbe iniziato una guerra in cui sarebbe rimasto in piedi solo uno dei due?
Non ero pronta ad affrontare la realtà, non potevo guardarlo negli occhi ed aprirgli il mio cuore: mio padre era un uomo di ghiaccio, non avrebbe capito.
E non volevo una guerra.
Volevo solo amarlo ed essere libera di farlo.
Sapevo che era pericoloso e ogni volta che mi calavo da quella finestra, rischiavo di essere colta in fallo, Dio solo sa cosa sarebbe successo.
Per me, sarebbe stato molto più facile amare qualcun altro.
Qualsiasi altro ragazzo al mondo.
Uno che piacesse ai miei, come Daniele, uno ricco, ben vestito, elegante, di buone maniere, uno che non avesse le mani sporche di sangue e olio per motori, uno che non sarebbe mai arrivato a casa con i segni di una rissa evidenti sul volto.
Certo, sarebbe stato facile innamorarmi di qualcuno che piacesse ai miei, uno dei tanti ragazzi che mi avevano presentato, nel corso degli ultimi mesi, delle ultime settimane.
Eppure, come un demone che aveva preso il sopravvento sui miei pensieri, le mie azioni, la mia razionalità e il mio corpo, non potevo fare null'altro che amarlo, col cuore, col cervello, con ogni cellula: non c'era una seconda scelta, perché tutto mi guidava verso di lui.
Avevo mai amato qualcuno, davvero, in quel modo completo e destabilizzante, prima di lui?
Avevo mai conosciuto l'amore, prima di conoscere lui?
La verità era che il mio cuore non aveva conosciuto la vera bellezza, prima di incontrarlo e non solo la bellezza fisica, ma anche interiore, dell'anima. Quello che provavo era un sentimento spaventoso, fortissimo, inatteso e difficile da gestire, ma anche dolce, appagante, che mi cullava, di notte, quando cercavo di prendere sonno e mi difendeva dai fantasmi e dalle problematiche di una vita che si era rivelata molto meno semplice di quanto credessi.
Mi sentivo così male.
E così bene.
E così confusa.

E spaventata.
E trepidante.
E speranzosa.
Tutte quelle emozioni mi facevano male.
Ogni sera l'aspettavo, ogni volta col cuore in gola, con la paura del primo appuntamento.
Ogni sera era arrivato, puntuale, profumato d'attesa e, con il suo arrivo, potevo, finalmente, respirare. Con il suo arrivo sapevo che tutto sarebbe andato per il meglio.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉWhere stories live. Discover now