9.

1K 51 3
                                    

*In foto Gordon*

Sono paralizzata dalla paura, in questo posto da sola, con un uomo le cui intenzioni non sembrano per nulla buone. Il mio cervello si arrovella per elaborare un piano in tempi record ma non mi viene in mente nulla. Avrei dovuto chiedere a Liam e Bruke di restare, lui avrebbe sicuramente messo al tappeto questo coglione. Cerco di respirare profondamente e acquistare un po' di lucidità, non posso farmi mettere i piedi in testa da quest'uomo di gelatina senza combattere.

«Ne è valsa la pena. Aspettare in quel bagno fino ad ora, intendo» biascica con la voce impastata dall'alcool, lasciando intendere che è contento sia rimasta solo io.

Nessuno deve aver controllato bene che non ci fosse qualcuno nascosto, se questo idiota ora è qui. Di solito se ne occupa Nate, ma stasera se ne è andato prima e nessuno deve averci pensato. Cerco di non farmi prendere dal panico. Non so cosa fare, urlare servirebbe a ben poco, questo posto è insonorizzato.

«Senti, non so cosa tu voglia, quindi dimmelo e facciamola finita. Denaro? Alcool? Parla.» gli intimo con voce più sicura di quanto io sia in realtà. Ecco un lato di me che ho scoperto poco tempo fa: una grinta, anche in situazioni come questa, che non credevo di possedere.

«Sei molto ragionevole, mi piaci. Peccato che nessuna delle cose che mi hai offerto siano ciò che cerco.» risponde l'uomo fissandomi con quelle iridi rosse e iniettate di sangue e un ghigno malvagio e perverso sul volto.

«Oh, allora parla, avanti che aspetti. Ho sonno e voglio tornare a casa mia. Non ho tempo da perdere con uno come te.» Non so da dove provenga tutta questa parlantina e sicurezza, ma non guasta.

«Oh sei fortunata, nemmeno a me va di perdere tempo, quindi farò in fretta, tu cerca di non opporre resistenza».

Ci metto un attimo a metabolizzare ciò che quell'uomo viscido mi ha appena detto. Non vuole alcool, denaro, o qualcosa che si trovi in questo posto. Lui vuole me, che io lo voglia o no. Si fionda su di me con un'agilità e velocità inaspettata: cerco di spingerlo via ma lui è molto più forte e pesante di me. Gli sferro un calcio in mezzo alle gambe e lui si piega su sé stesso. Ne approfitto per svignarmela, ma il bastardo mi afferra per i capelli, impedendomi di scappare.

«Dove pensi di andare, stronza. Non hai ancora fatto quello che ti ho detto» mi grida in faccia. Il suo alito puzza di alcool e latrina e mi sale un conato di vomito. Gli do una testata e lui mi tira uno schiaffo, ma almeno riesco a liberarmi. Indietreggio e mi massaggio lo zigomo con la mano. Brucia tantissimo. Cerco di raggiungere la porta ma quello mi afferra per un braccio e mi fa voltare. Di nuovo il tanfo mi investe. Gli sputo in faccia e gli pesto un piede ma questo serve solo a farlo arrabbiare di più.

«Puttana che non sei altro! Se tu avessi collaborato probabilmente ora avremmo già finito» mi butta a terra e si siede a cavalcioni su di me. Tento di togliermelo di dosso ma quel ciccione è davvero troppo pesante. Mi schiaccia con il suo peso e io resto impotente. Riesco a raggiungere il telefono sulla panchina ma appena lo afferro, l'uomo se ne accorge e me lo scaglia lontano con una manata. Così comincio a urlare e a piangere.

Non so cosa fare, immobilizzata sotto il suo corpo grasso e lui continua imperterrito tentando di strapparmi i vestiti. Ora mi sento vulnerabile, la ragazzina indifesa e priva di carattere che non riesce a difendere la propria vita e la propria dignità.

Non oppongo più resistenza a questo punto, spero faccia presto e mi lasci libera, mi sono rassegnata e so che a nulla servirebbe tentare di ritrarmi ancora. Non lo guardo, ma vedo un sorriso sghembo stagliarsi maligno sulla sua faccia. Ha ottenuto ciò che voleva.

«Ehi, figlio di puttana, tieni giù le mani da lei o ti ammazzo!» urla qualcuno alle sue spalle. L'espressione del mio aggressore si trasforma da ingorda e lussuriosa a un misto di confusione e paura. Dalla mia posizione non riesco a vedere di chi si tratta ma quella voce mi suona molto familiare. Il corpo dell'uomo viene trascinato giù dal mio con uno strattone e io continuo a piangere coprendomi gli occhi con le mani. Sento solo la voce del mio salvatore che impreca contro l'aggressore.

Quando mi costringo a togliere le mani dal viso vedo Gordon con le nocche insanguinate, mentre sferra l'ennesimo pugno al mostro. I muscoli guizzano sotto la maglietta macchiata e nel suo sguardo non vedo altro che rabbia e odio.

Vorrei lasciarlo fare, vorrei che Gordon lo ammazzasse di botte, che gliela facesse pagare. Vorrei che gli fracassasse il cranio contro il pavimento per vendicarmi della mia aggressione, del male che mi ha fatto: sento le sue mani dappertutto, mi toccano, mi stringono, mi fanno uscire lividi.

Mi riscuoto e improvvisamente, il buon senso ha la meglio su di me. Non posso lasciare Gordon lo faccia fuori, nonostante se lo meriti, perché poi lui ne pagherebbe le conseguenze.

«Smettila, lo ammazzerai! Basta, ti prego!» grido con le lacrime agli occhi. Gordon si ferma improvvisamente al suono della mia voce e il bastardo ne approfitta per scrollarselo di dosso e scappare. Sono ancora stupita dalla sua tenacia.

Gordon corre ad abbracciarmi e io mi appoggio a lui, sentendomi salva e al sicuro tra le sue braccia. Mi stringe forte al suo petto e mi accarezza la testa. «Se ne è andato, è tutto finito. Come stai? Ti ha fatto male?»
Scuoto la testa senza staccarmi da lui. La testa mi gira e mi viene il vomito, sento ancora l'odore del suo alito che mi provoca un paio di conati.

«Andiamocene di qui» afferma con voce ferma e autoritaria.
«Ho la mia macchina sul retro» riesco a dire io.
«Passeremo domani a riprenderla. Stasera ti porto a casa io.» Mi viene in mente che lui non sa dove abito quindi gli do il mio nuovo indirizzo. Non fa domande, non dice nulla, quel silenzio è opprimente.

«Che ci facevi lì?» chiedo curiosa. Da quando l'ho visto arrivare questa domanda mi martella in testa nonostante ciò che ho appena subito.
«Ti aspettavo» risponde lui senza lasciar trasparire alcuna emozione. Che cosa significa che mi aspettava? Perché?
«Per quale motivo? Come facevi a sapere che mi trovavo lì?»
«Ti ho vista sabato. E so che anche tu mi hai visto. Non saresti rimasta imbambolata a fissarmi, schizzando giù dal palco una volta finita l'esibizione.» Dannazione.

Sorrido imbarazzata, avvampo e abbasso lo sguardo. Esattamente come temevo lui aveva perfettamente idea di chi fossi.

«Beh io non pensavo mi avessi riconosciuta.»

«Ho baciato ogni centimetro della tua pelle, Hanna. Pensi che una semplice maschera possa bastare a nasconderti da me?» risponde Gordon con un sorriso malizioso. E al ricordo delle sue labbra su di me il mio cuore manca un battito.

🐙SPAZIO AUTRICE 🐙

Eccoci giunti alla fine del nono capitolo di Energy.
Hanna viene aggredita dopo essere rimasta sola all'Energy, la sua grinta e tenacia non riescono però a placare la furia dell'uomo che non accenna a placarsi. In suo aiuto arriva Gordon, che la stava aspettando.
Per quale motivo Gordon la aspettava?
Cosa pensa del nuovo lavoro di Hanna?
Come reagirà Hanna alla vista di Gordon una volta terminato lo shock?
Cosa vuole Gordon da lei?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

ENERGY: Ritrovare l'amore (#Wattys2019)Where stories live. Discover now