45.

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Quando raggiungo la mia auto, di nuovo la sensazione di essere osservata mi fa rabbrividire. Troppo spesso ho provato questa percezione ultimamente e non mi era mai successo prima, quindi mi giro di scatto, guardando ovunque per cercarne la fonte ma non vedo nulla se non le distese di alberi che circondano la proprietà della mia famiglia. Potrebbe esserci chiunque nascosto in tutto questo verde, e ciò non mi aiuta di certo.

Sto rimandando la risoluzione di questo mistero da troppo tempo, ed anche oggi passerà in secondo piano, ne ho uno ben più urgente su cui far luce. Quando avrò tirato fuori il mio ragazzo da quel buco grigio asettico mi aiuterà lui a scoprire chi è lo psicopatico che segue ogni mia mossa e spostamento. O più semplicemente tra le sue braccia mi sentirò finalmente di nuovo al sicuro e questa brutta sensazione scomparirà. Forse.

Ingrano la marcia e le casse della mia auto restano in silenzio. Ho già troppo rumore nella mia testa, troppa confusione e le informazioni si intrecciano l'un l'altra. Gli ingranaggi del mio cervello ruotano a una velocità folle, cercando di pensare a come affrontare Ryan. Dovrei chiamare la polizia? Probabilmente. Ma non ne ho il tempo. Ora che ho scoperto come stanno le cose non posso aspettare ancora. Oltretutto si allarmerebbe ancora di più, mentre io sto cercando un incontro più o meno civile.

Ricordo l'indirizzo di Ryan, me ne aveva parlato la sera in eravamo usciti insieme. Parcheggio l'auto nello stretto vialetto che accede a una piccola che sembra casa disabitata. Non me l'ero immaginata così. A giudicare da quanto fosse ordinato lui, pensavo che la sua casa rispecchiasse la medesima precisione e attenzione ai dettagli.

Il giardino non è curato, l'erba alta e le sterpaglie hanno invaso anche quello che una volta doveva essere il viottolo d'ingresso. Le pareti sono di un senape ormai ingrigito e il tetto presenta qualche buco.
"Devo essermi sbagliata" penso tra me e me mentre giro i tacchi e ritorno alla mia macchina. Ma poi, in quello che deve essere il garage, scorgo un pick-up. Il suo pick-up.

Questo non fa che confermare la mia teoria riguardo la sua stranezza. Chi vivrebbe in una casa del genere, se così si può definire?

Deglutisco ingoiando la saliva e la bile che si è formata in gola e tiro un sospiro profondo tornando sui miei passi.
Dal caminetto fuoriesce un sottile filo di fumo, altro segno della presenza di un umano all'interno di questa struttura.

Sto per prendere la mazza da baseball, ma poi ci ripenso: se io entro e comincio a distruggere tutto, non otterrò nulla. Devo mantenere la calma e cercare un dialogo e la mazza da baseball non è propriamente uno strumento di pace. Sempre che lui sia disposto a parlare con me.

Sono agitata e ho un brutto presentimento, che cerco in tutti i modi di scacciare dalla mia mente: devo rimanere fredda e distaccata, calcolare mosse e contromosse. I miei sensi sono tutti in allerta, pronti a scattare al minimo segnale di pericolo.

Giungo davanti alla porta di ingresso e, facendomi coraggio, traggo un profondo respiro e busso con decisione. Dopo minuti che sembrano anni, la serratura scatta e l'uscio si apre, rivelando i due occhi scuri e profondi, causa delle mie tribolazioni. Rimango imbambolata a fissare quel ragazzo, che sostiene il mio sguardo in maniera ostile, quasi astiosa.

«Ehi, Ryan!» esclamo con un sorriso forzato e la voce che trema.
«Hanna. Cosa vuoi?» chiede rabbioso, quasi avesse capito le mie intenzioni. Ha gli occhi rossi e il suo alito puzza di rum e fumo. Non so se sia nelle condizioni adatte per parlare con me, ma ormai sono qui e non posso battere in ritirata ora.

«Avrei bisogno di parlarti, posso o sei occupato?» rispondo, soppesando ogni parola. Cerco di mantenere la calma, di non mostrare quanto in realtà sia agitata e arrabbiata. Mi trattengo dall'idea di spaccargli il cranio contro il mio ginocchio anche se questo pensiero mi provoca uno strano formicolio dietro la testa, alla base del collo.

Ho paura di dire qualcosa di sbagliato, di fare una mossa avventata o che lui possa interpretare come tale. L'ansia è palpabile e il mio respiro è corto. Cerco in tutti i modi di rallentare il battito del mio cuore perché temo che da un momento all'altro lui possa sentirlo e farmi del male. Sono nervosa e quasi impaurita, cosa che non mi capitava da tempo ormai.

«Prego, entra pure» dice lui, spostandosi di lato per permettermi di varcare la soglia. Il suo sorriso beffardo mi mette i brividi, è inquietante, sembra di essere in un incubo da cui non riesco a svegliarmi.

Una volta dentro, non posso fare a meno di notare il forte odore di alcol che sfonda le mie narici facendomi pizzicare il naso; l'arredamento non è trasandato come l'aspetto esterno, ma il disordine regna sovrano. Mi sento terribilmente fuori posto e a disagio, ma il mio flusso di pensieri viene interrotto dalla voce di Ryan.
«Accomodati pure, Lola. Posso offrirti qualcosa da bere?» chiede con un sorriso di plastica. Sono quasi sicura che abbia usato il mio nome d'arte, quello da spogliarellista, per irritarmi di proposito.
«No, grazie lo stesso!» esclamo ignorando la frecciatina. Se vuole giocare, giocheremo. E io non perdo mai.

«Allora parla... non sei qui per questo? Le parti sembrano essersi invertite» attacca lui di nuovo, con meno gentilezza nel tono di voce. Sono quasi sicura che abbia capito il motivo della mia visita.

«Oh, si ecco vediamo, da dove cominciare» cerco di prendere tempo, pensare a qualcosa da dire in maniera delicata per non farlo agitare.
«Gordon è stato arrestato» dico di getto per vedere la sua reazione. Ma a quanto pare ha capito la mia strategia e la sua espressione rimane imperscrutabile. Usa le mie stesse carte.

«E allora?» risponde lui, alzando le spalle in segno di sfida.
«So che sei stato tu» esclamo, mandando a puttane il mio progetto di non irritarlo e andarci coi piedi di piombo. Seguire i piani non è una delle mie qualità migliori. Merda. Sono decisamente troppo impulsiva.

Lui sembra ponderare le mie parole guardando un punto fisso nel vuoto e approfitto di questo suo momento di distrazione per attivare il registratore del mio cellulare. Spero di potergli estorcere una confessione, così che la polizia possa arrestarlo e rilasciare il mio ragazzo.

«Un'accusa pesante, non ti pare?» fa lui, alzandosi dalla poltrona dove era sprofondato. Cammina lentamente verso di me, come fosse un felino con la sua preda. Lascio cadere il telefono nella tasca dei pantaloni, con un rapido gesto, senza che lui possa vedermi. E la sua figura imponente incombe sulla mia, che in questo momento sembra piccola e indifesa.

Mi alzo in piedi e anche se i miei occhi non arrivano a incastrarsi nei suoi alla stessa altezza, non stacco lo sguardo dalle sue iridi scure. Non voglio che pensi di avere potere su di me, non mi fa paura.

«So tutto» rispondo, senza riferirmi a qualcosa in particolare. Non so tutto ma bluffare potrebbe aiutarmi ad attirarlo nella mia trappola.
«Cosa sai?» chiede lui incalzante.
«Ogni cosa» dico con sfida.
«Non giocare con me, bimba, potresti perdere e farti molto male» mi sussura lui, accarezzandomi la mandibola con un pollice. E il mio sguardo cade sull'altra mano, le dita strette intorno al manico di un coltello.

🏳SPAZIO AUTRICE 🏳

Eccoci giunti alla fine del quarantacinquesimo capitolo di Energy.
Hanna avverte ancora quella strana sensazione di essere osservata, ma la ignora e si reca a casa di Ryan, il quale la accoglie in modo non troppo amichevole. Dopo aver chiarito i motivi della sua visita, Hanna è in grave pericolo, poiché lui tiene stretto un coltello.
Quale è la verità di Ryan?
Avrà la meglio su di lei?
La ucciderà?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

ENERGY: Ritrovare l'amore (#Wattys2019)Where stories live. Discover now