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Sono passate due settimane. Due fottutissime settimane da quando il mio ragazzo è in quella dannata prigione a scontare una pena che non gli appartiene. Ed è una settimana che non faccio altro che allenarmi e trovare una soluzione, le mie giornate iniziano in palestra e si concludono su questo divano.

Le indagini continuano, ma ormai gli agenti hanno trovato qualcuno su cui scaricare la responsabilità di quell’incendio, quindi l'impegno va scemando. Non è più un caso prioritario, presto se ne laveranno le mani, archivieranno il caso, getteranno la chiave della cella di Gordon e lo lasceranno marcire lì dentro fino alla fine dei suoi giorni. Ma non finché io vivrò.

Si avvicinano sempre di più le vacanze di Natale mentre la voglia di lavorare si allontana e anche la polizia già assapora l'aria di festa che pian piano invade la città.

Io sembro una pazza, il mio salotto sembra diventato l’ufficio di un agente segreto: la televisione ha lasciato spazio a una grande bacheca su cui ho attaccato foto, articoli di giornale usciti nei giorni immediatamente seguenti all’arresto del mio fidanzato, fili rossi che connettono persone, ma ancora non sono arrivata ad una conclusione. E questa situazione è snervante, è frustrante non trovare una soluzione, non riuscire a tirarlo fuori di lì pur essendo sicura della sua innocenza. Vorrei aprire la testa di quella banda di incompetenti e cacciargli dentro le mie idee.

Ormai esco quasi solamente per andare in palestra o bere la sera da sola in qualche bar; non vedo né Liam né Bruke da quella volta in caserma, rispondo a malapena ai loro messaggi. So che la mia vita mi sta sfuggendo di mano, che non è esattamente ciò che bisognerebbe fare in una situazione simile, ma a me sembra l'unica soluzione al momento. O l'unico modo in cui accetto di vivere.

Mi sto trasformando in un essere scorbutico e inavvicinabile, l’altra sera ho fatto a botte in un pub qui vicino: un coglione ha pensato fosse lecito fare commenti volgari nei miei confronti solo perché sono una ragazza e in quel momento non c’era nessuno con me. Inutile dire che ha avuto la peggio, sarò carina e simpatica ma se mi ci metto picchio molto più forte di un qualsiasi ragazzo. Mi hanno cacciato sotto la pioggia come un cane randagio e io me ne sono andata senza proferire parola. La birra di quel bar faceva comunque schifo, almeno non l’ho pagata.

Anche in palestra nessuno si avvicina a me, a malapena mi salutano nonostante conosca praticamente tutti, e so che il mio aspetto non è dei migliori, ma ho ragione di credere che non sia quello il motivo. Tutti sanno che il mio ragazzo è stato arrestato per l’incendio dell’Energy anche se non sono trapelate notizie sull’identità di coloro che vi lavoravano.

Nate ha dovuto dirlo ai poliziotti ma quelli sono almeno riusciti a fare qualcosa di giusto: tenere la bocca chiusa. Il mio malumore è palpabile anche se la gente non sa nulla di me, della mia vita, di quello che mi passa per la testa. Forse hanno paura, non lo so, ma nemmeno i ragazzi mi guardano più come una volta, si sarà sparsa la voce che faccio a pugni con chiunque mi dia fastidio.

Sbuffo ancora una volta e accartoccio l’ennesimo foglio su cui da un’ora a questa parte sto formulando l’ennesima teoria sbagliata e lo lancio lontano con rabbia. Scaglio anche la tazza di caffè contro la bacheca frantumandola. Sono incazzata col mondo, con me stessa e contro la giustizia di questo paese.

Non mi preoccupo di raccogliere i cocci né tantomeno di riappendere alcune delle foto che sono cadute. Ormai casa mia sembra una discarica, dovrei rimboccarmi le maniche e pulire questo schifo che puzza di chiuso e birra. La tazza distrutta non stona in mezzo a tutto questo caos che sembra rispecchiare esattamente quello che c'è nella mia testa.

Apro l’acqua e aspetto che il getto si scaldi prima di fiondarmici sotto. Oggi è il grande giorno e per la prima volta dopo due settimane vedrò di nuovo il mio ragazzo. Ho bisogno di incontrarlo per ricostruire la mia sanità mentale, dirgli che lo amo e cercare di capirci qualcosa.

Voglio non sentirmi da sola in questa battaglia, che lui mi consoli e mi dica che ce la farò, che sono forte, che tirerò fuori entrambi da questa situazione, che sono sulla strada giusta, di non arrendermi.

Trucco leggermente il mio viso, copro le occhiaie spaventosamente evidenti con del correttore, metto del mascara e un filo di gloss sulle labbra. Indosso una gonna di pelle con le borchie senza collant e una camicetta bianca infilata dentro, un paio di anfibi neri e una giacca, anch'essa di pelle.

Ho un aspetto decisamente migliore di qualche ora fa, volevo farmi bella per lui e sono contenta del risultato. Come ultimo tocco spruzzo su collo e polsi il suo profumo preferito e spero con tutta me stessa che lui se ne accorga.

Sembro una stupida mocciosa la mattina di Natale, ma non posso frenare la mia eccitazione all'idea di rivederlo. È l'unica cosa che mi ha rianimato stamattina, quanto è bastato per farmi alzare dal letto e farmi cominciare la giornata con il piede meno sbagliato del solito.

Salgo sulla macchina e lascio cadere il mio zainetto sul sedile posteriore: oggi, dopo due settimane sembro un essere umano con un aspetto decente e mi sembra di respirare veramente, come se vivessi in apnea dall'ultima volta in cui l'ho visto. Alzo il volume della radio e lascio che i Linkin Park curino la mia anima che ha assunto un colorito tendente al nero. Sono esausta e la notte fatico a dormire ma non riesco a smettere di sorridere al pensiero di rivederlo.

Paziento in sala d'attesta che arrivi il momento delle visite, sono in anticipo di un quarto d'ora e mi tormento le pellicine ormai inesistenti delle mie mani. In questi giorni sono tesa come una corda di violino e le mie unghie ne hanno risentito.

Finalmente, dopo minuti che sembrano ore, un agente mi fa segno di seguirlo. Percorro un lungo corridoio che mi riporta alla mente la terribile sera dell'arresto e giungo in una stanza vuota, simile a quella dove mi hanno interrogato la prima volta. La guardia rimane sulla porta mentre io mi accomodo sulla sedia, dietro al tavolo al centro della stanza.

Un paio di minuti più tardi sento dei passi pesanti provenire dal medesimo corridoio e il mio cuore perde qualche battito quando finalmente lo vedo: un uomo sulla quarantina lo spintona verso di me ammanettato, come se fosse il peggiore degli assassini. Il mio Gordon. Eccolo lì in tutto il suo metro e novanta di muscoli e testosterone, bello come il sole.

Un livido violaceo è ben visibile sotto l'occhio ma appena il suo sguardo si posa su di me, il suo viso si illumina. E non potevo chiedere nulla di più di quel sorriso radioso nonostante l'aspetto stanco, provato, consumato.

Nonostante le accuse che gravano su di lui. Nonostante la pena ingiusta che sta scontando. Nonostante la violenza che stanno usando su di lui. E mi basta quel dannato sorriso per sciogliere la mia paura, la mia insicurezza. E io farò qualsiasi cosa per lui. Nonostante tutto e tutti, io lo salverò.

🎨SPAZIO AUTRICE 🎨

Eccoci giunti alla fine del trentaquattresimo capitolo di Energy.
Hanna non ha intenzione di arrendersi davanti alle ingiustizie compiute nei confronti del suo ragazzo, ma le sue indagini non conducono a nulla. A tirarle su il morale l'incontro con Gordon.
Come andrà il suo incontro?
Riuscirà a schiarirle le idee?
Porterà a termine le indagini?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

ENERGY: Ritrovare l'amore (#Wattys2019)Where stories live. Discover now