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«Oh andiamo Hanna, ne stai facendo una tragedia» attacca mia madre. E io non posso credere alle sue parole. Hanno sbattuto in prigione una persona innocente e hanno il coraggio di dirmi che sto facendo una tragedia? È una tragedia. Una fottutissima tragedia.

«Mi prendi per il culo, o pensi davvero le stronzate che dici?» le chiedo con un sorriso beffardo. Ormai non mi importa più di sembrare maleducata, scorbutica o volgare. Per conto mio loro sono morti.
«Attenta a come parli in casa mia, signorina!» mi ammonisce mio padre.

Per tutta risposta prendo un vaso di fiori e lo scaglio contro il muro. Deve smetterla di dirmi cosa fare e come comportarmi, sono adulta ormai anche se al momento non sembra. Ma mi sto comportando esattamentecome loro, i cocci di quel vaso sono i miei sentimenti che vanno in frantumi, la mia felicità che viene buttata nel cesso.

«Ditemi chi è stato, chi avete pagato per ottenere informazioni su di me, per incendiare il locale. Avanti! Parlate, cazzo!»
«Il tuo ragazzo, il tuo Gordon, ecco chi abbiamo pagato. E lui si è fatto arrestare!» sbotta mio padre tutto d'un fiato. Rido di gusto perché so che mi sta mentendo, so esattamente a che gioco sta giocando e non ho intenzione di partecipare perdendo quel briciolo di sanità mentale che mi è rimasta. Lui non sa quello che il mio ragazzo è riuscito a comunicarmi da una cella, furbo e scaltro come sempre. Pensa ancora che il mio trovarmi qui sia solo una bizzarra coincidenza.

«Piantala! Non ho più due anni, non ti credo più. Fatela finita con questa pantomima, cosa pensavate di ottenere? Che sarei tornata da voi a braccia aperte? Che vi avrei chiesto aiuto perché non avrei più avuto un lavoro?»
«Andiamo, sei solo una ragazzina, pensi davvero di poter lavorare in un locale come spogliarellista per sempre? Pensi di poter continuare con i tuoi giochetti capricciosi? Che futuro avresti potuto avere con un orfano che suona la chitarra per campare, pieno di tatuaggi e senza uno straccio di laurea?» mi sputa in faccia mia madre.

Come se una laurea rendesse una persona più intelligente di un'altra. La vera ignoranza sta nella bolla che si sono creati. L'ignoranza sta nelle persone che giudicano senza sapere, senza cercare di capire la situazione. Forse se Gordon avesse avuto qualcuno che lo aiutasse sarebbe andato all'università, ricordo i suoi ottimi voti, ma in casa serviva qualcuno che lavorasse. E lui era l'unico in grado di farlo.

Ma ovviamente mia madre non la pensa come me. Spiattella tutto con una calma quasi paurosa. Ma cosa ne sa lei di cosa è la felicità? Quella vera, non quella realtà di cartapesta che si sono costruiti.

E questo è quello che pensano, il movente di ogni loro azione calcolata è sempre lo stesso. Riportarmi sulla strada che loro avevano meticolosamente programmato per me, distruggendo qualsiasi cosa che mi sono guadagnata da sola. Il mio ragazzo. Il mio lavoro. La mia seconda famiglia.

Ed è veramente subdolo da parte loro, ma dovevo aspettarmelo. Non sono mai stati in grado di accettare un "no" come risposta, di parlare anziché ordinare, di aiutare a scegliere piuttosto che scegliere in prima persona. Ma se pensa di farmi cambiare idea si sbaglia di grosso. Io amo Gordon, tutto di lui. E amo il mio lavoro, e i ragazzi che lì ho conosciuto.

«Volete capirlo che non mi interessa nulla di quello che pensate voi o i vostri amici? Non me ne importa un bel niente dell'idea che si sono fatti di voi e della vostra famiglia!»
«Tu non capisci, Hanna. Quella non è vita, quelle sono le tue stupide idee da bambina ribelle» e io ho capito esattamente anche il loro ragionamento senza senso, ma loro non fanno niente per capire me. È sempre stato così e non mi stupisce che non sia cambiato nulla. Perché conta solo l'apparenza, nel loro fragile mondo di cristallo.

Non so se risolverò qualcosa, se sto perdendo tempo e tutto questo non serve a nulla. Ma non mi arrenderò finché non mi faranno un nome. Sono stanca di starmene con le mani in mano a elaborare teorie senza fondamento; ora ho una pista e come un segugio la seguirò fino alla fine.

«Voi non potete dire di volermi bene e complottare contro di me. Voi mi avete costretto ad andarmene, con i vostri atteggiamenti, le vostre scelte, il vostro comportamento. Assumetevi le vostre responsabilità da pessimi genitori quali siete invece che scaricare la colpa su di me.»

Mia madre abbassa lo sguardo e in questo momento sembra debole, vulnerabile. Il suo atteggiamento di superiorità si incrina e piano piano vedo scendere anche la sua maschera. Ho fatto centro. Sapevo che colpirla nel suo orgoglio di madre che crede di essere perfetta avrebbe sortito il suo effetto e ammetto che è un colpo basso ma non mi ha lasciato altra scelta.

«E tu non sei autorizzata ad entrare in casa nostra e distruggere tutto come una pazza psicopatica. Non è questo che ti abbiamo insegnato» esordisce mio padre, con il suo solito atteggiamento calcolato, da manipolatore. Mia madre si è improvvisamente zittita, non proferisce parola e sembra combattuta. Qualcosa dentro di lei si è mosso, non so bene dire cosa, ma so che potrò usarlo a mio favore.
Mio padre è troppo orgoglioso per ammettere di aver sbagliato. Non mi resta che far leva su di lei.

«Allora ditemi chi è stato. Non vi chiedo granché, un nome e me ne andrò da qui, non mi vedrete più, non avrete più mie notizie, non saprete nemmeno che esisto. Potrete cancellarmi dalle vostre vite come fossi solo un grande, gigantesco sbaglio.»

Sorprendentemente mia madre scoppia a piangere portandosi una mano alla bocca. Io e mio padre ci giriamo a fissarla, io stupita e confusa, lui con la consapevolezza che probabilmente la sua adorata mogliettina cederà prima del previsto.
«Non è questo che vogliamo, Hanna. È esattamente il contrario, vogliamo che torni qui al tuo posto, nella nostra famiglia. Non sei uno sbaglio» piagnucola mia madre.

E sarebbe tutto bellissimo se non fosse che sembra tutta una farsa, una commedia inscenata da una donna diabolica. E se non fosse così? Se parlasse seriamente ora, se le importasse davvero qualcosa di me? È tutto così assurdo, non capisco più nulla, la testa comincia a farmi male e il cuore a martellarmi nel petto. Ma non posso lasciarmi sopraffare dalle emozioni, non adesso che sono così vicina alla verità. So che una parte di me vorrebbe credere a quelle lacrime e alle sue parole ma per il momento devo reprimerla.

«Se davvero vi importasse qualcosa di me, non mi mettereste i bastoni fra le ruote in ogni occasione della mia vita, non mi impedireste di frequentare l'uomo che amo più di qualsiasi cosa al mondo» le rispondo sfogandomi. Perché è esattamente questo che penso, che mi hanno tarpato le ali, hanno rinchiuso la mia personalità in una gabbia e hanno gettato la chiave.

«Diglielo, Patrick» attacca mia madre dopo qualche minuto passato nel silenzio più totale.
«Cosa?!» esclamiamo all'unisono io e mio padre, confusi.
Che abbia capito? Che stia escogitando di nuovo qualcosa?

Ma al momento non importa, voglio solo quel dannato nome, cercare quella dannata persona e prenderla a mazzate.
«Non cacciarti nei guai, Hanna» si raccomanda mia madre con gli occhi ancora lucidi dal pianto.
Faccio un cenno a mio padre il quale di getto sbotta il nome. E quelle quattro lettere mi fanno gelare il sangue nelle vene.

RYAN.

👠SPAZIO AUTRICE 👠

Eccoci giunti alla fine del quarantatreesimo capitolo di Energy.
Hanna infuriata sputa in faccia ai genitori la realtà dei fatti e dopo una lunga discussione sua madre scoppia in un pianto da cui emerge un nome: RYAN.
Perché proprio lui?
Cosa vuole da lei ancora?

Non vi resta che scoprire le risposte nei prossimi capitoli! Un bacione!
ArielaNodds 💕

ENERGY: Ritrovare l'amore (#Wattys2019)Where stories live. Discover now