66 . Solo un'ossessione

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L'etichetta umida che stuzzicava con un unghia si staccava con troppa facilità per dargli soddisfazione. Il colore del vetro della bottiglia di birra gli dava un fastidio estetico. Ambra. Un giallo opaco e spento. Troppo scuro rispetto a quello a cui il suo cervello continuava a rimandarlo, ciononostante lo faceva lo stesso. Era lì a giudicarlo assieme a tutte le frustrazioni che gravavano sulla sua schiena come un'ombra inquieta, appiccicate come quell'etichetta dalla colla dissolta dall'umidità che si prestava al gioco senza resistenza. Avrebbe voluto staccarseli ad uno ad uno i suoi incubi, grattandoli via come stava facendo con l'etichetta di quella bottiglia, anche a costo di strapparsi la pelle. Solo non sapeva come fare. Avrebbe voluto anche far sparire quel colore dalla sua vista. Si stava trattenendo dallo spingere la bottiglia giù dal bancone da quando il barman gliel'aveva portata. Avrebbe fatto finta che fosse stato un incidente e avrebbe ordinato qualcosa di decisamente più forte. Se solo Rhodey non gli avesse proibito qualsiasi tipo di superalcolico...

Lo aveva trascinato in quel bar assordante pieno di adolescenti perché, secondo lui, respirare un po' d'aria giovane gli avrebbe fatto bene. Ma nessuno sapeva quanto lui potesse ripugnare gli adolescenti, soprattutto quelli della generazione che stava crescendo. Non c'era nulla che potesse eguagliare il suo disgusto verso quei piccoli delinquenti incastrati in un'età incerta ed estrema, travolti dagli ormoni e da un mondo da abbattere con schiamazzi molesti, la bocca sporca di parolacce e di vizi idealizzati, la testa imbrattata di colori chimici e sogni distorti. Forse solo i bambini potevano equiparare. Lagnosi, piscioni e eccessivamente bisognosi di attenzione. Non li sopportava. Facevano troppo rumore. Si agitavano e si comportavano come se tutto fosse un'esibizione. Una carovana gli era passata dietro intonando a pieni polmoni un canto sconcio. Qualcuno si era scontrato contro il suo sgabello e per un attimo aveva temuto di cadere e di ritrovarsi calpestato da tutte quelle scarpe di basso costo che avevano conosciuto chissà quale scuola di basso livello o viale malfamato. Tony Stark non aveva mai voluto figli e non aveva mai pensato di volerne in futuro perché era certo che gli avrebbero rovinato la vita. Forse perché lui, la sua adolescenza, non l'aveva mai superata.

Quindi se ne stava tutto stretto nel suo cappotto firmato, occupando meno spazio possibile, alzava il capo ogni volta che si avvicinava qualcuno per squadrarlo di sottecchi e poi nascondere lo sguardo dentro pensieri oscuri, i capelli che non volevano rientrare nel ciuffo che aveva tirato indietro con il pettine prima di uscire di casa e gli cadevano davanti scomposti e stanchi.

Seduto sullo sgabello al bancone si stava chiedendo perché ne fosse così ossessionato. Alla fine ne aveva tante di ossessioni, una in più non avrebbe dovuto cambiargli la vita. Eppure questa volta non era lo stesso. Avere l'ossessione per le sue armature era normale. Sentire il bisogno di andarle a rivisitare e maneggiare ogni giorno e ogni volta che gli veniva in mente che poteva modificare e migliorare qualcosa, era normale. Anche l'ordine e il rimettere le cose esattamente al posto in cui erano, nella stessa inclinazione e rotazione, era normale per lui. L'ossessione di venire assalito dalla massa, l'ossessione di avere sempre la sua armatura vicina, l'ossessione di venire risucchiato in un buco nero o in una caduta libera senza poter azionare i propulsori, l'ossessione di venire soffocato mentre dormiva, l'ossessione di perdere il controllo, l'ossessione di non riuscire a salvare le persone che amava, l'ossessione di venire abbandonato, erano tutte cose normali per lui. Lo perseguitavano da anni, non erano più una novità. Erano parte di lui. Ma l'ossessione per una persona, quello non era normale. Non era mai stato ossessionato di una donna in particolare. Aveva sempre amato le belle donne, era stato innamorato di Pepper per un periodo intenso e ancora si diceva di amarla, ma quello che provava da qualche tempo per un'altra non era amore, non poteva esserlo. Era ossessione. Era una delle ossessioni più malate che avesse mai avuto. Quello non era normale, ma non poteva farci niente. Si sentiva bloccato in quella bolla oscura che lo deglutiva, mischiandolo in una bile di persecuzione, ansia e tachicardia.

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