7 . Vuoto

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-Mi piace la tua idea di accoglienza.

-Che dici? Non riesco a sentirti.

Tony aveva alzato il volume della musica, appena Natasha aveva aperto bocca. Poi si arrese alla tenacia dei suoi occhi critici e l'abbassò di poche tacche.

-Ti sei dileguato.

-Oh, davvero? Se ne sono accorti tutti?

Natasha incrociò le braccia e gli rifilò uno sguardo perentorio.

-Rogers se la sarà sicuramente cavata meglio di me.

-Ci speravo anch'io.

Stark la guardò attonito. Poi si mise a ridere.

-Se l'è svignata pure lui? Eh, Capitano, Capitano... Stai perdendo colpi. È la vecchiaia. Quanti anni ha? Centonovantasei? Quando li compie a proposito? Devo prenotare la torta. O magari preferisce un ghiacciolo?

-Quando la smetterai di punzecchiarlo?

-Non sono io. È lui che mi provoca.

-Battibeccate come una vecchia coppia sposata. Qualche volta credo che vi amiate segretamente.

-Per favore, dimmi che stai andando a sgridare anche lui.

La conversazione venne troncata dalla suoneria di un cellulare. Natasha lo sfilò da una tasca della tuta. Stark esultò in silenzio, sperando che si volatilizzasse all'istante.

-È Nick. Ha una missione per me.

-Aspetta, perché a te manda un messaggio e io devo subirmi una chiamata con tanto di raccomandazioni e minacce di vario genere?

-Forse perché io non lo ignoro. Te ne starai rinchiuso qui tutto il giorno per i prossimi giorni?

-Mi sembra una prospettiva più che interessante.

-Ti perderai l'allenamento della new entry.

-Perdermi l'occasione di vedere il nostro Capitano preso a calci da una ragazzina? Giammai! - e accennò una risata. Si stava già immaginando la scena.

-Credo che ti troverai una scusa. - rispose la rossa, pungente. - Tranquillo, nessuno si farà domande. Ti conosciamo tutti, Tony. Non farai fatica a farti conoscere anche da lei.

***

Astrid pigiò un tasto a caso sul tastierino dell'ascensore. Uno degli ultimi, tanto per scoprire che cosa si trovasse. Aveva visitato qualche altro piano, trovandoci nulla di particolarmente allettante come poteva essere una cucina o una vetrina di alcolici, fatta eccezione per qualche pianta di Benjamin che non pareva molto affabile ad una conversazione e tanto meno gli avrebbe svelato dove poteva chiedere da bere.

Le sue dita picchiettavano sul corrimano di metallo ad un ritmo sfrenato. Ancora pensava a come il Capitano l'aveva trafitta con il suo acume e le sue conoscenze come se fosse stato possibile uno scambio alla pari. Ebbe la percezione che la sua presenza non fosse accettata. Questo poteva spiegare la sua freddezza, l'evitamento del contatto visivo, le frecciatine sul fatto di avere altri obbiettivi. Cercò di ricordare dove poteva trovare Natasha perchè in quel momento era l'unica persona con cui si era sentita accolta.

L'ascensore si fermò con un acuto din. C'era sempre un attimo di tensione che precedeva l'apertura delle porte, il brivido dell'ignoto. Davanti si spalancò una vasta sala che sembrava un caotico formicaio. Uomini e donne, alcuni in divisa, altri in camice andavano su e giù per delle rampe, attraversavano la stanza, salivano scale e raggiungevano scaffali, si scambiavano informazioni e armeggiavano, saldavano, digitavano tastiere, studiavano, prendevano appunti, spiegavano, tutti impegnati come formiche operaie. Era uno spettacolo esaltante anche senza il suo intervento. Si perse qualche minuto ad osservare tutta quella confusione perfetta che era il cuore delle ricerche tecnologiche della Avengers Tower e per un attimo sentì di essere dentro ad un progetto importante. Tolse la mano dal sensore e mentre premeva il pulsante per andare verso l'attico si inserirono di corsa un agente e uno scienziato che non portava il camice, ma era evidente dai capelli scompigliati e gli occhiali che fosse un cervellone. Astrid stiracchiò un sorriso rigido ad entrambi. Non sapeva se presentarsi, non sapeva se si fossero rivisti, se fossero importanti se lei fosse una conoscenza importante per loro. Quindi salirono sulla retta orizzontale in silenzio, guardandosi i piedi finché uno ad uno non si fermò ad un piano diverso a cui era destinato lei.

Proseguì qualche altro piano con la paura di ospitare altre persone così premette incessantemente il bottone dell'ultimo piano per non far aprire le porte.

Quando arrivò all'attico si guardò attorno e scoprì che non era ancora arrivato nessuno. Inutile dire che fosse un ambiente estremamente di buon gusto. Le pareti in vetro erano nello stile dell'intero palazzo. Da lì si poteva ammirare un po' di orizzonte, incastonato nel labirinto della città. Il soffitto era alto poiché sovrastava anche un pianerottolo che si raggiungeva tramite una rampa laterale trasparente. C'erano divanetti in pelle nera posizionati attorno ad un elegante tavolo lucido e alle sue spalle, la visione che l'aveva conquistata al primo sguardo: un lussuosissimo angolo bar!

Astrid non perse tempo.Attraversò la sala correndo. Le mensole luminose proponevano svariate forme di bottiglie di colori diversi, con altrettanti tipi di alcolici al loro interno. Una bottiglia di Bourbon le stava facendo l'occhiolino con troppa disinvoltura. Superò il bancone, afferrò la bottiglia e la stappò. L'odore della bevanda invase subito l'aria e lei rimase ad inalarlo, quasi come un profumo d'alta moda. Prese un bicchiere tozzo, lo riempì a metà. E assaggiò.

Era buono, accidenti. Non aveva niente a che fare con quelle schifezze che comprava al botteghino sgangherato per strada. Appoggiò il bicchiere vuoto sul banco e non fece in tempo a riempirlo una seconda volta quando un'ombra si mosse al piano di sotto.

-Quello...

La voce tagliente si espanse nel vuoto. Astrid si voltò di scatto verso l'ascensore, ma non vide nessuno. Che fosse una voce registrata?

Un'ombra si alzò tra i divanetti con un bicchiere in mano. Tony Stark scese le scale con disinvoltura. Le stava puntando un indice contro e sembrava avere un'aria parecchio alticcia. Astrid aprì la bocca per replicare, ma non ne fu in grado. Tutto ciò che avrebbe potuto dire le si ingarbugliò nella gola, inciampando nella sprovvista. Così rimase a guardarlo mentre camminava verso di lei lentamente, prendendosi tutto il tempo e lo spazio che voleva, come un re nella sua reggia, perchè quella alla fine era casa sua. Rimase lì colta con le mani nel sacco accettando quella che sembrava l'inizio di una ramanzina. Invece Tony Stark si sedette, finendo la frase che aveva iniziato sul piano di sopra smussando il tono:

-Va condiviso.

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