46 . Parco giochi

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Le pareti si allontanarono sbiadendo. I mobili divennero trasparenti. Il soffitto s'aprì sotto un cielo azzurro tappezzato di batuffoli bianchi. Astrid si sentì un po' strana. Per un momento non percepì sostegno sotto i piedi e dovette aggrapparsi all'armatura dorata del dio. Dopodiché, appena si rese conto che erano arrivati, si staccò con un balzo all'indietro e studiò la zona. Poggiava i piedi scalzi nella terra fresca di un enorme prato verde, ben curato. Un edificio parallelepipedo si estendeva alle loro spalle, esibendo sulla facciata il simbolo degli Avengers.

-Dove mi hai portata?! Questa non è la Torre!

-Non hai precisato dove volessi andare.

Astrid lo spinse di nuovo, ma il Dio aveva i piedi ben ancorati al terreno e non lo mosse.

-Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te!

-Smettila di colpirmi!

Astrid lo pugnalò con tutto il tedio che poteva rifilargli, bramando una lama per aprirgli il ventre come avevano fatto a lei. Loki si sistemò gli indumenti per ricomporsi. Le voltò le spalle. Si avviò all'entrata senza darle ulteriore peso.

-Dove stai andando?

Astrid gli andò dietro ruspando i piedi. Da una parte voleva sgolarsi, dall'altra non poteva rischiare di farsi sentire. Così se ne uscì con un sibilo rauco. Ma a Loki non interessava. Continuò a percorrere la sua direzione senza un briciolo di preoccupazione, le spalliere dell'armatura allineate in una perfetta retta orizzontale, sotto cui era abbottonato il mantello verde che svolazzava ad ogni passo. Era tutto calcolato per lui. Si piegò in avanti, sbirciando tra i vetri oscurati. Astrid lo studiò basita. Lui voltò verso di lei, scocciato che non avesse fatto un passo da dove erano apparsi.

-Vuoi darti una mossa?

-Ti vedranno. Ci vedranno. E non so se ricordi, ma non ho più i miei poteri. Non posso difendermi. Mi arrestano.

Loki sospirò pesantemente. Una patina dorata percorse tutta la forma del suo corpo sostituendo gli abiti Asgardiani in una divisa SHIELD, con tanto di casco. Anche gli abiti di Astrid erano cambiati e in testa sentì un peso.

-Va meglio ora?

Nel momento esatto in cui parlò, una carovana di furgoni neri e automobili sbucarono da dietro il bosco che contornava la zona, seguendo la strada ghiaiosa.
Astrid era in mezzo al prato e se si fosse messa a correre avrebbero capito che fosse un'impostora.
Guardò Loki che non sembrò nemmeno averci fatto caso. Lo strattonò da una manica.

-Cammina con calma e non dire una parola. - le fece lui.

Era troppo tardi. I furgoni e le macchine parcheggiarono. Le portiere si chiusero. Un gruppo di uomini in giacca e cravatta, gli occhiali da sole sul naso, cominciò a marciare dritto verso di loro a passo incalzante. Perfetto. Era fatta. Adesso l'avrebbero ammanettata, incatenata, interrogata, magari anche torturata e infine buttata nell'angolo di una cella, come un animale.

Tra tutti, come una visione, riconobbe il volto di Coulson.

Abbassò il capo sperando di non essere riconosciuta e quello le passò accanto. Tutto il branco di agenti non la degnò di uno sguardo. Il travestimento aveva funzionato.

Li seguirono dentro l'edificio. Le porte si chiusero alle sue spalle. Si voltò verso Loki sbalordita e leggermente euforica. Lui ricambiò con un sorriso beffardo dei suoi.

-Te l'ho detto che con me ci si diverte di più.

Astrid non capì se fosse una battuta o la stesse prendendo in giro.

-C'è un raggio d'azione che devo rispettare perchè questa figata persista o posso spostarmi dove voglio lontana da te?

-Ti suggerisco di rimanere concentrata su come vuoi apparire. È molto più semplice di quello che credi.

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