59 . Ci siamo sfiorati

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Un opprimente odore di bruciato aleggiava soffocando l'aria tossica e pensante, colma di energia termica si scuoteva in un ballo scatenato, come un'aureola di fuoco attorno a loro, sulle loro teste.

Silenzio.

Tutto ciò che si udiva era lo scoppiettio del fuoco e il rumore dei ciottoli che rovinavano lungo i blocchi di cemento ammucchiati l'uno sopra l'altro sopra di loro.
Un soffio d'aria gelida le stuzzicava un orecchio. Una pietra bollente le schiacciava le gambe e la costringeva contro una parete più comoda. Provò a ritirare una mano, ma scoprì che era incastrata. Percepiva il fiato affannoso del Capitano alitare non distante dal suo naso. Stava soffrendo. Faceva troppo caldo per lui. L'aria era rarefatta.

-Cap?

Il petto di Steve vibrò.

-Sto bene. Tu?

-Sono incastrata.

Steve spinse con lo scudo l'enorme masso che li sovrastava, il quale andò a sbattere con un tonfo su un cumulo di macerie. Solo in quel momento Astrid capì che lo avesse tenuto lui, in equilibrio, fino a quel momento.
Dopodiché staccò appena la schiena dal pezzo di cemento su cui appoggiava la spalla, per permettere ad Astrid di recuperare la mano dalla morsa del cemento e allontanarsi dal suo petto. Ma appena egli sollevò il gomito da sotto un mattone, avvertì una fitta lancinante al muscolo: una vite grossa quanto un dito gli si era conficcata nella carne.

-Stai sanguinando! - osservò Astrid con stupore esagerato. Da quando anche Capitan America poteva sanguinare?

Il Capitano sputò una parolaccia tra i denti.

-Linguaggio, Cap. - lo rimbeccò lei arricciando un sorrisetto sardonico.

-Non è divertente. - la ammonì lui.

-Scusa, ti aiuto.

Afferrò il chiodo e tirò leggermente verso di lei. Steve mugolò a bocca chiusa, la mascella contratta, i muscoli rigidi. I suoi occhi azzurri, dapprima puntati verso la bava rossa che veniva imbevuta dalla felpa, si sollevarono su di lei sofferenti.
Astrid respirò pesantemente. L'odore di bruciato e di umido mischiato con una nota di sudore e l'avvolgente profumo di deodorante da uomo del Capitano, la stavano stordendo. Il suo cuore stava battendo inspiegabilmente veloce e lì capì che involontariamente stava bollendo le particelle d'acqua contenute nell'aria attorno a loro. Aveva fallito ad aprire il portone. Questa volta gli avrebbe mostrato una prova di coraggio. Non poteva deluderlo.

-Vado. Sei pronto?

Steve annuì in silenzio. Astrid afferrò il chiodo con maggiore determinazione, posò l'altra mano sul bicipite, chiuse gli occhi e tirò.
Steve non riuscì a trattenere un verso durante lo strappo.
Lasciò andare la testa all'indietro.
Astrid gli premette la ferita con le mani affinché non si trasformasse in un'emorragia. Strappò un lembo della sua maglietta con i denti e la legò attorno al muscolo più stretta che poteva.

-Grazie. - sussurrò Steve tra i respiri pesanti.

-Non posso fare di meglio. - fece Astrid cercando di ripulirsi dal sangue, ma non aveva più superfici pulite su cui strofinarsi le mani.

-Sei stata bravissima. Ora usciamo di qui.

Si fecero spazio tra i detriti del soffitto e nel buio della notte che era già calato da un pezzo. Il languido bagliore dell'incendio asfissiato dalle polveri e dal ridotto ossigeno, non permetteva di vedere adeguatamente.

Per non rischiare di inciampare su un blocco di cemento, Astrid provò ad accendere una fiammella su un dito con uno schiocco, ma dopo un primo istante di fulgore, una patina di ghiaccio fagocitarono la luce e risalirono i nervi della mano, fino alle vene del polso.

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