43 . Vulnerabilità

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-Come ti senti?

Astrid si lasciò scappare un grugnito di fastidio. Le ciglia nere si erano spalancate per meno di un secondo ed era stato come se il soffitto le fosse crollato addosso intero. Tentò di drizzare la schiena, di mettersi a sedere, ma nel farlo dovette trattenere lo sforzo tra i denti.

-Come se mi avessero tagliata a pezzi e aggiustata con del nastro adesivo. - rispose amareggiante. Si teneva la testa con una mano e con l'altra le bende ruvide che le fasciavano l'addome. - Sei stato tu?

Steve annuì. Astrid fece lo stesso per ringraziare, un po' per imbarazzo, un po' perchè mentre parlava sentiva il diaframma vibrare tra le fitte.

-Forse è il caso che ti faccia una doccia. - annunciò l'altro che ancora non sapeva come prenderla. Le mostrò i vestiti puliti, un asciugamano e la guidò fino al bagno.

La manopola cigolò solo un poco e l'acqua prese a scrosciare dal rubinetto. Limpida, deformava il disegno geometrico delle piastrelle e andava a riversarsi nel fondo, arrotolandosi nella grata dello scarico. E lì cominciò a macchiarsi. Tra i piedi, iniziarono a scorrere strisce scure che rigavano la trasparenza del getto. Sulla pelle si era creato uno strato sottile che lentamente si scioglieva e si raggrumava tutto insieme sul fondo. Fece due passate con le mani che tremavano allo sfiorare i muscoli contusi, i bozzi violacei e giallastri che non accennavano a svanire, i tagli ricuciti da cui aveva srotolato con cura le garze che si erano appiccicate lasciando dei piccoli ciuffetti di cotone.

Raccolse il mucchietto di tessuto slabrato e maleodorante e arrotolò  l'asciugamano al seno, le gocce che molleggiavano dai capelli le facevano il solletico sul naso. Si rigirò tra le mani le piege e i fori della canottiera che ormai era da buttare, ci infilò l'indice, giocandoci come fosse divertente. Poi, seguendo un'emozione morbosa, iniziò a tirare. Il tessuto cominciò ad allentarsi, a scucirsi, finché non furono due dita a passare, poi tre finché la canottiera non diventò un nastro di stoffa sfilacciata e senza forma, senza più utilità, senza senso, senza speranza.

Un singhiozzo s'incastrò rumoroso nella gola di Astrid bloccandole il respiro, le dita le si impigliarono tra capelli e tornò in quella stanza buia, tra i cadaveri ignoti, sparpagliati come fiori in un campo travolto da un incendio. Tornò a scuotere il guscio vuoto a terra con le mani di sangue, di ghiaccio e di panico. Tornò a pregare, a piangere, a urlare. Una sola ombra se ne stava verticale in un angolo, muta, in contemplazione, mentre la sua voce riempiva il silenzio e le tende volavano spinte dal vento invernale, il nevischio che ricopriva un prato nero, come un bacio candido di perdono o di condanna.

Rigettò tutto fuori con un conato violento. Tutto il cordoglio si concretizzò nell'acqua del cesso, in una poltiglia scura e molesta, una bile sanguinosa e tanto densa che per un attimo Astrid pensò di aver vomitato anche lo stomaco. Tossì l'acidume gastrico che andò a macchiare la ceramica e le riempì l'esofago di bruciore, le tempie della pulsazione perseverante del cuore. Si asciugò la bocca con la carta su cui rimase una scia di un azzurro sbiadito. Arrotolò una palla, negando un'allucinazione di stanchezza. Raggiunse il bottone dello scarico che risucchiò tutto il suo male nelle fogne, deglutendo quanto possibile un'altra disonorevole prova della sua debolezza.

Si allontanò dalla tazza e si ritrovò davanti allo specchio. Le occhiaie scavate erano ora in bella vista sulla pelle pulita. Pinzò la frangia lunga con una mano per sciacquarsi la bocca, ma appena tirò su il capo, notò qualcosa di diverso da un livido, sul collo nudo: un'alone rigonfio e arrossato che circondava un puntino più scuro. Il segno di una puntura.

La porta d'ingresso fece rumore nel chiudersi e ogni altro pensiero passò in secondo piano. Astrid appiattì le orecchie alla porta quando una voce femminile risuonò nel soggiorno.

Neve E Cenere | MARVEL ❶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora