28 . Veleno

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-È magnifico, non trovi?

La vibrazione della voce scosse le particelle rarefatte dell'ossigeno e si aggiunse corrosiva all'odore di ferro, di muffa e di chiuso impregnato nei muri umidi di pietra.

Il Dio raggirò il tesoro, consapevole che fosse di sua appartenenza, per nulla minacciato dalla presenza di un avversario pretendente a brandirlo. Il passo lento, intimidatorio, le mani incavate l'una sull'altra dietro la schiena: gli occhi e la lingua erano la prima arma con cui si esponeva il Dio dagli Inganni.

-Allontanati. - lo esortò Astrid. La sua pelle iniziò a scintillare, pronta alla difesa.

Loki sorrise.

-La ragazza dalla pelle ardente. Mi ricordo di te. Ricordo come hai osato fronteggiare il mio Gigante e l'hai sconfitto senza troppi sforzi. Che prodezza!

-Potrei farlo di nuovo.

Mano lesta, Astrid sfilò il pugnale dalla cintura e se lo portò davanti al viso facendolo volteggiatre tra le dita. Loki non batté ciglio.

-Non ne dubito. - ridacchiò - Non sei molto affabile, vero?

-Non mi piacciono le chiacchiere inutili. Mi hanno parlato di te. Adori i giochetti mentali.

Loki soppesò l'informazione. Fece un passo avanti.

-Cos'altro ti hanno detto di me?

Astrid indietreggiò, per mantenersi a distanza. Strinse il manico più saldamente, mentre la lama arrossiva.

-Che sei un pazzo. Che rincorri un'illusione di gloria che non puoi sperare di raggiungere.

Loki rise, ma non parve esattamente divertito.

-Mi allieterebbe l'idea di indovinare da quale bocca variopinta siano state emesse tali insulsità. 

Avanzò di un altro passo. Astrid lo imitò all'indietro, schivando una pila di scatole. Proseguirono quasi in una danza, attorno alla luce emanata dalla gemma.

-Quell'infante di mio fratello vi ha riempito la testa durante uno dei suoi malinconici e patetici rimuginii. Ha la triste e sconsolata abitudine di trascinare gli altri nel suo perpetuo autocommiserarsi.

-Ti credi superiore a lui, vero?

Loki aprì le braccia.

-Io sono superiore a lui!

-Ho già conosciuto uomini che si reputavano superiori a tutti e non ho mai avuto paura di loro.

-Oh, lo so bene... Credi che non sappia chi sei, cos'hai fatto? Credi che non sappia cosa sai fare?

Astrid si irrigidì. L'oratoria del Dio continuò più incalzante.

-Credi che non sappia cosa provi, quando allunghi la mano verso la possibilità di controllare il destino della tua vittima e approfittare della sua impotenza per fortificarti? Quando assapori lo scorrere della sua forza vitale nelle tue membra, l'ebrezza di poter decidere di rifiutare le suppliche, ignorare gli urli di disperazione, scegliere di abbandonarti alla soddisfazione dell'impulso iroso, al senso di onnipotenza che ti pervade, all'energia che si insidia fin nelle viscere e ti inebria di tutto il potere di cui provi una brama proibita. Non è stato solo per vendicarla.

Il volto oscuro del dio era distante pochi centimetri e quella minima distanza era ancora più raggelante. Gli occhi smeraldini brillavano di uno spasmodico scintillio di violenza repressa, che iniettava veleno alla dentatura affilata del sorriso maligno e alla lingua avvelenata.

Astrid era in trappola: non aveva che dire. Immobilizzata dalle parole tessute con accuratezza con lo scopo di raggiungere crudelmente un punto debole.

-Tu non sai niente di me.

Richiamò l'energia termica nella mani e sferrò un pugno che tagliò il vuoto. Il corpo del Dio si era volatilizzato, lasciando il suo irritante ghigno impresso nell'aria. Astrid voltò le spalle, ma i suoi occhi incontrarono solo la parete scura e marcia, cavi pendenti e circuiti. Afferrò lo scettro senza pensarci due volte e fece per scappare, ma Loki glielo impedì: si piantò davanti a lei, la circondò delle sue multiple proiezioni ridanciane.

-Quanta fretta! - fecero in coro.

Astrid non aspettò un'altra mossa: agitò lo scettro e fece svanire una dopo l'altra le immagini fasulle del Dio Ingannatore, fino a battere contro il braccio solido e difensivo dell'unico corpo concreto. Loki la spinse indietro con forza sovrumana. Astrid si schiantò contro i macchinari e andò a finire pesantemente a terra.

-Ha ragione il Soldato. Sei indisciplinata.

Raccolse lo scettro scivolato ai suoi piedi. Se lo rigirò nella mano. Lo puntò al petto di Astrid che non si mosse. Fissò la punta avvicinarsi pericolosamente al suo cuore. La luce della gemma parve brillare più irrequieta, impaziente, famelica.

-Imparerai ad ubbidire. - sancì il Dio, lo sguardo in un riflesso più freddo.

Una voce rimbombò tra le mura col nome di lei. Tony doveva essersi accorto della sua assenza. Lo sguardo della ragazza scattò speranzoso sulla porta semichiusa, aldilà delle lunghe gambe del Dio, attendendo che qualcuno irrompesse. La porta gracidò un poco, scostata da un sospiro di vento.

-Pare che nessuno dei tuoi amici sia disposto a salvarti.

Astrid improvvisò.

-I miei compagni verranno a prenderti. Te lo porteranno via. - ribatté, senza una solida sicurezza.

-O magari sarai proprio tu a consegnarglielo. Chi sa se avranno gli stessi riguardi quando, sotto il mio comando, non potrai nascondere la tua vera natura? Quando comprenderanno che la tua mente è malata, contorta e incespica nel dimostrare il contrario. Hai paura, è questo che ti frena. E io te la estirperò.

Astrid rialzò il busto di scatto. Sentì la punta dello scettro sfiorarle il petto. Digrignò i denti. La sua pelle iniziò a fumare.

-E tu hai paura di essere sconfitto di nuovo. Sei debole, sei solo e stai cercando di raggirarmi per avere un vantaggio. Hai paura di fallire e scoprire che è questa la tua vera natura: fallire, fallire e fallire ancora!

Lo scettro assestò un colpo sulla guancia tanto forte che Astrid si vide rotolare di lato. Loki si piegò su di lei. Le afferrò la mandibola con con una mano, le sollevò il volto perchè gli occhi impavidi non potessero schivare i suoi, sibillini e appuntiti.

Aprì la bocca per aggredirla verbalmente, ma la foga si rimpicciolì risucchiata dalle pupille. Le iridi chiare iniziarono ad iniettarsi di sangue fino a trasformarsi completamente. Loki arretrò di qualche passo, gli occhi sgranati sulla mano color ciano. Astrid si guardò le dita e l'ombra bruna che risaliva sotto le maniche. La sua pelle era diventata nera come il carbone.

La porta si spalancò per far entrare uno Stark sudaticcio e alquanto agitato. Astrid non parlò. Puntò solo col dito lo scettro immobile a terra e una sagoma evanescente.

Neve E Cenere | MARVEL ❶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora