10 . Minaccia latente

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Indietreggiò bruscamente, finchè riuscì a vedere il suo viso nella trasparenza della plastica. Nick Fury si portò le mani dietro la schiena, avanzò un passo nei suoi scarponi scricchiolanti per completare la sua figura possente accanto a quella della ragazza. Astrid fece un sobbalzo. Si voltò. Si vide risucchiata da uno sguardo fermo e freddo che non comunicava nulla. Un occhio fermo sulla sua anima, l'altro coperto da una benda nera come un pirata recidivo di una battaglia in mare aperto.

-Si sta godendo il panorama? - le chiese l'uomo con voce impetuosa, ovviamente ironico, ma bisognava intuirlo perchè i muscoli del suo volto non si flettevano e non accompagnavano l'intento.

Astrid scosse le spalle, insicura su cosa avrebbe dovuto rispondere. Era difficile pensare davanti a quell'iride, di un nero abissale, che fermava il tempo.

-Spero si senta a suo agio nella Torre.

-Dovrò farci l'abitudine? - chiese lei provocatoria.

-Vorrei che sapesse che nessuno ha intenzione di segregarla in alcun luogo. Quando ha firmato il contratto ha accettato di sottostare a delle regole. Mi auguro che abbia letto prima di firmare. Certo, non la biasimo. Anche io non ci avrei pensato due volte davanti alla possibilità di perdere anni preziosi della mia vita dietro le sbarre. Mi chiedo solo se abbia ben presente che cosa facciamo qui. Ho dovuto, non dico lottare, ma di certo discutere per ottenere la sua presenza. Sa perchè ho impedito che la rinchiudessero?

-Sinceramente, signore, fatico ad immaginarlo.

Fury rimase ancora a guardare il filo tra il cielo e l'oceano sbiadire nella foschia dell'orizzonte.

-Le chiedo solo di evitare con tutte le sue forze qualsiasi azione per cui mi pentirei di aver rifiutato la soluzione meno impegnativa. - piegò il capo verso di lei, la guardò bene negli occhi per catturare tutto il suo buon senso. - Sto scommettendo su di lei, Sullivan. Non mi deluda.

Fury sparì chiamato da un agente dalla voce allarmata. Un leggero pizzicore sulla pelle attirò l'attenzione di Astrid. C'era qualcosa di strano. La temperatura dell'aria stava aumentando bruscamente. Cercò uno sguardo di condivisione: non doveva essersene accorta solo lei.

La camicia di Tony Stark era chiazzata di sudore. Il Dr.Banner lottava contro il prurito della pelle sotto il cinturino del conta-battiti e intanto aveva sbottonato i primi tre bottoni della camicia. Anche il Capitano faceva fatica a non scomporsi. Chiunque altro non era a suo agio in quell'ambiente ostico. Solo Fury pareva non esserne toccato, ma la perlescenza della fronte lo tradiva.

Il caldo stava dando alla testa, il cervello non assumeva abbastanza ossigeno e i calcoli non tornavano. Qualsiasi cosa era una scusa per sfogare i nervi. Stark sbatté un fascicolo sul piano del tavolo, inveendo contro un ufficiale che non aveva messo abbastanza ghiaccio nel suo bicchiere. Si intromise il Capitano per calmarlo e come niente iniziarono a battibeccare. Come se non bastasse, le macchine sembravano impazzite: cominciarono ad emettere dei suoni anomali, dei bip in rapida sequenza che significavano solamente qualche problema.

-Qualcuno mi spiega che diamine sta succedendo?! - tuonò Fury.

-Qualcosa si muove là sotto. - avvisò Banner, mentre si sistemava gli occhiali umidi sul naso, gli occhi strizzati davanti al monitor.

Astrid si affacciò ancora un poco. In un punto a cui lei non poteva arrivare, l'acqua bolliva sempre di più. Si piegò e mise una mano sul pavimento che era diventato una griglia ardente. Fece per allontanarsi, come per un presentimento, quando il terreno cominciò a tremare. Rombò sempre più forte finchè qualcosa sbucò da sotto il pavimento, a un pelo dai suoi piedi e si alzò fino a squarciare il tendone.

Fu un attimo. Astrid volò all'indietro. Non c'era più la parete che potesse sostenere il suo peso, così precipitò. Cercò di aggrapparsi a un cavo sporgente, ma la sua mano non fu veloce quanto il pensiero. L'impatto con l'oceano la stordì. L'acqua salata le entrò nel naso. Gli occhi le bruciavano. Si spinse verso la superficie mentre tra le bolle notava un dettaglio alquanto insolito: un ente oscuro stava venendo risucchiato da una luce azzurra nella sabbia.

Nuotò verso l'ossigeno, giusto in tempo per mettere a fuoco un pezzo di pavimento che crollava dritto verso la sua testa. Si lanciò di lato prontamente e tornò sott'acqua, scuotendo i piedi aspettando un tonfo che tardò ad arrivare perché Iron Man lo aveva preso al volo.

-Forza, levati da lì!

Nuotò sino alla riva e si sdraiò sulla sabbia. Osservò un altro quarto di lastricato crollare e venire divorato dalle onde spumose. In poco tempo il laboratorio abusivo non c'era più: i computer e i macchinari erano stati trascinati sul fondo assieme all'estremità del molo e al capannone che ricopriva il tutto.
Erano numerosi i curiosi alle ringhiere, non era più così facile allontanarli: la scena era stata sotto gli occhi di tutti.

Astrid si slacciò le scarpe e le svuotò dell'acqua di cui si erano impregnate. Era fradicia, ricoperta di sabbia e forse si era storta una caviglia. Infilò le dita dei piedi nella sabbia bollente. Percepì il calore risalirle nella pelle, pulsarle nelle vene, caricarle i muscoli. Si lasciò cullare per un secondo dal leggero e gradevole pizzicore che l'avvolgeva gradualmente, mentre assorbiva l'energia termica attorno a sé per asciugarsi.
Qualcuno le diede una pacca sulla spalla.

-Niente di rotto?

Astrid fece di no con la testa senza capire bene da dove provenisse la voce, poiché il sole l'accecava.

-Tutto a posto, grazie.

-Bene. Si torna a casa. Però sali col Capitano: gli interni in pelle non sono facili da ripulire.

Astrid si alzò e si spolverò la maglia umidiccia, chiazzata dagli aloni bianchi del sale.

-Grazie, signor Stark. Ma credo che in uno dei furgoni ci sarà spazio anche per me.

***

Qualcuno bussò. Astrid rovistò nel borsone per trovare un paio di pantaloni non troppo stropicciati e se li infilò velocemente.

-Avanti.

La Romanoff aprì la porta senza entrare. Era uscita dalla tuta stretta che sottolineava ogni curva del suo corpo allenato. Portava dei jeans e una maglia morbida che le copriva il seno, ma scopriva elegantemente le spalle. Stirò un sorriso gentile.

-Sei già tornata?

-Una missione sopravvalutata. Com'è andata ieri?

-Bene... Mi sento un po' soffocare.

-Ho sentito che hai fatto un bel tuffo tra le onde dell'oceano.

-Sì e Iron Man mi ha già salvato la vita una volta.

Astrid buttò gli occhi al cielo mentre si infilava una scarpa.

-Gli allenamenti?

-Estenuanti. Sono tutta rotta. E poi ha quel modo di fare come se non mi volesse qui.

-Possiamo allenarci insieme, qualche volta, se ti mette in soggezione.

-Sì, magari. Più sto lontana da lui meglio è. Senza offesa.

-È una personalità ingombrante.

-Puoi dirlo forte!

-Quando sei pronta devo presentarti qualcuno.

Neve E Cenere | MARVEL ❶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora