52 . Esperimento umano

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-Non agitarti. Sarà tutto finito tra poche ore.

-Poche ore?

Hoffman si portò indietro una manica. Lesse il quadrante dell'orologio da polso.
Astrid stava perdendo totalmente la calma. Il cuore aveva cominciato a pompare sangue come in una corsa e non riusciva più a stare ferma. Voleva liberarsi, appendere il dottor Hoffman al muro, timbrargli la faccia con una manata rovente e uscire di lì.

-Credo che dovremmo prendere in considerazione un primo test. Ti aiuterà a calmarti.

L'uomo si alzò dalla sedia, abbandonò il tacquino sul tavolo, aprì una valigetta argentata e iniziò ad armeggiare dandole le spalle. Astrid agitò le braccia e le gambe, ma i ganci ai polsi rimanevano fermi, le gambe rimasero attaccate al fusto della poltrona, la pettorina non si staccò dal poggiaschiena. Niente. L'unico modo per uscire da quell'incubo era il testierino di fianco all'entrata della cella, quello che controllava anche la porta, quello su cui finirono le ditacce dello scienziato. La poltrona all'improvviso si mosse. La pedana sotto i piedi si allungò in avanti, le gambe si stesero, la schiena si allineò in orizzontale assieme ai braccioli. Astrid si ritrovò distesa. Nello stesso momento, il vetro della cella si scurì: una sorta di salacinesca si abbassò come un muro impenetrabile che circoscriveva la stanza e la isolava dal resto del labiratorio. Hoffmann spinse con un carrellino che Astrid non poteva inquadrare perchè il collare le oscurava la visuale.

Il lattice di un paio di guanti schioccarono sulla pelle del Dottore come nei peggiori film horror. Una mano sollevò in aria una grossa fiala di un azzurro cristallino i cui riflessi rimbalzavano sul volto e sulla chioma candida dell'uomo. Astrid si allungò e riuscì a intravedere un'altra fiala uguale e di fianco una più piccola contemente un liquido scuro e intenso come l'essenza di un incubo.

Il Dottore scartò la plastica di un ago sterile, guardò Astrid e il suo petto che aveva preso ad alzarsi ed abbassarsi in modo irregolare.

-Oh, no... Non fare così.

-Cos'è?

-Solo un calmante.

-Stai mentendo. È inutile che prova ad avvelenarmi, il mio corpo è immune.

-Infatti hai lasciato la casa del signor Tony Stark in condizioni pessime dopo che i miei uomini hanno tentato di fermarti. Le ferite si sono rimarginate?

Hoffmann le sollevò la maglietta e contemplò il disastro sul suo ventre. Fece una faccia contrita fingendo di immaginarsi il dolore, ma la stava prendendo in giro.

-Dovrò usare una dose minore. L'effetto è durato molto l'ultima volta. Molto più del previsto. È un risultato ottimo. Dovresti essere contenta, grazie a te stiamo facendo progressi. Non ci speravo più.

-Sono una cavia. - disse Astrid tra sé e sé.

-Sei un essere prodigioso. Il tuo sangue ha dato vita ad una moltitudine di esseri supremi. - Affermò il dottore sistemando la flebo pronta per essere inserita in endovena. Una mano si avvicinò al braccio ardente di Astrid, ma puntualmente si ritrasse.

-Ah! Sono uno sciocco! - Esclamò il dottore sventolando la mano e le dita scottate. Si tolse i guanti in lattice e saltellò verso il tavolo dove trovò un paio di altri molto più spessi.

Astrid strinse le dita tanto da sentire le nocche sgusciare dai pugni e i muscoli tremare, ma la sua temperatura aumentava a fatica, allora iniziò a scuotere gli arti con violenza, nell'atto disperato di sciogliere le catene fatte con il materiale più solido e resistente del pianeta con il calore provocato di una candela e a forza di scossoni.

-Va bene, iniziamo!

Un ciuffo bianco si era staccato dalla chioma omogenea e ora gli penzolava davanti tra gli occhi stralunati. Astrid serrò i denti.

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