Tutto il design, assieme al lungo cappotto in pelle alla Matrix che le svolazzava davanti ai piedi, la indusse a domandarsi se non fosse stata proiettata in qualche film di fantascienza. Invece era tutto reale. Era reale la gabbia di vetro situata nel perfetto centro della nuova stanza. Era reale persino il trono affatto invitante al suo interno, uno strumento di tortura tecnologicamente avanzato, che - se ne rese conto in quel momento - avrebbe ospitato il suo sedere per un tempo paurosamente indefinito. La dovettero spingere in avanti, perchè i suoi piedi scalzi si erano incollati al pavimento.

-Perquisitela.

Un coro di scocchi risuonò tutt'intorno a lei: i soldati la accerchiarono, puntarono le loro armi alla sua figura. Uno di loro si tolse il casco, dal quale si sciolse una chioma bionda. Le liberò i polsi, ordinandole di tenere le mani alzate e cominciò a tastarle i pantaloni. Astrid alzò le braccia, non prima di aver fatto scivolare la chiave nella manica, mentre le mani della donna, spoglie dai guanti protettivi, le perlustravano il busto. Scrollò un poco il bacino, simulando un brivido mentre la chiave le scivolava sotto la canottiera. Sistemò i pantaloni che le stavano crollando con un gesto veloce.

-Su le mani! – urlò la soldatessa.

Astrid scattò subito.

-Va bene, va bene. Mi stavo solo sistemando.

L'agente bionda parve scontenta nel trovarla pulita. Fece un doppio controllo.

-Vuoi palparmi anche il sedere?

La donna fece una smorfia e la indirizzò nella cella con forza, l'estremità della canna della pistola contro i reni. La fece sedere e le chiuse i polsi in un paio di spesse cinghie lucide. Lo schienale era rigido e per nulla confortevole. I piedi erano sollevati da terra con una pedana. Anch'essi furono incatenati con un paio di anelli attaccati alla poltrona. Da sopra la testa, si abbassò un corpetto metallico che andò a fissarsi a livello dei fianchi, con un colpo secco che andò a pizzicarle la pelle.

-Che gentilezza!

La bionda le lanciò uno sguardo nero, mentre controllava che niente potesse muoversi o scollegarsi, con movimenti forzati e mascolini.

-Ringrazia per questa gentilezza. Quelli come te non dovrebbero avere un trattamento riservato.

-Questo è un trattamento riservato?

La donna si appoggiò allo schienale e piantò il suo muso appuntito vicinissimo al suo.

-Se fosse per me ti avrei conficcato un dardo soporifero in fronte.

-Agente Pherb? – si sentì chiamare da dietro.

-Hai ucciso nove uomini dei nostri. Tu e il vostro amico venuto dallo spazio, siete una piaga. Ma finirà presto, te lo prometto.

-Non ero in me e Loki non c'entra niente.

-Certo, come no.

-Agente Pherb, concluda senza fiatare e si allontani dal soggetto!
– squillò la voce di Fury.

L'agente Pherb si cucì la bocca, premette un bottone e tornò in posizione.

Fury fece qualche passo agganciando le mani dietro la schiena. Si schiarì la voce.

-Ci sono telecamere microfonate dentro e fuori da qui. Esse registreranno ogni parola del nostro dialogo che potranno essere riportate in sede di tribunale. Speravo di non arrivare a tanto ma non mi hai lasciato altra scelta.

-Cos'è questo posto?

-Una cella di detenzione per soggetti speciali, una sistemazione temporanea, ma è piuttosto adatta nel caso in cui tu...

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