Capitolo 76: Arrivederci

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The new Project blog, Family: aggiornamento n° 61, 25 ottobre 2023

26 novembre 2022

Suona la sveglia, senza svegliarmi, malgrado abbia dormito con tutti i miei amici per un'ultima volta, non ho davvero dormito.

I ricordi della mia, seppur tanto odiata, vita hanno preso il sopravvento, io che mi sono sempre vantata di saper gestire le emozioni non ho saputo gestirle. Qui ho tutte le persone che mi vogliono bene, e tutte quelle che mi odiano, tra circa quattordici ore sarò una diciannovenne incinta, sola, per le strade di New York.

Malgrado gli screzi ieri sono andata a salutare i miei genitori, abbiamo chiarito qualche punto che mi stava a cuore per cercare di recuperare i rapporti, soprattutto per la nascita del mio piccolo o piccola.

Non ho ancora scoperto il sesso dato che ad ogni ecografia è in qualche posizione strana! Somiglia già alla mamma! Non ne fa una giusta!

Ho istruito Jhon, la lettera a Pope deve dargliela quando io sarò in macchina con mia sorella. Già Cat, la mia seconda madre, ci siamo viste sporadicamente nell'ultimo periodo: un po' a causa delle vacanze, un po' a causa del lavoro. Sarà lei ad accompagnarmi all'aeroporto, è l'ultima persona che voglio salutare prima di imbarcarmi sul mio volo di sola andata per gli States.

Forse non è l'ultima.

Un lato di me vuole che lui arrivi là a fermarmi, a scusarsi, dirmi che è un coglione e che vuole un futuro con me e che è disposto a cambiare. Ma il mio lato razionale, quello freddo, mi ricorda che questo non è un romanzo rosa, non è uno di quei film smielati, o un film natalizio dove i protagonisti dopo aver capito di essere perdutamente innamorati l'uno dell'altra, lui corre da lei si dichiara e vissero tutti per sempre felici e contenti.

Questa è la cruda realtà, lui non tornerà da me; ma la speranza è l'ultima morire.

Mi alzo cercando di non svegliare Diana ed Elis con cui ho condiviso il letto mentre i ragazzi si sono portati il letto della stanza degli ospiti nella mia attaccandolo al fondo del mio, non ho ancora capito quale stregoneria abbiano impiegato per metterlo lì lasciando ancora dello spazio calpestabile.

Percorro in punta di piedi la stanza recuperando le ciotole e i pacchi vuoti delle schifezze che abbiamo consumato la sera precedente. Mi sfugge un sorriso appena mi volto ad osservarli ancora addormentati, come posso biasimarli sono le quattro e quarantacinque del mattino.

Mi dirigo in cucina per buttare l'immondizia e sciacquare le ciotole, bere la mia tisana zenzero e limone per alleviare l'ormai abitudinaria nausea gravidica, che in teoria dovrebbe scomparire al termine del primo trimestre ma per me ha fatto un'eccezione. Ma questa volta è diverso sto placando le mie disfunzioni corporee, ammirando per l'ultima volta l'alba dalla mia terra, nel paese che mi ha vista nascere e crescere, ma che è giunto il momento di andarmene.

I raggi aranciati penetrano dalle finestre illuminando la stanza, infrangendosi su ogni arredo, parete o corpo, il mio corpo creando nuove sfumature. Per quanto io sia consapevole che sto andando incontro a tutto ciò che ho sempre desiderato, una lacrima mi sfugge.

Da domani, anzi oggi se consideriamo il fuso orario, sarò una straniera in terra straniera, per quanto potrò ritrovare dei piccoli pezzi del mio paese, della mia cultura o della mia lingua, non sarà mai uguale. Inizio a capire cosa vuol dire 'mi manca casa ma ho fatto troppa strada per tornare a casa'.

Questa è l'opportunità di realizzare il mio più grande sogno, sarei stupida se buttassi tutto allo scatafascio per la nostalgia.

<<Buon giorno>> sbadiglia Jhon entrando nella stanza, ricambio con un mezzo sorriso per poi tornare a fissare nuovamente lo spettacolo del cielo.

-Chissà quando lo rivedrò- penso ricordando tutte le stronzate fatte assieme, dai litigi a tutte le volte che siamo quasi stati sgamati ad aiutarci nei compiti in classe, tutte le ore passate a criticare i nostri gusti riguardanti l'altro sesso, ma anche le risate o le lacrime che ho versato per colui che ho amato di più.

Senza pensare ulteriormente, mi getto tra le sue braccia lasciandomi stringere.

<<Non dirmi che stai per piangere?>> domanda stupito,

<<Io? Non piango per queste sciocchezze!>> affermo colpendolo amichevolmente sulla spalla.

<<Buenos dias mi amor>> mi saluta Elis abbracciandomi seguita a ruota da Diana e Jack che non si scompone limitandosi a stringere la mia mano. Mi mancheranno queste mattine.

Ci sediamo attorno al tavolo a mangiare qualche schifezza dolce presa dal frigo e dai mobiletti, tra le risate, i racconti e le metafore dell'adolescenza all'istituto tecnico. E' tutto così perfetto da essere commovente, così commovente da far emergere la malinconia anche in mezzo alle risate.

<<Mi mancherete>> dico all'improvviso rompendo la felicità del momento.

<<Tu no>> afferma Jhon ridendo

<<Stronzo>> lo spingo ridendo a mia volta

"Dai verremo a trovarti per il parto>> mi consola Diana ricevendo un mio flebile sorriso.

<<E se riusciamo portiamo pure il padre>> sussurra Elis poggiando la sua testa sulla mia spalla, cercando di darmi forza.

<<Vorrei che fosse qui ora>> sussurro poggiando la mia testa sulla sua.

Ben presto si fanno le dieci, ed è ora di lasciare tutto e tutti chiudendo le valige per un'ultima volta. Con la paura e l'angoscia percorro il corridoio con i miei due trolley ed i borsoni in spalla, prima di bloccarmi sull'uscio per salutarli per l'ultima volta dopo tanto.

Abbraccio per primo Jhon, il mio migliore amico: colui che nonostante tutti i miei errori non mi ha mai abbandonata, anzi mi ha sempre perdonata.

Subito dopo stringo a me in contemporanea sia Elis che Diana, i due lati opposti della bilancia morale: la discrezione e l'appariscenza che sono rimaste li al mio fianco quando tutto stava precipitando e tutti se ne stavano andando.

Per ultimo, ma non per importanza, abbraccio Jack contro la sua stessa volontà. Non scorderò mai tutti i dialoghi più o meno pungenti in dialetto o anche solo in italiano.

Tutto questo non credo tornerà mai.

Scendo le scale ritrovandomi davanti mia sorella colei che mi ha sempre appoggiata, la stringo a me ringraziandola per tutto. Carico nei sedili posteriori i bagagli, abbraccio un'ultima volta, l'ultima i miei amici e monto nella vettura alla volta dell'aeroporto.

Sfrecciamo velocemente in autostrada, al ritmo delle canzoni dei Litfiba ripercorrendo gli episodi migliori della mia infanzia. Arriviamo in aeroporto e qua le nostre strade si dividono a tempo indeterminato, l'abbraccio per un ultima volta avviandomi verso il gate.

L'attesa si fa breve e pochi istanti dopo sono già a bordo dell'aereo che mi porterà dall'altro lato del mondo. Osservo la terra distaccarsi dai nostri piedi ed il mio paese farsi sempre più piccolo, mentre le mie palpebre iniziano a farsi pesanti e proprio mentre mi addormento un <<Arrivederci>> scappa dalle mie labbra appannando il vetro del finestrino.

Lift up - ImpossibleWhere stories live. Discover now