Capitolo 17: So che mi guarderai sempre

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The new Project blog, Family: aggiornamento n° 16, 25 giugno 2022

Dopo aver assistito a tre orali uno dietro l'altro, sono decisamente fusa e non solo io pure Pope. Il quale è andato a letto alle tre del mattino non so per quale ragione e non voglio scoprirla, ora come ora voglio solo un caffè bello forte e bello zuccherato, per entrambi.

<<Thaly, Pope domani ricambiamo noi eh!>> mi dice Jhon riferendosi al fare da testimone, con la faccia che sprizza felicità da ogni poro come un carcerato che viene rilasciato all'improvviso.

<<Of course boy>> rispondo io con un largo sorriso

<<In italiano mai?>> chiede Pope un filo più sveglio rispetto a prima,

<<Parlò>> replico io buttando giù d'un colpo il caffè, gentilmente offerto da Jhon a saldo dei debiti contratti con me nel corso di cinque anni, mentre il marocchino si limita ad alzare gli occhi al cielo troppo stanco per litigare.

<<Sei dei nostri per pranzo?>> mi chiede Elis, sorridente come sempre.

<<No scusate>> rispondo cupamente, <<Devo andare in un posto>> aggiungo mentre recupero le mie cose congedandomi, per poi uscire dall'edificio montare in auto e partire. Diretta al posto dal quale sono fuggita, per incontrare una persona importante.

La strada piena di curve mi fa concentrare e rilassare in contemporanea, avrò cambiato tre playlist nel giro di un quarto d'ora, ma sono quasi a destinazione.

Inchiodo l'auto all'entrata del cimitero del paese, di merda, dove sono cresciuta.

Più il tempo scorre più capisco che il mondo si divide in due gruppi: nel primo la ferita dei cari che sono venuti a mancare viene suturata in breve tempo, nel secondo gruppo la ferita di quei cari li accompagnerà sempre.

Mentre mi incammino lungo il viale inghiaiato del camposanto, i pensieri martellano il mio cervello, dalla paura per quel che sarà il futuro, dalla gioia per la mia sospirata (e agognata) libertà fino a giungere al magone suscitato dal luogo.
In un certo senso è confortante notare come il tempo in quel posto si sia come fermato, bloccato nella corsa di Crono, puntualmente a metà viale c'è la lapide commemorativa di mio bisnonno, che mi attende solerte con orgoglio, lo stesso che ha usato in trincea.

Più avanzo più sale l'ansia, un ansia buona, ogni anno vado quanto più spesso possibile a trovare mia nonna, e quando ne parlano a me sale quel magone scaturito dal non aver potuto godermela quanto volevo.

L'ho persa molto tempo fa, quando ancora non capivo, ho fatto i conti con la grande giudice di noi tutti: la morte.

Tanato non agisce ponderatamente, e spesso si allea con il grande ciclo del karma che ci ridà tutto quello che abbiamo fatto.

Male al male.

Bene al bene.

Tanato può strapparci a chi ci ama in modi diversi, nel sonno, all'improvviso, con l'agire di Crono e infine con dei brutti mali.

Proprio un brutto male me l'ha strappata, l'unica nonna che mi amava, i ricordi con lei sono pochi ma sempre con il sorriso, avevo tre anni e non capivo.

Ho vissuto nell'apatia della sua mancanza fino ai dodici anni, quando tutto mi è piombato addosso, schiacciandomi, come un macigno.

Io che mi ero sempre vantata di capire, accettare e conoscere la morte facevo i conti con la consapevolezza che il nostro tempo in questo mondo è limitato, come diceva una pubblicità; 'Noi nasciamo come gli uomini più ricchi del mondo, per poi morire come i più poveri. La nostra ricchezza? Il tempo'.
Non credo ci sia bisogno di altre parole.

Il rombo di un tuono desta i miei pensieri, facendomi accorgere che sono arrivata davanti alla sua tomba.

<<Hey, ciao nonna, sai che ti avevo promesso che appena potevo sarei tornata>> saluto il loculo davanti a me accarezzando la sua foto coperta da un strato di vetro gelido. <<Come tu mi avevi promesso che mi saresti sempre stata accanto>>  proseguo<<Ma dov'eri quando piangevo?! Dov'eri quando mi prendevano in giro!? Dov'eri quando mamma mi trattava male?!>> mi interrompo quando le lacrime mi rigano il volto <<Ma tu non sei più qui da anni, e sono cresciuta, e ho mantenuto la mia promessa, o almeno...credo....ti ho resa orgogliosa di me, mi sto realizzando e sto andando per la mia strada. Non so come agli zii sia potuto arrivare tutto quel bene, e a noi tutto il male, ma so nonna che mi guarderai sempre da lassù e che sarai al mio fianco. Ti ricordi quando giocavo davanti a te con i gatti? E quando mi facevi la minestrina? E quando andavamo insieme nell'orto? Quando dicevi a mamma e papà che non parlavo? Hai visto che ora sono logorroica? - rido un secondo pensando a quell'affermazione - Ti ricordi quando ti hanno operata e venivo a trovarti e tu di nascosto mi davi gli yogurt che ti davano le infermiere perché a te non piacevano? Sai che mi manchi? Vorrei averti potuta godere di più. Avrei voluto tutto il tempo che ha avuto Cassandra. Mi spiace ma devo andare. Ti prometto che tornerò a trovarti appena posso giuro. Ciao nonna.>>

La saluto, sospirando le ultime parole.

Depongo delle rose rosa sulla sua bara, le stesse del suo giardino.

Lo stesso di cui si vantava sempre.

Lo stesso che ha chiesto di poter vedere l'ultima volta in cui l'hanno portata via in quel posto.

Saluto anche nonno deponendo delle Calle sulla sua tomba.

<<Nonno tu avevi detto a nonna che lei mi avrebbe goduta per tre anni e tu e zio no, avrei tanto voluto la possibilità di conoscerti. Spero che tu sia orgoglioso.>>

Volgo lo sguardo alla sua destra e vedo la tomba dello zio, il fratello di mio nonno, poggio delle Calle sulla sua tomba ripetendo più o meno le stesse parole che ho detto a nonno.

Il cielo asseconda il mio umore, e mentre ripercorro al contrario la strada la pioggia dei temporali estivi mi accompagna nel mio cammino.

Mi fermo un secondo a fissare il pilastrino in onore di mio bisnonno per poi proseguire il mio cammino.

Salgo in auto sbattendo lo sportello.

Poggio le mani e la testa al volante lasciandomi andare ad un pianto liberatorio, prima di ripartire.

Lift up - ImpossibleWhere stories live. Discover now