Capitolo 69: Luna park

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The new Project blog, Family: aggiornamento n° 54, 28 settembre 2023

26 ottobre 2022

<<Sta sera andiamo al Luna Park>> ecco le esatte parole pronunciate da Jhon circa un'ora fa ed eccomi in macchina con lui ed Elis. Solo che io sono sdraiata sui sedili posteriori a combattere contro la nausea notturna.

Si nota proprio che è figlio o figlia di Pope, ha la stessa finezza, forse se non certamente anche i miei geni hanno fatto la loro parte.

<<Tutto bene amo?>> domanda Elis voltandosi verso di me ridacchiando, ed io le lancio un'eloquente occhiata che esprime tutto il mio malessere, che la fa scoppiare a ridere mentre Jhon aggiunge: <<Ti è piaciuto l'uccello eh>> facendo nascere una grossa risata collettiva.

Il viaggio verso Virono procede con la colonna sonora di The Weekend e Jul soppiantata ogni tanto dai PNL giusto per nutrire la mia pessima sensazione. E' come una morsa che attanaglia lo stomaco, neanche la nausea e il continuo muoversi del feto mi distraggono, fintanto che mi metto ad osservare le stelle dal finestrino pur di isolarmi dal mondo e concentrarmi su me stessa dieci secondi senza lasciare spazio alla paranoia.

<<Ho una pessima sensazione>> mormoro forse un po' troppo ad alta voce.

<<L'ultima volta che lo hai detto...>> comincia Jhon <<...Ci siamo trovati in mezzo ad un omicidio>> termina Elis per lui osservandomi dallo specchietto retrovisore mentre io cerco di deviare lo sguardo via dai suoi occhi o capirebbe subito i pensieri che mi attanagliano. Il primo tra tutti: Pope.

Mi manca non posso negarlo, mentirei a me stessa. Ho paura, e tanta. Sarò una madre single e non so nemmeno reggere lo stress della fine di una relazione, come potrò mai giostrarmi tra: pannolini, salviettine, biberon, body, pediatra, lavoro, università e notti insonni.

Non ho dei genitori su cui contare, solo per colpa loro e del loro cervello, le loro idee sugli stranieri, categoria in cui rientra Pope e per metà anche il loro nipotino o nipotina.

Non posso far piombare un neonato nelle vite dei miei amici e tantomeno in quella di Cat.

Dovrò cavarmela da sola, crescere un figlio, studiare e realizzarmi a livello lavorativo.

Sarà dura. Non è che non avessi avuto un altra possibilità, le possibilità erano due: l'aborto o l'adozione.

L'aborto non sarei mai riuscita a farmelo compiere, non sarei mai riuscita a guardarmi allo specchio la mattina dopo.

L'adozione sarebbe stato come abbandonare la parte migliore di me nel mondo, ma il sangue torna sempre è una legge universale, sangue chiama sangue, bene chiama bene, male chiama male e le lacrime chiamano le lacrime.

La realtà è questa, non posso fantasticare sul neonato della famiglia del mulino bianco, bello tranquillo e silente. Sarà difficile, ma dovrò farcela. Nella vita ho contemplato molte cose: la morte, lo scomparire, la prostituzione, l'autoesiliazione ma il fallimento non è mai stato contemplato.

Jhon parcheggia con destrezza il veicolo mentre io osservo con occhi lucidi il firmamento.

Ricaccio le lacrime e scendo.

Una folata di aria fredda mi investe, facendomi rabbrividire come il tocco delle sue mani sul mio corpo. Scaccio il pensiero e seguo i miei amici in quel luna park di paese, i ragazzini di undici anni massimo tredici che corrono a destra e manca esosi per la loro prima nottata in libertà.

Esperienza che ho fatto con molti anni di ritardo.

All'idea che tra qualche anno sarò io la madre che fa le raccomandazioni, sorrido con un velo di nostalgia dell'adolescenza che ho quasi bruciato, anzi che mi hanno quasi bruciato.

La cosa triste è che ancora non sapevo cosa sarebbe successo anzi cosa avrei visto di lì a poco.

La musica delle varie giostre si mescola creando un turbinio di suoni e parole, che si mescola ai fumi e alle luci delle attrazioni a ritmo sconnesso. Un malinconico sorriso si fa strada sul mio volto assieme alla discesa di una lacrima al ricordo del tempo felice in cui potevo salirci anche io pur non essendone grande amante.

Mi volto a destra e vedo Elis avvicinarsi: <<Amo io e Jhon andiamo sul Cuba>> urla al mio orecchio mentre io le rispondo a gesti d'assenso plurimi per poi vederli scomparire verso la biglietteria. Piroetto su me stessa per lanciarmi poi alla ricerca del banchetto delle leccornie. Non l'avevo mai cercato in vita mia, ed ora sono qui a percorrere la via decorata da tiri al bersaglio e 'pesche dei cigni' proprio come da bambina sognavo di vincere il mastodontico pupazzo di Pikachu o Piplup.

La gente sorride come se questa notte fosse eterna, come se la felicità lo fosse. Ma spesso la vera felicità è accasata nel dolore perché siamo realmente consapevoli di ciò che viviamo che lo viviamo fino all'ultimo istante nella speranza che finisca, mentre la felicità non la riconosciamo mai, la diamo per scontata supponendone l'eternità ma silenziosa ed inesorabile termina lasciandoci faccia a faccia con la realtà. Ed è la prima volta dopo molto tempo che ho capito cosa sto realmente vivendo ora, proprio nel momento in cui ho visto diventar carne la stessa scena di alcune settimane fa, tante settimane fa.

Una notte all'alba dell'estate in cui il mio mondo è cambiato.

Una notte al crepuscolo dell'estate in cui sul mio corpo lo stesso mondo è crollato.

Tra mille persone riconoscerei il suo volto, e tra milioni il suo stile. Ma la scena che mi si para davanti è come un dejà vu, solo che lei è il mio opposto: alta, mora, con occhi color pece.

Ciò che accadde la notte in cui le nostre vite sono cambiate stava succedendo qui davanti a me, da protagonista sono diventata spettatrice, di uno spettacolo che forse ha chiuso uno dei più lunghi capitoli della mia vita: lui che da dietro l'abbraccia, lei che si gira, i loro nasi si sfiorano e le loro iridi che si incastrano e poi per un tempo indefinito rimangono li incastrati per poi baciarsi.

Lui che la stringe.

Lei che lo stringe.

E tutto tra noi ebbe così fine.

Forse.a morsa al petto, un dolore incessabile, una rabbia che avrebbe potuto rendermi autrice di un omicidio.

Amavo Pope. 

Pope non amava me.

Questa era la mia pena.

Corsi verso l'auto come una dannata, ma lui mi raggiunse, mi sbatte contro essa, e mi intrappolò tra il suo corpo ed il mezzo.  Mi bastò guardarlo negli occhi per dimenticarmi di tutto e baciarlo, baciarlo con bisogno, foga e sentimento.

Quella notte tornai a casa mia con lui e sul divano fondemmo le nostre carni, ed io nel cuore conservavo ancora una fiammella di speranza, una fiammella che di lì a breve sarebbe morta. 

Ma ancora non lo sapevo.


Lift up - ImpossibleDonde viven las historias. Descúbrelo ahora