Capitolo 55: Ecografia

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The new Project blog, Family: aggiornamento n° 40, 1 settembre 2023

30 agosto 2022

Le lacrime minacciano di solcare il mio viso e lente ed inesorabili iniziano a rigarlo, cammino a passo svelto, indossando i Ray-Ban per nascondere gli occhi arrossati dal pianto. Scanso velocemente le persone che mi ostacolano il cammino, ed aumento il passo man mano che mi avvicino a casa. Per fortuna non ho una pancia pronunciata e posso mantenere i vecchi ritmi di camminata e neanche in due minuti sono nell'androne del condominio. Mi libero dell'anziana che vive al piano di sopra e del suo demoniaco cane, che mi ha attanagliata iniziando a ciarlare riguardo alla turnazione per irrorare il giardino mentre il suo dannato Chihuahua continua ad abbaiare. Non so chi sia più antipatico tra i due. Apro la porta e la richiudo sbattendola, in faccia all'anziana, per poi scivolarci lentamente contro fino ad arrivare a ridosso del pavimento.

Tolgo gli occhiali, butto la testa in avanti sulle mie ginocchia raccolte al petto, inizio a praticare respiri profondi al fine di rallentare i battiti del cuore, e non mi ero neanche accorta della loro accelerazione ed ora ho paura. Dopo anni di attacchi d'ansia, ogni volta che il cuore batte forte ho sempre paura di rivivere quell'incubo, oltre al fatto che gli aumenti di ansia e rabbia non fanno bene al piccolo, ed io sono sempre più nervosa.

<<Tutto okay?>> sussurra qualcuno sedendosi in terra accanto a me, di solito riconoscerei chi è; ma adesso non ne ho la forza. <<Diciamo>> rispondo voltandomi e trovando Elis <<Diciamo, diciamo>> ripeto guardando gli occhi color caramello della ragazza che conosco da così tanto tempo che ormai potrei leggere nella sua mente ciò che sta per dire.

<<Racconta>> incalza con tono dolce e materno, se così può essere descritto, ma comunque è il suo modo per dirmi 'sfogati non avere paura non ti giudicherò'.

È proprio dai miei genitori, che io non volevo giudizi.

Giudizi su di me, su Pope o sulla gravidanza. Volevo solo dei genitori comprensivi; ma spesso la famiglia di sangue è il nostro più grande carnefice. Credo di averlo imparato col tempo.

<<Solito>> sospiro avvertendo i battiti rallentando progressivamente ad agio <<Sono una puttana ed ho in grembo un aborto e sono troppo giovane sai ho bruciato la mia carriera>> spiego in tono monocorde e apatico <<Un aborto che ha in grembo un aborto>> mi definisco con le loro stesse parole <<Ha il suo non so che di umoristico sai?>> domando ridacchiando sarcasticamente ripetendo le stesse parole pronunciate da mia madre.

In verità dovevo aspettarmelo, non accetteranno mai che il loro nipote o la loro nipote sia mezza straniera, o tanto meno una mia liaison con qualcuno che non rientri nei loro ottusi canoni razzisti di conservazione del genoma famigliare.

Le persone difficilmente cambiano. Ed io ho nuovamente intaccato le loro aspettative, macchiando in un certo qual modo, nel loro pensiero contorto, la loro di sangue puro.

Rimango lì a parlare con Elis, seduta sul pavimento dell'ingresso, finché il padre della mia creatura ed il nostro migliore amico non vengono a spezzare la bellezza del momento, che può richiamare alla memoria dei molti quando da piccole le bambine giocano a mamma e figlia solo che la cosa ora è più reale, soprattutto con Pope che mi ricorda dell'appuntamento con la ginecologa, che potrei essermi scordata nel turbinio di eventi.

Come un razzo mi precipito in camera a cambiarmi e se c'è una cosa che desidero in questo istante: è stare comoda.

Apro l'armadio e afferro un completo costituito da un top monospalla nero, con un cut-out sulla spallina che si prolunga fino al seno, e da un paio di leggings neri lucidi.

Lift up - ImpossibleOnde histórias criam vida. Descubra agora