19 - @ilTronoDelMuori

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Morgan odiava il mondo

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Morgan odiava il mondo.

Ovunque i suoi scuri e torbidi occhi volgevano non scorgeva la minima bellezza che giustificasse la sua esistenza.

Come faceva il mondo ad essere così sporco e disgustoso? Quale mente contorta e priva del minimo gusto estetico poteva creare tanto orrore? Fanghiglia, terra e rottami.

Lui stesso si sentiva come tale e probabilmente era nato da un mucchietto informe di terra bagnata.

Si aggirava borbottante per le strade di cemento bucato e ringraziava la sua prontezza nel saper scorgerle prima di rompersi una caviglia o spaccarsi il naso come spesso accadeva ai suoi amici.

Detestava quelle strade costantemente cosparse di polvere rugginosa che al vento si sollazzava in una foschia fastidiosa, depositandosi ovunque, sugli edifici, i tetti, sulla pelle e dentro i polmoni, ma nessuno ci faceva più caso. Nemmeno lui si chiedeva se fosse sempre stato così.

Quando pioveva però, era forse anche peggio. La polvere diventava fango. Una poltiglia densa che rendeva difficile il passo, sporcava, otturava la pelle se finiva addosso, oltretutto era assai scivolosa e cadere era davvero inevitabile.

L'acqua non sapeva pulire un bel niente, anzi... essa stessa era torbida. Non sapeva essere pura come veniva descritta nelle vecchie e consunte pagine ingiallite di alcuni pomi.

Morgan si chiedeva spesso come poteva un mondo del genere provenire da un pianeta rigoglioso e colorato come si vedeva nelle immagini di quei volumi raccattati in depositi abbandonati.

Aria fresca... quel che poteva dire dell'aria che respirava era l'esatto opposto del termine: era qualcosa che sapeva di fogna e pesce marcio.

Passeggiava pigramente tra gli scheletri di strutture, attraversando sbiadite strisce e semafori spenti che pendevano su bracci metallici che prima o poi sarebbero collassato sul cranio di qualche disgraziato ammazzandolo.

C'erano certi edifici che pretendevano di essere definiti tali solo per il pretenzioso motivo di essere ancora in piedi e intatti. Sembrava che a nessuno importava di morire, neanche se la morte si fosse presentata sotto la sua più truce e crudele veste.

Ognuno sperimentava il suo appuntamento con lei nei modi più svariati ed originali e il più delle volte finiva solo in una miserabile prigionia in un corpo sfasciato, tra fratture e patimenti, perché buona parte dei cervelli superstiti non sapeva organizzare un suicidio degno del termine.

Scalciava un barattolo arrugginito sfuggito a chissà quale rimasuglio di cassonetto, per avere un punto su cui focalizzare i suoi occhi, fissi a guardare il marciapiede piuttosto che incrociare il muso sporco di qualche suo simile.

Sfida di scrittura creativa 1.0 (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora