56. "Provaci per me."

976 36 0
                                    

Autumn

Stavamo camminando da un po' di tempo ormai, con meno decisione ora, sebbene Harry sembrasse avesse accelerato il passo, quasi eccitato. Alla fine dovetti mettere giù Raine, perchè le nuvole scure sopra le nostre teste sembravano essere svanite e aveva iniziato a indicare ogni casa che superavamo, raccontando una storia a squarciagola, dritto nelle mie orecchie, con le mani che si muovevano, le gambe che calciavano e mi era sempre più difficile bloccarla. Quindi ora stavamo camminando entrambe, con una mano nella mia e l'altra che indicava i suoi posti nascosti preferiti, dove nessuno riusciva a trovarla perchè era così intelligente, piccola e leggera. Non potevo fare a meno di sorridere mentre ascoltavo la sua leggera zeppola e parlantina, grata che il peso sulla sua giovane anima fosse scomparso per ora.

"Dove stiamo andando, Harry?" accellerai leggermente il passo per stargli dietro, chinandomi in avanti così che riuscissi a sussurrarglielo nell'orecchio, senza interrompere il persistente discorso di Raine. Lui inclinò la testa leggermente, un sorriso crebbe sulle sue labbra. Metà del suo viso era all'ombra, dato che la luce della luna non riusciva a raggiungerlo, il lato nascosto. Ma l'altra metà era così chiara, così luminosa, che quasi brillava da sola. I suoi occhi sembravano più scuri nella luce notturna; come una foresta piena di alberi, con piante e foglie e scappatoie. Mi sembrava come se se lo avessi fissato a lungo, mi ci sarei persa. Ma lui mi avrebbe trovata. Lo faceva sempre.

"Ci siamo quasi."

"Non per essere rude, ma Raine mi sta mangiando viva le orecchie parlando." lui rise, così liberamente, rumorosamente, come se ridere fosse la cosa più facile al mondo per lui. Raine ci guardò, scrollando le spalle, prima di ritornare a parlare di qualsiasi cosa stesse parlando. Avevo smesso di ascoltarla da un po'. Non potei fare a meno di sorridere, sentendo il cuore pompare contro il petto, come se mi stesse chiedendo di farlo di nuovo, di farlo ridere di nuovo così.

"Siamo arrivati." annunciò, allontanandosi di corsa mentre indicava una zona vuota e sporca, con bottigliette vuote, gomme e scatole di diverse dimensioni. Aggrottai la fronte confusa, ma poi lui si portò le mani alla cintura, prendendo due pistole.

"Cosa stai facendo?"

Raine aveva lasciato la mia mano, vagando in giro curiosamente, misurando la sua altezza vicino gli scatoli. I miei occhi seguivano i movimenti di Harry. Lui non mi avrebbe portata qui per uccidermi, soprattutto non davanti Raine. Non avrebbe ucciso neppure lei. O se stesso. Oh Dio. E se fosse stato il suo modo per porre fine alla sua vita e ci avesse portato qui per l'ultimo saluto? Avrebbe portato anche sua madre, e i suoi amici. Non avrebbe portato Raine. Non le avrebbe fatto questo.

Sentii il panico attraversarmi, mentre Harry continuava ad ignorare la mia domanda, come se non avessi mai parlato. Non potevo essere sicura l'avessi fatto. Non ero sicura di niente. Le mani iniziarono a tremarmi e le gambe ad indebolirsi, e avevo quell'orrenda sensazione allo stomaco che era talmente pesante e nauseante che quasi vomitai.

Harry allineò le gomme, poggiando sopra alcuni delle bottigliette e su altre gli scatoli, a volte metteva una bottiglietta sopra una scatola per creare altezza. Non capivo cosa stesse facendo, finchè non mi mise una pistola in mano, sorridendomi calorosamente, come se avesse reso le cose migliori. Per la prima volta, non fu così. Non poteva. Perchè la pistola sembrava mi stesse scavando un buco nella mano tremante.

Harry Harry si chinò per riprenderla e io indietreggiai. Mi sentivo attaccata. Mi sentivo presa in giro. Provavo un sacco di cose che non avevano senso. Non volevo provarle, ma erano lì, più travolgenti di sempre.

"Devi ritornare ad usarle, Autumn. Non puoi aver paura di usare le armi per sempre." ragionò Harry, ma io scossi semplicemente la testa, continuando a indietreggiare, come se la vicinanza di Harry in qualche modo mi facesse male.

"Non voglio farlo." dissi con voce strozzata, voltandomi, ma Harry si lanciò in avanti, stringendomi il braccio e tirandomi a sè.

"Non può farti male. La pistola non può farti del male, Autumn."

"Tu non capisci. Io non posso. Non voglio farlo." lottai per liberarmi con tutta la volontà, ma anche in salute non ci sarei mai riuscita con Harry. Mi teneva ferma, lo sguardo intenso, la presa ferma, ma mai sgarbato.

"Non posso proteggerti per sempre, Autumn. Non posso preoccuparmi ogni volta che c'è una minaccia. Non voglio che ti succeda di nuovo qualcosa di brutto. E non lascerò che accada. Ma non posso fare da solo. Ho bisogno di sapere che se dovesse succedere qualcosa e io non ci sono, allora tu sarai in grado di combattere. Ho bisogno che tu lo faccia." mi parlava così teneramente, come se la sua voce potesse distruggermi come un bicchiero di vetro. In quel momento mi sentivo così debole.

"Ho paura, Harry." poggiai la testa sul suo petto, troppo pesante da sopportare. Lui mi circondò la vita con un braccio, l'altro che manteneva ancora la pistola.

"Anch'io."

"Davvero?" sollevai lo sguardo, ma non la testa, incrociando il suo sguardo gentile, mentre annuiva.

"Tutto di te mi spaventa a morte." sorrisi un po' e anche lui, ma l'atmosfera era ancora troppo pesante, troppo affollata dalle paure, dalle preoccupazione e dai dubbi.

"E se- e se perdessi di nuovo? Perdessi me stessa? E se diventassi cattiva e andassi in giro a uccidere, portandomi tutti dietro?"

"Tu pensi di poterci fare fuori? Sei un po' piena di te." il suo tono era sarcastico, stava cercando di renderlo ironico, e, ancora una volta, sorrisi, dandogli una leggera spinta sul petto, ma lui non si allontanò mai. Non mi lasciò mai andare.

"Non voglio fare di nuovo del male a qualcuno, Harry. Non voglio fare del male a te." uscì dalle mie labbra prima che potessi realizzare quanto fosse vero. Certo, non volevo danneggiare il mondo, ma soprattutto lui. Lui era quello per cui avevo più paura.

La mano poggiata sulla mia vita, lentamente si posò sulla mia guancia, mentre sfiorava le ferite e i graffi in via di guarigione. Non potei fare a meno di avvicinarmi a lui. Avevo bisogno di lui. Non avevo mai avuto bisogno di qualcosa o qualcuno, ma non potevo fare a meno di lui. Lui mi teneva ancorata a terra, intregra.

"Non lo farai. Per favore, provaci per me."

Sapevo che non mi avrebbe obbligata a fare qualcosa che non volevo fare. Sostenni il suo sguardo ed esso brillava speranzoso, ma allo stesso tempo era stanco. I suoi occhi erano pieni di amore, affetto, orgoglio, preoccupazione e cose a cui non riuscivo a dare nome, figuriamoci a capirle. Con mani tremanti e una nuova confidenza riscoperta, misi la mano sulla sua, prendendo la pistola. Il suo sorriso crebbe immediatamente, mentre mi spostava nella giusta distanza tra me e gli obiettivi.

Diede a Raine la pistola più piccola, mettendola in modalità manuale con proiettili finti, dicendole semplicemente di puntare e sparare ovunque tranne che a noi o a qualisiasi cosa avrebbe fatto volare il proiettile indietro di riflesso. Non avrebbero fatto tanti danni, ma potevano lasciare brutti graffi mi disse Harry, che sembrava parlasse per esperienza.

Poi Harry mi fece allungare il braccio all'infuori, col suo petto che sfiorava appena la mia schiena, ma la sua presenza era più forte del solito. Lui era lì, ad ogni passo, a insegnarmelo come se fosse la prima volta che tenevo in mano una pistola. Per un po', così mi smebrò. Ma ogni volta che le mie mani tremavano troppo forte, Harry le stringeva, come a dirmi che lui era ancora lì e anch'io, e non saremmo cambiati. A quel punto respiravo meglio, mi raddrizzaco e sparavo più accuratamente. E se non era così e avevo troppa paura, allora andava bene lo stesso.

Rupture [h.s. - italian translation]Where stories live. Discover now