52. "Stringimi soltanto."

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Harry

"Penso andrò alla clinica da solo." disse Liam, sorridendo debolmente. "Penso tu abbia di meglio dove andare. Ci impiegherò un'ora circa. Forse di più. Va da lei. Parlare. Probabilmente ne avete bisogno entrambi." mi diede un pacca sulla spalla, annuendo, prima di allontanarsi.

Rimasi fermo lì, senza sapere cosa fare di me stesso. Era successo tutto così velocemente. Scoprirla. Amarla. Perderla. Tornare da lei, ma a pezzi. Lei, che mi distruggeva. Io, che distruggevo lei. Era come se fosse successo tutto in pochi minuti, ma allo stesso tempo era come se fosse passata una vita. E ora dovevo vederla e cercare disperatamente di non vedere gli occhi di mio padre invece dei suoi. Dovevo stare in sua compagnia senza provare la necessità di ferirla, di spezzarla, come aveva fatto involontariamente con me. Dovevo toccarla, ma non con troppa forza, altrimenti si sarebbe aperta una voragine dentro di me, e forse anche in lei. Dovevo tenere sotto controllo quella tempesta che si risvegliava in me ogni singola volta che le ero vicino. Dovevo imparare ad amarla di nuovo. Sebbene sembrasse che non avessi mai smesso. Non aveva assolutamente senso.

Presto mi trovai davanti la porta della camera di Zayn e sentii urla e suppliche d'aiuto mentre mi poggiavo alla porta con tutta la volontà. Dovevo andare da lei. Dovevo proteggerla. Cazzo, cosa stava succedendo? La porta resistette all'inizio, ma la frustrazione alimentò la mia forza cieca mentre la colpivo un'ultima volta con la spalla. Sentii le ossa scricchiolare, ma il legno cedette e si aprì finalmente la porta. Corsi dentro, trovandola su un letto sconosciuto che si girava, calciava e urlava. Le lacrime colavano lungo il viso, il sudore le copriva la fronte, mentre urlava. Una parte di me voleva lasciarla soffrire. Il solo pensiero mi addolorò.

Mi obbligai a muovermi, fermandomi accanto a lei e scuotendola leggermente, la mia bocca si rifiutava di dire ad alta voce il suo nome, come se in qualche modo avrebbe rotto la promessa che mi ero fatto, di non chiamarla più per nome. Le spostai i capelli dal volto, toccandole con attenzione la pelle. Fu strano, perchè mi sarei aspettato che le mie dita si spezzassero sotto la pressione. Mi aspettavo un'ondata di qualcosa di inspiegabile correre in me e affondarmi. Ma non successe niente. Lei non era lì per torturarmi. Lei era semplicemente lì, che lottava per svegliarsi mentre l'incubo la divorava, lasciandole sicuramente i marchi.

Ricordai la notte in cui mi raccontò dell'omicidio di sua madre e di come si era ricordata del ruolo di suo padre in tutto ciò. Era così stressata, così impaurita da come l'incubo riuscisse a diventare realtà e non sapeva dire quale versione fosse peggio. Mi sedetti a cavalcioni su di lei, con le gambe lungo i suoi fianchi, mentre la stringevo per le spalle e iniziò a scuoterla per svegliarla.

Finarlmente. Dio, finalmente i suoi occhi iniziarono ad aprirsi. In allerta, spalancati e spaventati. Come se quell'improvvisa porzione di realtà l'avessero scioccata. Battè le palpebre, trattenendo il fiato, come se stesse ancora annegando in qualsiasi mare in burrasca l'avesse trattenuta nei suoi osgni. Continuai a toccarla, aspettandomi che mi distruggesse, ma non successe mai.

"Harry." sospirò. La prima parola che riuscì a dire fu il mio nome. Il primo respiro che era riuscita ad esalare era stato dedicato a me. Sorrisi, nonostante tutti i miei tentativi a non farlo.

"Autumn."

Fu così facile. Così naturale e semplice. Non riuscivo più a trattenerlo. Era come se avessi ordinato ai miei polmoni di non assorbire più aria, però sapevo di aver bisogno di aria e l'atmosfera ne era piena. Tuttavia, avevo vietato l'entrata di tutta l'aria del mondo ai miei polmoni. Ma ora, stavo finalmente respirando di nuovo. E Autumn fu la prima boccata d'aria fresca che prendevo dopo tanto tempo. Era così bello essere capaci finalmente di respirare, e non avevo il peso che gravava su di me.

"Sei qui. Perchè sei qui? Sto ancora sognando?"

Risi un po'. Non ridevo da tanto tempo, mi ero dimenticato di poterlo fare. Mi ero dimenticato come ci si sentisse. Mi ero dimenticato di poter amare tutto questo. Autumn me lo aveva ricordato. Non sapevo come sentirmi al riguardo.

"Non stai sognando, no."

"Sei davvero qui? Perchè?"

Scrollai le spalle, perchè non lo sapevo. Lei stava bene. Lei era al sicuro. Non c'era niente di sbagliato in lei. Comunque ero qui, sopra di lei, ad assicurarmi che non scivolasse via, incapace di muovermi, di allontanarmi. Ero ancora spaventato. Di lei. Per lei. Non riuscivo a dirlo.

Prosciugato dalla sua mancanza e dall'averla vicina, poterla toccare e sentire, semplicemente esistere accanto a lei, crollai accanto a lei, lasciando un paio di centimetri tra noi, nel tentativo di recuperare la mai sanità mentale che lentamente lei stava eliminando. Riuscivo a sentire il suo respiro tornare lentamente alla normalità e mi chiesi se la mia vicinanza le fosse stata d'aiuto, come la sua faceva sempre con me.

"Cosa diavolo stiamo facendo, Autumn?"

"Non lo so. Cosa vuoi che facciamo, Harry?"

Girai la testa, perdendo fiato leggermente perchè, Dio, era bellissima. Così bella che faceva male. Faceva male perchè la amavo. Faceva male quando non la amavo. Faceva sempre male. Tutto faceva male.

"Voglio...voglio solamente dormire."

"Possiamo farlo." annuì, avvicinandosi a me, solo un poco, ma io mi voltai, dandole le spalle, mentre avvicinavo il mio corpo finchè il suo petto non riscaldò la mia pelle e l'aria che espirava colpiva la mia nuca. Mi circondò con le braccia, stringendomi a sè, e non avrei mai pensato fosse possibile. Intrecciò le sue gambe alle mie e, in quel momento, eravamo una cosa sola.

"Non voglio più essere arrabbiato. Non- non voglio questo." sentii il mio corpo tremare leggermente sotto il suo tocco e non sapevo se ero io ad aver raffreddato tutto, o il mondo. Forse entrambi.

"Hai il diritto di essere arrabbiato, Harry. Sei autorizzato a provare un po' di rabbia. Nei miei confronti. Nei confronti della vita. Va bene."

"Fa così fottutamente male essere arrabbiato con te, però. Fa male più di tutto." scossi la testa. O forse non lo feci. Non riuscivo a dirlo. Tutto tremava a causa della tempesta dentro di me. Sebbene potessi percepire una porzione di conforto, sapendo di essere finalmente tra le sue braccia. Lei era finalmente di nuovo vicina a me. Potevo finalmente lasciare che la sua fiamma e la mia ci bruciasse entrambi vivi e dare il benvenuto a qualsiasi cenere avrebbe lasciato dietro.

"Allora non esserlo. Per favore, non essere arrabbiato con me. Per favore, non odiarmi. I-Io non lo sapevo. Io non volevo. Vorrei poter cambiare tutto. Vorrei non averti fatto tutto questo. Io-"

Riuscivo a sentirla tendersi contro di me, tremando per qualcosa di diverso da ciò che aveva scosso me. O forse, non così diverso. Non riuscivo a tenere integro me stesso, figuriamoci lei. Quindi le presi la mano nella mia, stringendola ancora di più a me, completamente e pineamente annegando nella sua presenza.

"Shh. Stringimi soltanto. Per favore, stringimi soltanto, Autumn."

E lo fece. Non sapevo chi ne avesse più bisogno, ma riuscii a sentire i pezzi tornare lentamente al loro posto e non sapevo se fossero i miei o i suoi. Non riuscivo più a distinguerli. Eravamo entrambi così dannatamente distrutti. Ed eravamo distrutti insieme.

Riuscivo a sentire il buco fatto di oscurità senza fine nel mio cuore farsi più piccolo, più luminoso. Riuscivo a sentire il freddo abbandonare lentamente il mio corpo, rimpiazzao dall'amore che provavo per lei; l'amore che mi ero rifiutato di riconoscere da quando avevo deciso che odiarla era più semplice. Non lo era. Amarla era la cosa più facile al mondo e più me ne allontanavo, più tutto sembrava diventare difficile. Sentivo il peso posarsi su entambi ora e, sebbene, nessuno dei due riuscisse a sopportare il proprio fardello, potevamo affrontarlo insieme. Perchè la amavo. E lei amava me. Ed era stato quello stesso amore a spezzarci. E poi a farci rimettere insieme.

Rupture [h.s. - italian translation]Where stories live. Discover now