20. "I sentimenti sono per i deboli."

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Autumun

Ero arrabbiata.

Non sapevo perchè, ma ero furiosa.

Ero arrabbiata per aver lasciato quel bagno, sapendo che lui a malapena riusciva a reggersi, ma ero incapace di lottare ulteriormente contro di lui. Ero arrabbiato per aver riso alla sua stupida battuta, dopo averci fatto cadere entrambi a terra in un caos aggrovigliato. Ero arrabbiata perchè lui anora non sapeva perchè io fossi arrabbiata, e aveva avuto l'audacia di chiedere. Ero riuscita a rimanere arrabiata quando si era svegliato il giorno successivo; lui, apparentemente addolorato e irritato, e io, indolenzita ovunque, dovuta alla sedia piuttosto scomoda su cui avevo dormito.

Aveva dormito a petto nudo, notai, probabilmente perchè mettersi una maglietta richiedeva troppo sforzo e io ero arrabbiata con lui per ciò, perchè aveva una corpo fottutamente perfetto e mi faceva incazzare. Ero ancora arrabbiata quando con riluttanza mi chiese se volessi andare a pattugliare con lui, cosa che accettai con noncuranza.

Lo aiutai a indossare la sua solita maglia nera, non ci fu nemmeno una parola tra di noi, mentre lui indossava i pantaloni, con grande difficoltà. Mi lanciò una t-shirt bianca senza maniche e un paio di pantaloncini puliti. Mi cambiai, pettinandomi i capelli con un pettine che trovai nel bagno, prima di uscire, annunciando di essere pronta ad andare. Aveva un piccolo pezzo di stoffa in mano e, in qualche modo, riuscì a trasformarla in una delle sue bandane, prima di uscire dalla stanza, i suoi occhi che non incrociarono mai i miei, cosa per la quale ero grata.

Anche lui era arrabbiato, ovviamente, dal momento che la sua mandibola perfettamente creata era serrata, la fronte aggrottata in un innegabile cipiglio, mentre teneva la testa alta, il mento alto in modo orgoglioso. Notai zoppicava leggermente, ma scelsi di lasciar stare dal momento che non avevo voglia di iniziare una conversazione con lui. Ero arrabbiata, per l'amor di Dio. La gente gli sorrideva, inchinandosi leggermente, alla quale lui sorrideva in risposta, prima di alzare gli occhi al cielo alla loro azione esagerata in segno di rispetto. Non gli piaceva tanto quanto avrebbe dovuto, notai.

Superammo la clinica, trovando il loro dottore, Dick o Slick, in piedi, con le braccia dietro la schiena, che sorrideva affettuosamente all'enorme scenario davanti a sè.

"Oh, Harry, stai bene? Ieri ti avevo detto che eri ferito." il dottore camminò verso di noi, poggiando una mano sulla spalla sana di Harry.

"Sto bene. Non è brutto come sembra." mentì, con un sorriso grazioso sulle labbra.

"Chi ti ha rimesso a posto? Perchè non sei venuto da me?"

"Non ne valeva la pena, non era un gran problema, onestamente." scelse di ignorare la prima domanda, di cui gli ero grata, dal momento che non volevo che venissero a sapere che avevo aiutato il mio bersaglio, che era anche la più grande minaccia per la mia gente.

"Una spalla dislocata, huh? E il naso, cos'altro?"

"No, solo questo." durante la conversazione, il dottore non fece segno di accorgersi della mia presenza e io mi trovai a guardare le reazioni di Harry con la coda dell'occhio. Si teneva in piedi potente, orgoglioso, ma mai in modo scorretto, dovevo ammetterlo.

"Louis mi ha portato delle provviste, se hai bisogno di qualcosa per il dolore dimmelo."

"No, è sopportabile." mentì, di nuovo, dal momento che sapevo che a malapena era riuscito a dormire la notte scorsa. Il dottore gli fece un piccolo cenno, prima di permetterci di superarlo. Harry ricominciò a camminare, questa volta nascondendo un po' meglio la sua andatura zoppicante, probabilmnte per non provare che le supposizioni del medico erano corrette. Sorrisi deliberatamente, scuotendo la testa, mentre seguivo i suoi passi accelerati.

Rupture [h.s. - italian translation]Where stories live. Discover now