The one where Ermal's soulmate is patient

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Ermal sbuffò mentre riguardava il video che aveva condiviso tra le sue Instagram Stories qualche ora prima.
Gli avevano chiesto come dovesse essere la sua donna ideale e lui, di getto e senza nemmeno rifletterci, aveva risposto che doveva essere paziente. Era la prima cosa che gli era venuta in mente, forse perché Silvia per anni lo era stata - cosa per cui Ermal le era profondamente grato - e a un certo punto aveva smesso di esserlo.
Non poteva nemmeno biasimarla, in realtà.
Un po' il lavoro che lo costringeva spesso a stare lontano da casa, un po' il suo carattere tutt'altro che semplice da gestire...
A conti fatti, non poteva incolpare nessuno se dopo un po' le persone con cui stava perdevano la pazienza.
Avrebbe davvero desiderato, prima o poi, trovare qualcuno che non si stancasse di essere paziente, che lo sopportasse anche quando le cose diventavano difficili.
Anzi, in realtà era convinto di aver già conosciuto quel qualcuno ma anche solo pensare una cosa simile lo terrorizzava.
Quello con Fabrizio, era sempre stato un rapporto tutt'altro che limpido.
Dalla sera in cui erano stati quasi squalificati al Festival di Sanremo, le cose tra loro erano diventate più intime.
Ermal all'inizio non aveva nemmeno saputo bene come spiegarlo. Sapeva semplicemente che non riusciva più a considerarlo solo un amico, che c'era qualcosa di più, eppure allo stesso tempo non aveva mai visto una sfumatura romantica in ciò che c'era tra loro.
Fino alla settimana trascorsa a Lisbona.
A Lisbona erano cambiate tante cose e talmente in fretta che nessuno dei due se n'era reso conto, almeno fino a quando non era stato troppo tardi.
Si erano avvicinati tanto, più di quanto avrebbero mai creduto possibile. Ogni intervista, ogni prova, ogni momento passato insieme li aveva fatti sentire come due studenti in gita scolastica e loro - che la gita non l'avevano mai fatta ai tempi della scuola - avevano fatto tesoro di ogni momento passato insieme. Forse anche troppo, visto che la sera prima della finale si era conclusa per entrambi tra le lenzuola del letto di Ermal.
Il giorno seguente avevano affrontato la cosa da persone mature, decidendo di archiviare quell'episodio come una semplice svolta imprevista, qualcosa che era successo perché si erano lasciati andare un po' troppo e che non sarebbe accaduto mai più.
E così era stato. Non era più successo niente che non fosse puramente amichevole tra loro.
Eppure, nel momento in cui quella sera Ermal aveva descritto la sua donna ideale definendola paziente, non aveva potuto fare a meno di pensare che una persona che corrispondeva a quella descrizione c'era già nella sua vita.
Fabrizio era sempre stato paziente con lui, aveva sempre sopportato i suoi sbalzi di umore, il suo essere permaloso, quel suo modo di fare a volte un po' scontroso di cui spesso nemmeno si rendeva conto. Aveva sempre sopportato tutto pazientemente, facendogli notare i suoi errori ma senza mai farglieli pesare.
Ed era proprio quello che Ermal aveva sempre cercato in una relazione.
Pensare a Fabrizio in quei termini, però, faceva paura. Non solo perché Fabrizio era il primo e unico uomo con cui era stato e aveva archiviato quella piccola parentesi come una semplice sbandata per alleviare la tensione, ma anche perché non aveva idea di cosa provasse Fabrizio. Anzi, era quasi certo che ormai lui nemmeno ci pensasse più a ciò che era successo a Lisbona.
Ma nonostante la paura, sentiva la bruciante necessità di sapere, di avere almeno la certezza di essere l'unico a pensare e provare certe cose.
Dall'altra parte però gli mancava il coraggio.
Perché, insomma, come si fa a chiedere a un tuo collega, un tuo amico, cosa prova per te? O meglio, se ti vede solo come un amico o come qualcosa di più?
E come si fa a chiederlo se, pur essendo praticamente certi della risposta, si continua a sperare che le cose - almeno per una volta - vadano per il verso giusto?
Ermal affondò la testa nel cuscino e chiuse gli occhi.
Forse sarebbe stato meglio restare in silenzio, come aveva fatto nell'ultimo anno.
Forse, almeno per il momento, sarebbe stato meglio non complicare le cose.


La telefonata di Fabrizio, mentre Ermal era ancora in Canada, arrivò all'improvviso e senza che Ermal se la aspettasse minimamente.
Ermal osservò il display del cellulare per un attimo prima di rispondere, stranito dal fatto che Fabrizio lo stesse chiamando - pur sapendo che era impegnato e che avrebbe probabilmente avuto poco tempo per parlare - e soprattutto stranito dal fatto che lo stesse chiamando a quell'ora.
A Toronto erano le 10 del mattino, il che significava che in Italia era notte fonda ed Ermal proprio non capiva per quale motivo Fabrizio avrebbe dovuto chiamarlo a quell'ora.
Un'improvvisa ondata di panico lo colpì al solo pensiero che l'unico motivo per cui Fabrizio avrebbe potuto chiamarlo a quell'ora era che sicuramente era successo qualcosa di grave.
Accettò la chiamata accorgendosi solo in quel momento che le mani gli stavano tremando. "Pronto?"
"Ermal! Ti disturbo?"
La voce di Fabrizio era titubante, come se non fosse davvero sicuro di voler fare quella telefonata, ma sembrava tranquilla e quello bastò a calmare Ermal.
"No, figurati. Tu piuttosto che ci fai sveglio? A Roma non sono tipo le 4 del mattino?"
"Non riuscivo a dormire. Troppi pensieri per la testa" disse Fabrizio.
Ermal sorrise sentendosi sinceramente commosso all'idea che in quel momento il primo pensiero di Fabrizio fosse stato telefonare proprio a lui.
"Vuoi parlarne?" chiese Ermal.
Fabrizio sospirò. "Vorrei, ma non credo sia giusto parlarne al telefono."
Ermal aggrottò la fronte confuso. Doveva essere qualcosa di serio se Fabrizio non voleva parlarne al telefono.
"È successo qualcosa?" chiese.
"Niente di grave. È solo una cosa che mi gira nella testa da un po', ma non è giusto per nessuno dei due parlarne al telefono" rispose Fabrizio.
Quindi era qualcosa che riguardava entrambi, concluse Ermal tra sé e sé. Qualcosa di importante, se Fabrizio non voleva parlarne al telefono.
"Bizio, sai che puoi dirmi tutto."
"Lo so, ma davvero Ermal, non è giusto parlarne al telefono. Fidati di me. Appena ci vediamo ti dico tutto. E anzi, scusa se ti ho disturbato così, senza motivo."
"Ma ti pare? Non mi disturbi mai, lo sai benissimo" rispose Ermal sincero. Fabrizio avrebbe anche potuto svegliarlo in piena notte per parlare di qualsiasi cazzata ed Ermal sarebbe stato felice di chiacchierare con lui. Non sarebbe mai stato un disturbo.
"È che avevo bisogno di sentirti. Mi fa bene sentire la tua voce" disse Fabrizio a bassa voce, quasi come se volesse confessare un segreto e allo stesso tempo non volesse che Ermal lo sentisse.
Ermal si premette il telefono contro l'orecchio, quasi illudendosi che così lo avrebbe sentito più vicino.
"È lo stesso per me" sussurrò.
"Davvero?"
Ermal annuì poi, rendendosi conto che Fabrizio non poteva vederlo, disse: "Sì. È sempre stato così, da quando ci conosciamo."
"Mi fa piacere sentirtelo dire" disse Fabrizio.
Ermal era sicuro che in quel momento Fabrizio stesse sorridendo imbarazzato, quasi incredulo che qualcuno davvero si sentisse bene solo grazie alla sua voce.
"Sei sicuro che non vuoi parlarne? Qualsiasi cosa ti preoccupi, puoi parlarne con me, in qualsiasi momento" disse Ermal, tentando di offrigli di nuovo la possibilità di sfogarsi.
"È meglio se te ne parlo di persona, davvero."
"Sai che ci vorrà un po'."
Fabrizio sospirò.
Lo sapeva benissimo. Sapeva che Ermal aveva deciso di approfittare del concerto in Canada e della pausa - che finalmente sarebbe iniziata subito dopo - per fare quel viaggio negli Stati Uniti che sognava da sempre. Sicuramente sarebbe passato un po' di tempo prima del suo ritorno in Italia e ancora di più prima di riuscire a organizzare un incontro con lui, ma Fabrizio non poteva fare altrimenti.
Quello non era un argomento che voleva affrontare al telefono.
"Lo so, Ermal. Ma non c'è problema. Posso aspettare."
Io no, avrebbe voluto rispondere Ermal ma rimase in silenzio.
Non era il caso che Fabrizio sapesse che in quel momento sentiva la sua mancanza e che l'unico motivo per cui voleva tornare in Italia era proprio lui.
"D'accordo. Allora appena torno ti chiamo e ci vediamo, va bene?"
Non andava bene, non davvero.
Fabrizio si portava dietro quel peso da troppo tempo ormai e sentiva il bisogno di disfarsene.
Ma in quel momento, l'unica cosa che potè fare fu annuire e rispondere: "Va bene. Ci sentiamo quando torni."

We're all stories in the end - Metamoro one shotsWhere stories live. Discover now