Epilogo

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Una leggera brezza accompagnò il mio ultimo giorno alla Fenice. Era il giorno degli addii: l'erba verde dei prati, dopo quelle lunghe giornate, era messa sotto torchio dal team di giardinieri; sul cardo tronchi di alberi, aghi di pino, valigie e lamiere delle scenografie del Closing si accatastavano senza un ordine preciso. 

I ragazzi che tornavano dall'ultimo allenamento facevano slalom per passare, mentre altri rimanevano in mezzo al viale a parlare per l'ultima volta con i propri compagni, valigie già alla mano. 

Qualcuno si abbracciava, qualcun altro si dava appuntamento a qualche torneo in comune nel calendario della stagione estiva.

Uscii dall'ufficio di Jade con la promessa di risentirci nel weekend. Sapevo che non era finita, anche se tutto intorno a me sembrava suggerirlo. Quel giorno sapeva di addio, ma avevo poco più di una settimana per ricaricare le pile e prepararmi a due mesi intensi. 

Per una volta andava bene così. Ripensandoci, non potevo davvero credere a tutto ciò che era accaduto negli ultimi mesi, ma adesso più che mai dovevo sforzarmi di tenere duro. 

Iniziava una stagione importante per me: stavo per debuttare nel circuito professionistico e avevo voglia di giocarmi quelle WC al meglio. Avevo bisogno di andare avanti, lasciarmi alle spalle quegli eventi che mi avevano stravolto, che mi avevano lasciato indebolita ma mai sconfitta. 

Era quella la sensazione di cui ero più orgogliosa: non solo Giulia, ma tutte le persone che avevano tentato di danneggiarmi avevano fallito, e io ero ancora in piedi. Anche se ferita, anche se con la sensazione di avere ancora dei conti in sospeso con quelle persone, per una volta potevo pensare solo a me stessa, alla mia carriera.

Erano ormai le undici di lunedì mattina. Avevo raccolto le cose essenziali e le avevo riposte nella borsa, ma non avevo molto da portar via. Anche se in pieno giorno la Fenice sembrava innaturalmente vuota. 

La maggior parte della gente che riempiva la Casa aveva partecipato fino a tarda notte al party di chiusura, e molti ancora non erano arrivati. L'Orangery era chiusa e sottoposta ad una estrema pulizia, i bar del primo e secondo piano avevano la maggior parte dei tavoli liberi. 

I visori del bar del piano terra parlavano a vuoto, riproponendo il red carpet della sera precedente. Sentire la mia voce, o chiamare il mio nome mi trasmetteva ancora una stranissima sensazione, ma rivedere quelle immagini, notare i miei progressi, non poteva che rendermi felice. Non riuscivo a credere ai passi avanti che avevo fatto, me ne rendevo conto solo in quel momento.

- Ciao Capuano, io sto andando – Orlando sbucò dai campi A e si avvicinò per salutarmi, schioccando un bacio sulla guancia. Rimasi immobile.

- Salutami Bells – dissi. Stava già partendo per la Gran Bretagna. La squadra italiana avrebbe giocato lo spareggio di Coppa Davis in Scozia e lui era stato convocato per allenarsi con la squadra, sperando in una convocazione come riserva.

- Non è stato convocato Bells. Gioca Williams.

- Oh, non lo sapevo. E allora salutami Ale, credo che abbia iniziato la prima prova da un po'.

- Penso che lo vedrai prima tu di me - Mi guardò ancora con sufficienza, poi levò i tacchi. Si girò dopo qualche passo.

- Sicuro che non tu non voglia un bel bacio d'addio? – disse ancora, facendo una fragorosa risata. Distolsi lo sguardo. – Sparisci!

Lui rise ancora più fragorosamente e si allontanò. Nessuno aveva più parlato di ciò che era accaduto nei campi A il giorno prima, e sperai che quella battuta fosse anche l'ultima. 

Sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare l'argomento prima che quella storia di diffondesse. Le sorprese la notte del Closing non erano finite, e la nostra coppia si era così distinta in torneo, dicevano, che avremmo senza dubbio ottenuto un invito alla Hopman Cup se avessimo continuato così. 

La Fenice #1 [La Fenice Series]Where stories live. Discover now