XLIX. - Vendetta

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Il mio tempismo come sempre non era dei migliori e quando arrivai ai campi Orlando era nel centrale, coinvolto in una partita che non sarebbe finita a breve.

Stava soffrendo anche se aveva vinto il primo set, ma nel secondo il suo avversario era in vantaggio. 

In quel momento realizzai di non aver ancora fatto la doccia, così decisi di riempire quel tempo di attesa buttandomi sotto l'acqua calda e sperando di allentare un po' la tensione.

Eveline Nephew stava sistemando l'asciugamano nella borsa. Aveva i capelli ancora umidi raccolti in uno chignon e una tuta molto colorata da cui spiccava il simbolo della sua accademia.

All'inizio non disse una parola, poi senza mezzi termini mi chiese: - Ti va di tirare due colpi domani? -

Quella ragazza era schietta e non credevo le importasse molto l'opinione degli altri, ma con quei gesti non smetteva di stupirmi.

Non potevo avercela con lei solo perché mi aveva battuto, ma la prospettiva di riscaldarla prima delle semifinali non mi faceva impazzire di gioia. 

Allo stesso tempo sapevo che quello era proprio ciò di cui avevo bisogno. Dovevo concentrarmi sul tennis e smettere di pensare a ciò che accadeva intorno.

Forse Ale aveva ragione: mi dispiaceva per Ivan, ma in fondo lui era stato il primo ad ingannarmi. Un mio intervento non avrebbe fatto altro che aggravare la situazione. 

Era Orlando il problema: non era stato corretto da parte sua agire così anche se per una giusta causa. E in più Eveline era molto forte, avrei senz'altro investito bene il mio tempo.

Senza pensarci accettai, poi mi buttai in doccia, cercando di pensare ad un discorso efficace per affrontare il mio compagno di squadra.

In mezz'ora di doccia nulla di interessante sfiorò la mia mente, per cui come sempre optai per l'improvvisazione.

Una volta uscita dallo spogliatoio, con il solito paio di jeans e una giacca della Fenice pulita, l'occhio cadde sulla tendina gialla che era stata lasciata aperta. Era proprio un vizio, allora.

Mi avvicinai per chiuderla, quando notai una cosa. Davanti a me, appesi sulla panchina di legno e all'appendiabiti, c'erano le cose di Orlando.

Riconobbi la polo azzurra, i pantaloncini. Poco dopo notai anche la giacca buttata in un angolo.

All'improvviso mi feci prendere da una strana frenesia. Sapevo cosa dovevo fare, ma allo stesso tempo ripudiavo quei pensieri. Non erano da me. 

Non ero una ragazza vendicativa, dicevo mentre entravo nello spogliatoio dei maschi. 

Non ero una ragazza del genere, ripetevo richiudendo la tendina alle mie spalle. 

Ci pensai ancora un attimo, immobile mentre sentivo l'acqua della doccia di Orlando scendere copiosa.

- Al diavolo! – mi dissi, correndo verso il suo borsone. Lo aprii con cura, cercando di non fare rumore.

Visto che credeva di potersi introdurre in camera mia quando voleva e frugare tra le mie cose, quale migliore vendetta di ripagarlo della stessa moneta? 

Presi la sua giacca in fretta, infilai al centro tutti i vestiti che aveva. Magliette, giacche, il cambio. Finì tutto nella giacca, che poi avvolsi come se fosse un fagotto. Me ne andai così velocemente che quasi scivolai sul pavimento bagnato.

Iniziai a correre a perdifiato verso il bungalow con un rinnovato sorriso sul volto. Ero felice, ero anche nei guai ma non potevo nascondere i brividi di felicità, mischiati all'adrenalina per quello che avevo fatto.

La Fenice #1 [La Fenice Series]Where stories live. Discover now