VI. - Il raduno

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La risposta che avevo dato al maestro Holm era stata impulsiva e del tutto sconsiderata, ma in quel momento non ci avevo dato molto peso. Solo che il giorno dopo sembrava che la mia testa non riuscisse a riflettere su altro. Credevo di averlo illuso, che si sarebbe infuriato se fossi tornata da lui dicendogli che mi ero sbagliata. Quel raduno non mi era mai sembrato più inutile di allora, con tutte le preoccupazioni che avevo.

Il raduno alla Fenice era un modo come un altro per ricordarci che nessuno di noi passava inosservato, anche nel pieno del periodo exhibition. Era una vera e propria prova di resistenza: partite, test e prove si alternavano per tutto il pomeriggio sotto l'occhio vigile di allenatori e del signor Kahn. Il motivo era semplice: dovevano controllare i progressi di ognuno di noi, ma soprattutto i danni provocati dalle retrocessioni e promozioni di fine anno.

- Gruppo B1! –

Sebastiano era in piedi, vicino alla rete del campo 1. Quando mi vide mi fece cenno di raggiungerlo per la registrazione, e non sembrò particolarmente elegante. Non che di solito lo fosse.

Scesi dalla gradinata bianca del campo 1 e iniziai a riscaldarmi con gli altri. L'aria era fredda e carica di umidità. La giornata sembrava finalmente uscita dalla bufera dei giorni precedenti, ma congelava ugualmente le mani. Dopo il riscaldamento cominciai a palleggiare con Lucrezia. Sebastiano ci controllava, dandoci qualche suggerimento di tanto in tanto. Era il primo istruttore con cui avevo parlato quando ero arrivata alla Fenice, una delle poche persone di cui mi fidassi lì dentro. Aveva cominciato a lavorare lì molto presto, dopo una carriera da professionista mai decollata del tutto.

Mi fermai per fare stretching, lui si avvicinò sistemando il codino.

- Di cosa volevi parlarmi? – mi chiese.

- Nulla di importante –

- Dalla tua faccia non si direbbe - mi disse punzecchiando la barba folta e scura.

- Ieri Holm mi ha fatto una proposta. Serie C con loro. Stavo pensando di accettare – dissi, fingendo indifferenza. Non sentii nulla se non un colpo di tosse. Alzai lo sguardo. Mi guardava come se dovesse ancora decifrare la mia frase.

- Non... non fare quella faccia! –

- Senti, sono il primo a dirti che sei troppo razionale e che dovresti lanciarti in nuove avventure, ma credo che questo... sia davvero un po' troppo –

Ci zittimmo all'arrivo del maestro Flores. Lui ci salutò e verificò il numero dei partecipanti. Poi se ne andò e Sebastiano riprese a parlare.

- Hai risposto alla Roux? –

- Non ancora. Se la mia famiglia dovesse scoprire che ho inviato quella domanda sotto tuo suggerimento credo che verrebbe a cercarti. Li ho mandati in crisi. E pensare che mia madre aveva detto di parlarne proprio con te, poi... -

- No, penso che prima mi licenzierebbe la Fenice – rispose lui ridendo.

- Posso sempre assumerti come mio unico allenatore, così non dovrei dividerti con nessuno –

- Ehi! – urlò Lucri, che correva ancora intorno al campo.

- Spero che tu ricordi il motivo di questo gesto: darti un po' di fiducia. Aprire una porta in più non è una cattiva idea. So quanto odi i rifiuti e questa storia del gruppo A –

- Non è la questione del gruppo in sé –

- Lo so, ne abbiamo già parlato. Hai bisogno di qualcosa di più, il B1 non ti basta –

- Il fatto è che mi sembra di aver scalato una montagna e di essere finalmente in cima. Sono contenta, ma non posso e non voglio fermarmi. Ho bisogno di una montagna più grande. Il B1 mi basterebbe se non avessi battuto anche le nuove arrivate. Mi sento un'arrogante solo a dirlo, ma è la verità: ho bisogno di qualcuno migliore di me da battere –

- Voler superare i propri limiti non è mai stato un peccato. La mia domanda è piuttosto quale limite credi di poter valicare stando allo Sporting –

- Non allo Sporting, ma in serie C! È questo che ho pensato. Sarò la numero uno della squadra e questo significa affrontare le migliori del circuito, cosa impossibile qui perché la C è destinata alle... -

- ...magnifiche del gruppo A – chiuse Lucri passandoci vicina.

- E' assurdo. Sono troppo forte per il B1 e allo stesso tempo insignificante per l'A. Ma non ho voglia di prendere tutto il duro lavoro di tre anni e vederlo sparire perché ormai sono qui. Se non posso avere il massimo qui, allora preferisco trovare qualcuno che sia in grado di darmi ciò che voglio altrove –

- Il regolamento parla chiaro: se ti alleni qui non puoi tesserarti per un'altra accademia. Questo vuol dire che dovresti andartene. E abbandonare la Fenice sarebbe un errore, un errore dal quale difficilmente si può tornare indietro. Hai sempre fatto tutto da sola e te la sei sempre cavata e tutto il resto. Per favore, questa volta non accettare la prima proposta che ti capita. Io sono fiducioso: arriverà il tuo momento e anche la tua occasione –

- Sembra che tutti non facciano altro che ripeterlo –

La conversazione si interruppe bruscamente. Il test doveva cominciare.

Mi sentivo in forma: era bello tornare sul campo dopo un giorno di pausa. Di tanto in tanto qualcuno si avvicinava in campo e rimaneva ad osservarci, ma nessuno avvertì tensioni particolari fino a quando non arrivò il signor Kahn, scortato dai suoi collaboratori. Flores era accanto a lui e gli parlava a bassa voce, indicandoci uno ad uno. Anche se tutti avevamo trattenuto il fiato e sperato di dare il massimo davanti ai suoi occhi, eravamo ben consci che era il test individuale a fare la differenza. Push fu il primo ad essere chiamato, poi il bendato, anche lui in gran forma quel giorno nonostante il nuovo dolore al gomito sinistro. Poi, piano piano, seguirono tutti gli altri.

- Bea, tocca a te – disse ad un certo punto Lucri. Quella frase mi fece salire un brivido lungo la schiena. Era il mio momento, e non negavo di essere un po' tesa. Uscii dal campo e presi a camminare lungo il cardo per raggiungere i campi coperti del gruppo D. Il tunnel che univa al primo piano Alcatraz e i campi coperti era illuminato. Strano.

Ancora una volta confermai le sensazioni precedenti in campo. Mi sentivo agile e scattante, veloce e precisa. Migliorai di un secondo il record cinquanta metri, riuscii a saltare con più forza e più in alto rispetto ai dodici mesi precedenti. Forza, velocità, mente. Le prove si alternavano veloci, fino a quando non ne rimase una sola. Mi avvicinai alla panchina per rifiatare. 

Fu lì che mi accorsi di loro.

Sulla balaustra in alto di fronte a me c'erano almeno cinquanta persone. Mi fissavano, ferme e in silenzio. Immerse nel buio. Non avevano un aria familiare. Ero spaventata e improvvisamente la mia carica si era trasformata in una strana ansia.

- Chi sono? – chiesi sottovoce al maestro Franco una volta vicino.

- Fa tutto parte del test, stai tranquilla – rispose lui categorico.

Tornai in campo, era il momento di giocare. Avvertivo su di me gli sguardi insistenti di quegli sconosciuti. Non ero serena, ma cercavo lo stesso di mantenere alta la concentrazione. Nella mia testa continuavo a chiedermi perché quelle persone fossero lì, ma per fortuna il corpo era abbastanza sveglio da continuare a fare il suo dovere senza distrazioni. Quando il maestro Franco mi diede segno di cominciare a raccogliere le palline, provai a dare un'altra occhiata alla balaustra. Quelle persone erano sparite.

Iniziai a chiedermi se non mi fossi immaginata tutto, se avessi la febbre e se era per quello che mi ero sentita così in forma. Ma era impossibile. Cominciarono a farsi largo strani pensieri in un piccolo angolo buio del mio cervello. Cercai di ignorarli. Qualsiasi fosse il motivo per cui stava accadendo tutto quello, dovevo continuare a pensare al test.

La Fenice #1 [La Fenice Series]Where stories live. Discover now