XLII. - Un nuovo anno

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La mattina del primo Gennaio una luce più chiara del solito fece capolino tra le tende della stanza, illuminandone metà con uno squarcio di luce.

Era finalmente tornato il sole a Roma, dopo due giorni di pioggia che avevano reso l'aria ancora più fredda e carica di umidità. 

Il tempo migliorato mi fece sentire di buon umore e uscii dal bungalow in anticipo per fare colazione con calma. Avevo bisogno di tenermi impegnata prima che uscissero i tabelloni, prima che arrivassero loro. 

Quando entrai il bar era deserto. I lunghi tavolini di legno chiaro e gli sgabelli in pelle nera erano vuoti, il cibo sui ripiani era intonso. C'era solo una persona seduta, preso dalla lettura di un giornale.

- Ehi, ma che fine avevi fatto? – chiesi avvicinandomi. Ivan alzò lo sguardo e chiuse la rivista, accogliendomi con un sorriso luminoso ma visibilmente stanco.

Non l'avevo più visto dopo che aveva abbandonato la mia stanza due giorni prima. Era stato strano dopo tutto quel tempo passato insieme.

- Abbiamo convinto il coach a fare un giro della città. E tu? Com'è andata la cena di Capodanno? –

- Diciamo che io e Marzio non eravamo in vena di festeggiamenti. Abbiamo cenato presto e poi sono tornata nel bungalow. Sarebbe stato... –

- Imbarazzante? Si, ne so qualcosa – fece una piccola risata, senza smettere di fissarmi.

- E i tuoi compagni? Dormono ancora? –

- No, sono ripartiti questa mattina. Sfortunatamente nessuno di loro è riuscito a superare le quali –

- Oh, mi dispiace – risposi. Doveva essere una seccatura rimanere così a lungo da soli.

- Non dispiacerti, ne arrivano altri domani! I tuoi compagni invece? – chiese lui, addentando una mela e guardando la tazza vuota davanti a se.

- Arrivano nel pomeriggio – dissi, e sentii una fitta allo stomaco.

- Oh, bene – rispose - Finalmente un po' di compagnia -

- Non credo proprio... - dissi, sorridendo amaramente.

- Qualsiasi cosa sia, la risolverai. Ne sono certo - aggiunse con dolcezza. Ma lo vedevo teso, strano.

-Tutto bene? – gli chiesi, guardando il suo volto teso.

- Anni e anni di tornei, e poi l'attesa del tabellone è sempre un disastro – cercò di fare una risata per sdrammatizzare, ma si vedeva che era agitato.

- Giocherai alla grande. Ne sono certa – risposi, mettendogli una mano sul polso. Ritirai subito la mano, in imbarazzo, ma lui non sembrò farci caso e mi rivolse un sorriso di riconoscenza.

- E' meglio che vada adesso. Ho un campo prenotato tra dieci minuti – disse. Fece qualche passo e poi si girò: – E' stato bello passare quella serata insieme. Sono stato bene, davvero –

- Anche io – feci un timido sorriso.

- Spero che le cose tra noi rimangano così – aggiunse.

- Ehi, vedi che non sto andando da nessuna parte! - cercai di scuoterlo con un largo sorriso, anche se sapevo cosa intendeva.

Quel giorno sarebbero arrivati i nostri compagni di gruppo e non ci sarebbe stato più spazio per compiti, cene improvvisate e corse nel bosco. 

Ci saremmo separati e non avremmo potuto più condividere quei piccoli momenti che mi avevano aiutato a superare le delusioni dei giorni precedenti.

- Ci vediamo più tardi – gli dissi ancora e lui ricambiò ancora prima di voltarsi. 

Tornai in balia dei miei pensieri. Quando uscì il tabellone mi bastò un'occhiata al suo nome per capire che non ero pronta ad affrontarlo.

La Fenice #1 [La Fenice Series]Where stories live. Discover now