XXV. - Il mostro del lago

528 74 105
                                    

Trascinavo i piedi nel fango, inquieta. Accanto a me Giulia camminava in silenzio con lo zaino sulle spalle. Il sole non era ancora calato, ma il freddo era pungente ed entrava nelle ossa.

La foresta di Verdiana era silenziosa, o almeno così era il labirinto, la parte di essa di proprietà della Fenice e separata dal resto della boscaglia per mezzo di alte recinzioni sorvegliate. Lo chiamavano così per le sue intricate stradine bianche, tanto da vietarne l'ingresso ai minori di dodici anni. Un posto tetro per la maggior parte dell'anno, che non avevo mai frequentato volentieri e mai senza esserne obbligata per gli allenamenti del B1.

Un gufo si lamentava dall'alto di un albero. Mi strinsi ancora di più nel giubbotto, il costume intero di Giulia era scomodo. Fissavo i tre ragazzi davanti a noi, concentrandomi sulla testa quasi rasata di Alessandro. Alla penombra del labirinto la sua figura sembrava ancora più massiccia.

Non sapevo ancora perché avevo accettato, era stato davvero folle da parte mia. Sapevo nuotare bene, ma una bracciata di Alessandro equivaleva ad almeno tre delle mie.

Improvvisamente il sentiero terminò. Superammo gli ultimi due alberi ai lati e davanti a noi si spalancò la vasta radura di erba bassa e giallastra. Il lago aveva una strana forma, stretta e allungata, con i due estremi più larghi, come se fosse un calice storto, o una clessidra tirata. Quel posto si prestava a molteplici corsi extra: dal canottaggio alla pesca. Ma nei mesi più caldi i ragazzi dell'accademia la frequentavano come una spiaggia, organizzando picnic o gare di nuoto clandestine.

- Siamo arrivati – pronunciò Alessandro, come se non fosse ovvio. Costeggiammo intorno al lago per raggiungere la strozzatura centrale. Sentivo il cuore pulsare veloce, ero spaventata e allo stesso tempo eccitata all'idea di poterlo battere, anche se remota.

Non potevo farci niente: ogni gara, per quanto potesse essere stupida, accendeva qualcosa dentro di me. Era forse ciò che mi accomunava di più a quelle persone.

Rivolsi uno sguardo in alto. Non avevamo molto tempo prima che il buio ci avvolgesse del tutto. Alessandro lasciò a terra la sua borsa e senza perdere tempo si sfilò la felpa e la maglietta, rimanendo a petto nudo e mostrando i tatuaggi che dalla mano destra risalivano fino alla spalla. Solo allora sembrò ricordarsi del freddo, e cominciò a muoversi per scaldarsi.

- Vedi che non abbiamo tutto il pomeriggio – mi disse. Cominciai a sbottonare il giubbotto, trattenendo il respiro per il freddo.

- Chi cronometra? – chiese lui, lanciando un'occhiata ad Orlando.

- Lo faccio io – rispose d'anticipo Riccardo, lasciando tutti sgomenti. Ne fui sollevata. Chiunque sarebbe stato meglio di Orlando, anche se non sapevo cosa aspettarmi da quel ragazzo sempre strano, sempre distante. Dopo la discussione nella stanza delle torture aveva ripreso ad ignorarmi, e io avevo fatto lo stesso.

- Io lancerò le palline! – squittì Giulia.

- Credi davvero che ti lasceremmo aiutare la tua amichetta? – ribatté Orlando.

- Andrò io. È abbastanza equo così? – sbuffò Claudia. Non doveva essere la prima volta che interveniva tra di loro, e anche nel loft avevo notato che anche quando la lite era degenerata nessuno si era scomposto. L'unica che aveva seriamente cercato di interromperla, ma senza successo, era stata lei.

Prese le due palline da tennis dalla borsa e cominciò a incamminarsi verso l'altro lato della strozzatura. Le palline erano di Orlando, le aveva usate qualche anno prima per uno scherzo ad Hugo, forandole, inserendoci dei sassi per appesantirle, e poi richiudendole.

Questo avrebbe assicurato che le palline finissero sul fondo e che da lì non si muovessero. Per un secondo presi a contemplare il lago in tutta la sua lunghezza. Intorno a noi, a parecchi metri di distanza, gli alti alberi della foresta ci circondavano, nascondendoci da occhi indiscreti.

La Fenice #1 [La Fenice Series]Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ