XXXVII. - Sussurri

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Camminai sotto la pioggia per tutta la lunghezza del cardo e della strada per il loft, raccogliendo secchiate d'acqua.

Il calore dello spogliatoio era ormai un lontano ricordo mentre calpestavo foglie secche e pozze d'acqua che brillavano alla luce biancastra dei fari notturni. Suonai il campanello del cancello.

Le luci del loft erano tutte accese, anche al secondo piano, dove la luce si diffondeva dalle grandi finestre della terrazza.

Vidi il riflesso di Claudia comparire davanti alla finestra di destra e sparire subito dopo. Un click aprì il cancello, le porte automatiche del loft si scostarono davanti al vialetto.

- Ciao, Bea. Come mai qui? – mi diede il benvenuto Claudia, facendomi entrare.

- Riccardo è già arrivato? Avevamo intenzione di venire a salutare Hugo per sapere come sta –

Lei mi guardò con uno sguardo indecifrabile.

- In realtá già arrivato... e già andato via –

Non potevo credere alle mie orecchie.

- Nel senso che non è qui? – chiesi, incapace di nascondere la delusione.

- Magari non ha capito che dovevate venire proprio insieme, o... magari vi siete confusi con l'orario – provò a recuperare lei – Dopo la partita di oggi non era proprio dell'umore –

- Poteva comunque evitare di darmi buca. Va bene, vuol dire che saluterò Hugo da sola. Dovevo comunque passare a restituire una cosa ad Orlando, non sarebbe stato in ogni caso un viaggio inutile – risposi.

Non volevo perdere il mio buon umore, anche se stava diventando difficile. La seguii verso il soggiorno.

- È comunque un bel pensiero. Hugo sta ancora molto male, non riesce ad alzarsi dal letto. Gli farà piacere la tua visita - disse.

Sembrò tutto normale fino a quando non vidi il suo viso. Aveva gli occhi gonfi e delle occhiaie spaventose.

- Cosa ti è successo? –

Lei ricambiò il piccolo sorriso imbarazzato che le avevo rivolo poco prima: - Niente di particolare. È solo la tensione del torneo –

Decisi di non indagare, Claudia aveva bisogno dei suoi tempi per parlare e dopo quel duro quarto di finale era plausibile che si sentisse sfinita.

Entrammo nel sontuoso soggiorno del loft, e non impiegai molto a riconoscere Orlando di spalle, che guardava lo screen al centro del divano. Non era da solo.

Gli lanciai letteralmente il pesante orologio in testa.

- Oh, Capuano. Ti rendi conto che è un giorno intero che sono alla ricerca del dannato orologio? – disse con una smorfia di dolore, massaggiandosi la testa.

- L'orologio è tuo, problemi tuoi se ti dimentichi a chi lo lasci – gli risposi, sorridendo di nascosto.

- Cosa guardate? – aggiunsi, sedendomi accanto a Claudia.

- Niente che ti riguardi –

- Finale maschile degli US Open del 2020 – disse Alessandro. Proveniva dalla cucina con una Power in mano e i soliti guantoni da boxe appoggiati sulle spalle.

- Oh, ciao. Non credevo di trovarti qui. Com'è andato il torneo? –

- La piantiamo con l'interrogatorio? – mi interruppe Orlando – Cristo, riesci ad essere anche più noiosa di questa partita – disse. Claudia gli riservò un'occhiataccia.

- E tu sei ancora più noioso quando ti lamenti. Te l'ha mai detto nessuno? – incalzai. Orlando non si girò neanche a guardarmi, ma rimase zitto.

La Fenice #1 [La Fenice Series]Where stories live. Discover now