XXXIV. - Un passo in avanti

428 67 52
                                    

Nei giorni che seguirono il tabellone delle qualificazioni era ormai un lontano ricordo e il torneo di Natale stava ormai entrando nel vivo.

I nomi degli otto ragazzi che erano riusciti ad imporsi nei tre turni precedenti erano adesso schierati in prima linea contro gli altri cinquantasei contendenti del tabellone principale.

Anche il mio nome era tra i sopravvissuti, ma la tensione dei giorni precedenti mi aveva abbandonato.

Avevo già raggiunto e superato ogni mia aspettativa: da credere di essere sconfitta al primo turno senza riuscire a vincere un game, adesso dovevo contendermi il titolo con alcune tra le migliori giocatrici in circolazione.

Questo era il bello del tennis: qualsiasi pronostico poteva essere stravolto. Sul campo, quando due avversari si affrontavano, nessuno sapeva davvero come sarebbe finita.

In qualsiasi momento un punto poteva stravolgere tutto, e fino all'ultimo colpo tutto poteva accadere.

Non c'era un tempo limite oltre il quale vittorie o sconfitte diventavano tali, non c'era contatto fisico che poteva cambiare le sorti della partita.

La vittoria era solo di chi vinceva tutti i punti necessari per sconfiggere l'avversario.

Era sempre stato questo ad attrarmi: nessuno ti regalava niente, e quando vincevi sapevi di averlo fatto contando solo sulle tue forze, sui tuoi nervi. 

E io mi sentivo così: ero stata più forte di quelle ragazze che erano entrate in campo sottovalutandomi. Non era stato per niente facile riuscirci, ma adesso sentivo che ne era valsa la pena.

Ciò che sarebbe successo non mi interessava, anche se quello che mi aspettava era chiamato E. Nephew, la misteriosa testa di serie numero 3 del torneo.

Ma non era sempre facile rimanere concentrata sulle competizioni: fuori dai confini bianchi dei campi da tennis il mio nome era il più pronunciato.

Erano state giornate intense, in cui le notizie sul mio presunto flirt con Orlando si intrecciavano alle opinioni entusiaste di chi aveva visto la mia scalata verso il tabellone principale. 

Parole di rispettabili signori del tennis che vedevano in me la nuova Martina Hingis, paragoni illustri che si perdevano tra interviste e articoli di giornale, che mi facevano sorridere quando a casa tornavo ad essere solo la Beatrice che giocava a tennis.

Smisi di fissare il vetro del sub-cardo e mi girai nuovamente verso Claudia, che sembrava essere tornata tranquilla nonostante la partita imminente come testa di serie numero 4. Gli ultimi giorni non erano stati facili neanche per lei. 

Aveva trovato Giulia collassata sul pavimento di ritorno da uno degli allenamenti, si era presa un bello spavento, ma come sempre il suo tennis perfetto non ne aveva risentito.

Dopo gli accertamenti, il forfait della nostra amica era stato obbligato e lei aveva fatto ritorno a casa per curarsi.

In contemporanea ai controlli antidoping i medici ci eseguirono altri test, con la paura che la sua gastroenterite potesse averci contagiato. Per fortuna i nostri esami risultarono negativi.

Io e Claudia stavamo seguendo in silenzio il primo turno di Orlando, testa di serie numero uno del torneo.

Anche se non potevo sopportare quel ragazzo, soprattutto per i guai in cui mi aveva cacciato, vederlo giocare era magnifico. 

I suoi colpi erano pura potenza e precisione, ma soprattutto erano un ricamo di traccianti impossibili. Quel ragazzo adorava trovare soluzioni alternative per vincere un punto e per questo il pubblico lo adorava.

La Fenice #1 [La Fenice Series]Where stories live. Discover now