LXXXI. - Al limite

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Cresci era ad un'importante riunione e non poteva ricevermi, così avevo deciso di appostarmi fuori dal suo ufficio fino a quando qualcuno non avrebbe aperto la porta. 

Jade mi aveva ripetutamente invitato a non fare pazzie o scenate, ma non riuscivo ad accettarlo: una delle occasioni migliori della mia vita che stava scivolando tra le mani. 

Perché non aveva fatto niente per impedirlo? Perché la Fenice non aveva ancora commentato con un comunicato stampa l'errore?

Camminando sotto la pioggia, coprendomi il viso con il cappuccio ormai zuppo, avevo cominciato a pensare che forse non dovevo subito puntare il dito contro lo stalker. 

Poteva essere stato Orlando. Anzi, dopo le sue confessioni e tutto ciò che era successo, ero sempre più convinta potesse essere lui il responsabile. Sì, era stato lui a rinunciare al doppio, per mostrare agli altri quanto fosse indignato per il mio furto di vestiti a Roma e per escludermi dal gruppo una volta per tutte.

Qualcosa però non tornava: per quanto fosse bravo neanche lui aveva mai ricevuto una wild card per il Roland Garros, e quel ragazzo teneva alla sua carriera molto di più di quanto volesse far credere. 

Lo dimostravano l'ossessione nei confronti del cugino, gli allenamenti estenuanti e la sua cieca fiducia nei confronti di Cresci, nonostante a mascherasse dietro l'odio e le sue pagliacciate. Quell'odio era solo di facciata, lo si notava lontano mille anni. L'odio verso l'allenatore gli serviva solo per i suoi trick, niente di più.

Mi alzai di scatto quando finalmente vidi Cresci uscire dalla stanza, seguito da John, dal nostro dirigente e da tutti gli altri collaboratori e istruttori del gruppo A. C'era sicuramente qualcosa di grosso in ballo.

- Coach... - arrancai, seguendolo. Lui mi rispose con un secco: - Non ho tempo adesso –

- Coach ho bisogno di parlarle. È urgente! – ripetevo quasi correndo, per rimanere al passo.

Dopo aver camminato per una serie interminabile di corridoi, raggiunsero la stanza delle riunioni. Tutti i dirigenti, all'interno, lo stavano aspettando. Era serio in volto.

- Cosa significa tutto questo? – chiese adirato. Stavo per entrarci anch'io, ma John mi fermò.

- Ci aveva già detto che sarebbe intervenuto con la federazione – una voce indistinta dall'altro capo della stanza rispose.

- È da Ottobre che va avanti questa storia! Gli accordi erano questi!

- La questione è seria, allenatore Cresci. Se dovesse intervenire come ha detto, le conseguenze non sarebbero facili per la Fenice.

- Cosa sta succedendo? – chiesi.

- Beatrice, vai a giocare – disse John.

- Robert, tu cosa ne pensi? – chiese Cresci a Kahn. Riuscivo a vederlo da un piccolo spiraglio rimasto ancora aperto. John si era girato per seguire la conversazione.

- Dobbiamo essere cauti, questo lo sai. Ma se lo Sporting dovesse insistere saremo obbligati ad intervenire in maniera decisiva.

- Lo Sporting? Cosa c'entra lo Sporting? Cosa sta succedendo, John?

Lui sospirò: - Ordinaria amministrazione, non ti preoccupare. Lo Sporting si è iscritto al campionato di serie C, ma è in pessime condizioni finanziarie.

- Cosa c'entra con noi?

- C'era una trattativa in atto con la Fenice. Avremmo provveduto alla eliminazione del loro debito, se avessimo preso il controllo della struttura.

Non mi stupì che il mio maestro avesse rifiutato. Meglio morto che senza la possibilità di decidere.

- Ovviamente il mio maestro ha rinunciato. Qual è il problema allora?

La Fenice #1 [La Fenice Series]Där berättelser lever. Upptäck nu