LXXXVII. - Ventiquattro ore

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Io e Riccardo eravamo a terra dopo l'occasione sprecata nel labirinto e i giorni successivi fu ancora peggio: non sapevamo più dove trovare lo sporco tra le cose di Alessandro, nel vero senso della parola. Riccardo aveva approfittato delle sue lunghe docce post allenamento per frugargli nel borsone, senza trovarci nulla di interessante.

Io, con la scusa di aspettare la fine di uno degli acquazzoni improvvisi prima di tornare a casa, mi ero introdotta nel loft. Non ero stata più fortunata: la porta della sua stanza era sempre chiusa a chiave e qualsiasi segreto celasse Alessandro al suo interno non sarei riuscita a scoprirlo facilmente.

Sul campo da tennis, però, le cose erano cambiate. Anche se la concentrazione vacillava, iniziavo finalmente ad avvertire quei benefici di cui Gianluca mi aveva parlato nei primi giorni di gruppo A, quando la sensazione di non essere all'altezza aveva preso il sopravvento.

Mi sentivo più forte e veloce. Dentro di me la debole e lenta ragazza del B1 cadeva sconfitta. La ragazza del gruppo A si stava formando e per una volta questa realizzazione non aveva accezioni negative.

Quel giorno, però, mi sarebbe servito qualcosa in più. Quando entrammo in campo l'intero gruppo rimase a bocca aperta: davanti a noi si presentava un campo minato. Il giorno dei test, puntuale come ogni mese, sarebbe stato una vera guerra.

Fingevamo non fosse così, ma sapevamo che il risultato dei test mensili era fondamentale nella scelta del vincitore del premio Beltrami, quello Cresci e il suo staff assegnavano a fine anno al giocatore che si era impegnato di più, e che valeva mille punti nella classifica finale.

Il capo spiegò le regole del circuito e le coppie che si sarebbero affrontate. Riccardo e Alessandro, Hugo e Orlando,

- ...Capuano e David - pronunciò.

Guardai con una certa tensione la prima coppia affrontarsi. Ero ferma, ma dentro di me si scatenava l'inferno. Il tempo passò troppo velocemente, perché un secondo dopo mi ritrovai al posto dei contendenti.

Non mi sentivo pronta, ma non potevo esitare: al fischio scattai. Io e Giulia ci spingemmo in avanti, superando i coni in slalom, superando la scaletta e afferrando la corda per saltare. La tensione si stava rapidamente sciogliendo. Cerchi, ostacoli, racchetta, diritti e rovesci verso il campo disseminato di contrassegni. Io e Giulia proseguivamo in perfetta parità.

Entrammo nel secondo campo, dove ci aspettava il suicidio: iniziammo a correre avanti e indietro toccando le righe del campo, dalle più vicine alle più lontane. Il vento caldo mi bruciava in gola, il calore del sole divampava sulla ma pelle. Con le gambe indurite arrivai a fondo campo e raccolsi la racchetta per i colpi a rete e quelli di taglio.

"Forza Becs!" mi dissi, dopo aver colpito tre contrassegni consecutivi, ma bastò questo per mandare gli ultimi back a rete. Feci cadere la racchetta e ripresi la corda a fondo campo. Avevo due tronchi al posto delle gambe.

Lanci, salti, ostacoli e finalmente scattai verso l'ultimo campo, stringendo i denti. Una spinta mi scaraventò verso la rete del cancello, Giulia mi superò entrando in campo prima di me.

Cercai di tenere a bada la collera, rimettendomi sui miei passi e avanzando verso la sfida dei dieci coni. Una palla dopo l'altra, io e Giulia ci fronteggiammo colpendo un cono dopo l'altro con le poche forze residue.

L'ultima palla di servizio era ancora in alto quando la racchetta di Giulia cadde sul cemento con un suono sordo. La ragazza scomparve dal mio campo visivo. Colpii la palla, mancando il contrassegno, e scattai.

- Vince Giulia - pronunciò John. 

- Chi è la migliore? - urlò Giulia sorridendo verso gli altri, alzando le braccia.

La Fenice #1 [La Fenice Series]Where stories live. Discover now