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TRATTO DA: "Inevitabilmente.. Noi (3)", Epilogo, di aiulig [TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI A aiulig]

CHIARA

I mesi di attesa passarono velocemente. Nonostante ogni giorno sembrava durare un'eternità, arrivammo alla scadenza della gravidanza in un batter d'occhio. Edoardo aveva sempre mille attenzioni per me, era iperprotettivo e mi faceva sentire una principessa. A fine giornata, si accoccolava vicino al pancione, lo accarezzava dolcemente e ci parlava nella speranza che il piccolo sentisse. Da quando avevo scoperto di essere incinta, vedevo le cose con una luce diversa; tutto mi sembrava bellissimo. Ogni mattina restavo davanti allo specchio per ore ad osservare e cercare un minimo cambiamento del mio corpo e appena notavo la pancia leggermente più grande, sorridevo come una bambina. Alla prima ecografia, crollammo entrambi in un pianto di gioia; sentire il battito del piccolo, scaturì in me una sensazione di felicità indescrivibile. Per non parlare dei primi calcetti ed i movimenti che fece nella mia pancia. Quando invece scoprimmo che sarebbe stato un maschietto, Edo saltellò per lo stanzino del ginecologo euforico come non mai. Io avrei preferito una femmina, ma un figlio è pur sempre un figlio, a prescindere dal sesso. Scegliere il nome fu difficile, ci trovammo in disaccordo sulle varie ipotesi. Lui era più per nomi importanti e che devano un senso di regalità, mentre io ero per quelli più semplici, ma non scontati. Tutto stava procedendo bene e nonostante mi fosse scaduto da qualche giorno il tempo, ci sentivamo entrambi abbastanza tranquilli; avevamo forse più paura di come saremmo stati come genitori.

Quella mattina mi svegliai prima di lui. Delle fitte al basso ventre, mi stavano dando il buongiorno. Come mi alzai per provare a camminare un po', queste si fecero ancora più forti. <<Edo!>> gridai tra i dolori; non mi sentì così urlai il suo nome ancora un volta e finalmente si girò lentamente verso la mia parte di letto. Aprì un occhio e vedendomi in piedi con il busto piegato in avanti, fece uno scatto raggiungendomi, <<Ti senti male?>>, <<Edo, credo sia ora!>> esclamai stringendogli una mano. Lui deglutì e annuendo prese a correre per la stanza come un matto. Era come impazzito, credo che non sapesse nemmeno lui cosa stesse facendo. Si infilò un paio di jeans al volo e sopra una maglia rossa. Afferrò poi la valigia pronta per ogni evenienza, come ad esempio lo era questa ed aiutandomi a scendere le scale del soppalco, entrammo in ascensore. Una volta in macchina iniziò a guidare a tutta velocità e strombazzando il clacson nel traffico, riuscimmo ad arrivare in ospedale prima di quanto avessi immaginato. <<Mia moglie si sente male!>> esclamò una volta arrivati al pronto soccorso, un'infermiera lo invitò a calmarsi e facendomi accomodare su una barella, mi portarono in una stanza. L'ostetrica ci raggiunse nel giro di pochi minuti e dopo avermi controllata a dovere, ci avvertì che il momento tanto atteso era arrivato. <<Avverti tutti Edo!>> dissi tra i respiri profondi che cercavo di fare per alleviare i dolori, <<Lo farò dopo, ora hai bisogno di me!>> rispose sedendosi al mio fianco, accennai un sorriso e rassicurandolo lo spronai a chiamare almeno mia madre o i suoi genitori. Acconsentì e rimanendo sempre vicino a me, iniziò a telefonare.

Di lì a poco mi si ruppero le acque e la paura di non farcela si impossessò di me. <<Stiamo per entrare in sala parto.. continua a respirare ed andrà tutto bene!>> mi tranquillizzò un'infermiera abbozzando un sorriso; poi guardando Edo riprese, <<Lei è il padre?>>, <<Sì..>>, <<Viene con noi?>>, lui fece un respiro profondo e dopo essersi forse dato la carica, annuì, <<Da questa parte!>> esclamò lei spingendo il mio letto lungo il corridoio. Varcammo una grande porta per poi raggiungere una vera e propria sala operatoria. Era tutto pronto, la mia ostetrica era davanti a me, nascosta sotto le mie gambe ed ogni tanto si rialzava per parlarmi. Prese a spiegarmi velocemente la procedura e tra le mie grida disperate, le dissi di aver capito. Sudavo ed il dolore diventava sempre più acuto ed insopportabile. <<Non so se ce la faccio..>> sussurrai voltandomi verso Edoardo...

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