-Lysithea-

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TRATTO DA: "Teen Wolf - Luna Nuova", capitolo 18, di -Lysithea- [TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI A -Lysithea- ]

"[...]. «E così, dopo tutti questi anni ho deciso di tornare.», avevamo finito di cenare già da un pezzo e non avevamo mai smesso di parlare un momento.

«Chissà come deve essere stato rivedere tutti i tuoi vecchi amici, dopo così tanto.»«Molto strano, soprattutto con ciò che è avvenuto nel frattempo.»«Hai ragione: sono cresciuti tutti, sono sbocciati i primi amori e nuove persone hanno fatto parte delle loro vite mentre tu eri lontano. Ti sei reso conto che ogni cosa era cambiata, il tempo era andato avanti senza di te nonostante in un angolo del tuo cuore sperassi che ogni momento si fosse congelato nel periodo della quarta elementare. Eppure appena hai rimesso piede qui e hai realizzato che ognuno aveva continuato a svolgere la propria vita, speravi comunque che ti riaccettassero come se non fossi mai partito.» Solo in quel momento mi accorsi che era ammutolito e pendeva dalle mie labbra, come se avessi dato voce ai suoi pensieri e alle sue emozioni più recondite. «Scusa, forse parlo troppo.», tentai di sviare la sua attenzione da me al cibo ma subito mi interruppe.«Ti va di fare una passeggiata? Sono stufo di rimanere seduto.» Annuii poco convinta: mi piaceva davvero l'atmosfera di quel piccolo ristorante, mi sentivo così al sicuro e aveva un non so che di familiare. Sarei rimasta qui per ore. Ci alzammo e andammo alla cassa e nonostante il misero tentativo di tirare fuori il portafogli dalla borsa, Theo lo intercettò strappandomelo dalle mani con poca delicatezza e se lo mise in tasca impedendomi di pagare.La struttura si ergeva in una piccola radura ed era alquanto difficile scovarla se non si sapeva bene dove cercare; attorno ad essa si estendeva un bosco fitto che si perdeva a vista d'occhio, in cui l'unica strada più o meno visibile era quella che avevano percorso in macchina.«Da questa parte.», e fece un cenno verso gli alberi porgendomi il braccio. Colsi titubante quel gesto ma non me lo feci ripetere due volte: la paura di perdermi era troppo grande. Era davvero buio pesto, l'unica fonte di luce era la splendida luna piena che si ergeva padrona nel cielo stellato; rimasi ad osservarla incantata qualche attimo prima di accorgermi che Theo stava fissando me insistentemente. «È splendida, non è vero?»«Già. Non l'avevo mai vista brillare in questo modo.» risposi sempre con lo sguardo rivolto ad essa.«Ma io non parlavo della luna.» Per la seconda volta, riuscii con una semplice frase a farmi sciogliere. Camminammo senza una meta precisa -così per lo meno credevo io- senza parlare per molto tempo, ognuno immerso nei propri pensieri.«Siamo arrivati.»Mi guardai intorno, spaesata: l'ambiente non era cambiato rispetto ai dieci metri precedenti con l'unica differenza che poco più avanti, se mi sforzavo, riuscivo a scorgere delle luci.«Dove, per l'esattezza?»«Al limite.»Avevo assunto un'espressione piuttosto confusa perché lui, dopo un attimo di silenzio soddisfatto per la propria affermazione filosofica, scrollò le spalle e proseguì. «Vedi quel bagliore?» mi chiese indicando avanti a sé «Sono le luci della città: ancora qualche passo e ci ritroveremmo sul bordo di un precipizio. Se volessimo arrivare a Beacon Hills non potremmo proseguire per questa strada a meno che non fossimo dei pazzi con manie suicida; dovremmo invece tornare indietro e fare il giro largo.»«Mi hai portata fin qui per indicarmi una strada alternativa per tornare a casa, nel caso un giorno mi sentissi particolarmente intrepida?»Rise, «No. Non avrei sprecato tempo prezioso con te per mostrarti una cosa simile.»Il mio cuore perde un battito: perché riusciva ad essere tanto dolce in certi momenti quanto irritante in altri. Attesi paziente che mi spiegasse il motivo vero e proprio di questa gita quando, prima ancora che riuscissi a reagire, mi trovai le sue labbra morbide sulle mie. Subito rimasi immobile: non potevo davvero a capacitarmi che stesse succedendo ma non appena mi cinse la vita e mi attirò a sé, ogni minimo dubbio, insicurezza e paura svanì. Affondai le mani nei suoi capelli, tastandone la morbidezza e annullando completamente la distanza che vi era tra noi. C'era solo lui in quel bosco, in quel momento: tutto il resto non contava. Il bacio durò troppo poco perché lui improvvisamente si staccò, appoggiando la fronte sulla mia mia e sussurrò, «Prima che ti racconti ogni cosa e che tu scappi via, volevo solo farti capire che tu mi piaci, veramente.»Lo fissai confusa.Prima mi baci e poi dici qualcosa che farebbe correre via a gambe levate anche la persona più temeraria, complimenti.Si allontanò da me, continuando comunque a mantenere il contatto fisico.«Quando parlavo del limite, lo intendevo come una metafora: tu sei arrivata al punto in cui hai due scelte, giusto appena prima del limite. Una volta raggiunto esso non potrai più avere alcuna arbitrarietà. Dunque la prima possibilità: fingere che ogni avvenimento, comportamento o discorso strano sia solo frutto di una mente disturbata o della tua paranoia. La seconda: accettare ciò che ti è stato detto e fare un salto nel buio pronta a raccogliere ed accettare ogni cosa che avverrà da quel momento in poi. In nessuno dei due casi però potrai tornare indietro. »«E la terza opzione?» chiesi con un fil di voce. «Fare i bagagli e tornare a Londra, dimenticando per sempre di essere stata qui.»Non sapevo cosa rispondere, mille pensieri vorticavano nella mia mente, cozzando l'un l'altro sperando di trovare un senso ad ogni parola. Soppesai con cura le parole che aveva detto e, ancora convinta fosse tutto un enorme scherzo, lo canzonai.«Davvero tu ci credi?»«Non è questione di crederci oppure no. Qui si tratta di decidere se vuoi continuare a nascondere la testa sotto la sabbia oppure affrontare di petto la realtà.»«E se io non riuscissi a sostenere questo peso?»Avevo molta paura: ciò che mi stava rivelando sembrava qualcosa di così segreto e oscuro che al solo pensiero, tremavo. «Non devi preoccuparti. Io, i tuoi amici e la tua famiglia siamo qui per aiutarti e sostenerti.»Restai ferma in silenzio per molto tempo, fino a quando l'unico pensiero a cui riuscii a far voce fu, «Portami a casa.»Sembrava aspettarselo tanto che non aggiunse nulla e fece strada fino alla macchina. Mi stava lasciando tempo per riflettere e decidere sul da farsi senza mettermi pressione: non lo avrei mai ringraziato abbastanza. In quel momento avevo bisogno di parlare con una persona, l'unica che avrebbe potuto aiutarmi a dare un senso a tutto perché mi conosceva meglio di me stessa, avevo bisogno di Hanna."

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