TetoraNishizono

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TRATTO DA: "Iride d'Angelo Ribelle", capitolo 8, di TetoraNishizono [TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI A TetoraNishizono]

"- Lo specchio! – quasi lo urla.

Black ha trovato quello che stava cercando. Ora deve solo sopravvivere. Ammira spaesata il grande vetro riflettente posto al centro della sua mente. I contorni dorati e intarsiati risplendono, in contrasto con lo specchio nero. Nulla lo sostiene. Solo la sua volontà. Circondato da alberi di nervi e nuvole di pensieri, che celano scariche elettriche a lungo sopite. L'aggrovigliarsi di respiri muti aleggia nell'aria come un corvo in attesa della preda, Black. Sa che deve stare attenta. Ogni sua azione verrà soppesata, ogni sua parola giudicata.

- Lo specchio nero non perdona – ammonisce se stessa, girandogli intorno. Una danza lenta e coraggiosa.

Si porta dinanzi all'oscurità del vetro. Esita ad occhi chiusi nell'attimo che precede il contatto della sua mano destra con la superficie fredda. È increspata, rotta dai sospiri dei ricordi che racchiude. Il turbinio di dubbi attacca Black allo stomaco. Un lieve calore sotto i polpastrelli le fa sussultare l'anima. Un vortice di ansia accompagna l'attesa di quel che sta per accadere. Da tanto tempo non si perdeva nel proprio dentro. Da tanto tempo non toccava lo specchio nero. E ora lo sentiva muoversi sotto le sue dita. Sinuoso come un serpente che cambia pelle. Dopo pochi istanti, lo stupore e la paura le invadono le iridi. Lei è apparsa.

Gli occhi sgranati di Black fissano il riflesso della sua Anima. Una se stessa marcia di ferite indelebili. Una se stessa contorta dalle serpi che le hanno consumato la luce. Una se stessa di un tempo indefinito.

Black si sporge oltre lo specchio. Il vuoto. Ritorna con lo sguardo sul riflesso. Un sorriso beffardo e malvagio affiora sulle sue labbra serrate da spago. Gli occhi vacui. Indossa una veste a farle da camicia di forza. Eppure le mani sono libere di muoversi.

- La veste bianca! – l'esclamazione fa sussultare il riflesso apparentemente dormiente.

Uno sguardo gelido si posa in quello di Black, mentre una cantilena disperata sgorga dalla gola di quell'essere. Quei lamenti attraversano il vetro per tramutarsi in parole, che sembrano pronunciate da mille anime insieme.

- Sciogliti spago, lasciami parlar,

col fuoco di nuovo voglio giocar.

Sciogliti spago, lasciami parlar,

con la preda di nuovo voglio giocar.

Gli alberi di nervi iniziano a vorticare velocemente, le nuvole di pensieri diventano sempre più scure. Black resta concentrata su quel riflesso. Le iridi da serpe non la lasciano andare. Lo spago si sfila lentamente, lasciando intravedere le labbra corrose. I corti capelli neri del riflesso si increspano. Solo un attimo. Il tempo di tornare libero. Black inspira, profondamente. Per poi rivolgersi a Lei.

- Tu. Tu sei...me – sfiora lo specchio per cercare una conferma, ma una scossa elettrica la scaraventa a terra.

- Sì. E no. – la voce del riflesso è artificialmente metallica.

- Cosa significa? – Black si rialza a fatica. La cicatrice sulla spalla destra brucia.

- Io sono lo scarto della tua Anima. La parte che reprimi per paura. La parte che hai segregato nel fondo delle tue viscere tanto tempo fa. La parte che hai provato ad uccidere, lasciandola in un pozzo buio, freddo e senza via d'uscita. Chiuso con una grata che mi costringe qui. Nel lato più oscuro della tua mente. Lo specchio nero è la mia casa. E la mia prigione.

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