Extra

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Cinque anni dopo...

Qualcosa mi punge la guancia, svegliandomi. Apro un occhio, ancora mezzo addormentato, e mi ritrovo a fissare due grandi occhi che variano dall'azzurro al grigio al verde, un caleidoscopio di striature diverse.

Le sorrido e le sposto una ciocca dei capelli biondi dietro l'orecchio, mentre lei continua ad affondare l'indice nella mia guancia.

«Ehi, piccola peste. Che ci fai già sveglia? È ancora presto» le dico, dando un'occhiata alla sveglia sul comodino. Sono appena le sei e mezza. Lei incrocia le braccia al petto e mette il broncio. Capisco che non posso far altro che alzarmi anch'io.

«Dov'è la mamma?» le chiedo stiracchiandomi, notando che sono solo a letto, a parte nostra figlia.

«Auto» borbotta Isabelle. Alzo gli occhi al cielo: dovevo immaginarlo che stesse già lavorando sulla sua Mustang, dopo ieri sera.
Mi alzo e prendo la piccola tra le braccia. Scendiamo al piano di sotto e la metto nel suo box.

«Papà va a riprendere la tua mamma, ok? Torno subito» le prometto. Sul suo viso si apre un gran sorriso e non posso fare a meno di sospirare preoccupato. Questa piccola peste è la fotocopia di sua madre: due occhi che incantano e un sorriso che strega.

Per fortuna ha solo poco più di un anno... ho ancora un po' di tempo prima di preoccuparmi dei ragazzi che dovrò picchiare per farli stare lontani da lei. Dio solo sa la scia di cuori spezzati che si lascerà alle spalle... proprio come sua madre, del resto.

Mi volto e faccio per uscire dalla stanza quando vengo colpito in testa da qualcosa. Guardo a terra e vedo un piccolo modellino d'auto.

«Ehi! Non si lanciano le cose, te l'ho già detto un sacco di volte» la sgrido. Per tutta risposta, mi lancia un'occhiataccia e mi volta le spalle, riprendendo a giocare con gli altri giochi nel suo box.

Sì, il carattere di merda invece l'ha preso tutto da me.

Quando esco fuori di casa vengo avvolto dal caldo soffocante di agosto. La porta del garage è aperta e si sentono dei rumori. Con un sorriso sulle labbra lo raggiungo.

Mi appoggio alla parete e osservo in silenzio Clarissa piegata sul cofano delle sua Mustang Shelby. Più passa il tempo e più diventa bella.

Indossa le sue Converse bianche borchiate, slacciate. Sono ormai logore ma si rifiuta di buttarle e continua ad usarle per correre con la sua auto. Risalgo piano con lo sguardo le sue gambe toniche e mi soffermo a lungo sul suo sedere, avvolto in un paio di shorts jeans cortissimi.

Indossa una canottiera bianca aderente con delle macchie nere di grasso, e i lunghi capelli sono raccolti disordinatamente sulla nuca.

«Quando hai finito di guardarmi il sedere, potresti anche venire a darmi una mano...» mi rimprovera senza alzarsi.

Ops, beccato! Ridacchio e la raggiungo, abbracciandola in vita da dietro e le bacio il collo, sentendola fremere tra le mie braccia.

«Dovevi per forza metterti a lavorare sull'auto anche oggi? Dovresti essere a prepararti. È un grande giorno» le rammento, baciandole l'orecchio.

Lei sospira e si volta tra le mie braccia, interrompendo il suo lavoro. I suoi occhi, proprio come quelli di nostra figlia, hanno tutte le sfumature del verde, del grigio e dell'azzurro, oggi. È così bella, nonostante lo sbuffo di olio nero sulla guancia, che mi toglie il respiro.

«Lo so. Ma l'hai sentito il rumore che ha cominciato a fare dopo la gara, no? Devo capire cos'è e sistemarlo...» borbotta mettendo su il broncio.

«L'hai sfruttata molto negli ultimi anni. Forse è solo ora di cambiarla» le faccio notare, con un'alzata di spalle. Lei spalanca gli occhi e mi schiaffeggia il bicipite.

«Non lo dire nemmeno per scherzo! Non mi libererò mai di quest'auto!» ribatte offesa. Ridacchio divertito.

«Lo so, lo so. Stavo solo scherzando».

La sua espressione si addolcisce un po' e poi mi rivolge uno dei suoi famosi sorrisi in grado di mandarti al tappeto.

«Non riesco a credere che tra poche ore...» comincia a dire, ma la interrompo subito con un bacio appassionato. Le sue braccia mi si stringono intorno al collo e preme il suo corpo contro il mio.

Appena riusciamo a staccarci, poso la mia fronte sulla sua. «Non vedo l'ora. Tuttavia... se continui a perdere tempo in garage, mi ritroverò da solo all'altare al tramonto» la rimprovero scherzando, ma non troppo.

Si scosta un po' da me e mi guarda negli occhi con un'intensità tale da spezzarmi il respiro.

«Mai. Non ti lascerò mai più ad aspettarmi. Lo sai, vero?».

Le sorrido e le pulisco lo sbaffo d'olio dalla guancia con il pollice.

«Ti amo da impazzire. E non vedo l'ora di mettere nero su bianco - di nuovo - che sei mia. Mia soltanto. Non c'è più nessuna per me. Solo tu. Solo io e te... piccola» le prometto, passando l'indice sul suo polso tatuato. I suoi occhi diventano lucidi per l'emozione.

«Solo io e te, Ethan».

Scriverò ancora di te perché non è mai finita,

un addio non detto non può essere la fine.

- Charles Bukowski

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Credo che questa fosse la sola fine possibile per questa storia. ❤

Non me ne voglia il #TeamLiam 💜 che adoro per aver dato una possibilità a Liam

***
Ma... c'è un MA...

Leggete la seguente "nota autrice" e scoprirete ogni cosa.

G.💋

💋

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Ovunque andraiWhere stories live. Discover now