Capitolo 11

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Clarissa

Mi sveglio di colpo e mi ritrovo ancora avvolta dall'oscurità nella mia camera. Dal lucernario sopra il letto riesco a vedere qualche stella, segno che l'alba è ancora lontana.

Cerco di regolarizzare il respiro affannoso e ricacciare indietro le lacrime che tentano di fuoriuscire dagli angoli dei miei occhi. Mi metto a sedere e caccio via le lenzuola aggrovigliate intorno al mio corpo. La canottiera fina è appiccicata alla mia pelle sudata.

Torno a sdraiarmi a letto e mi concentro sul cielo fuori dal lucernario, cercando di cacciare via gli ultimi ricordi del mio incubo.

È sempre lo stesso: rivivo quasi ogni notte gli istanti precedenti il mio incidente. È come se mi vedessi dall'esterno: mi vedo leggere il messaggio di Ethan sul cellulare, lo vedo sfuggirmi tra le dita e cadere a terra davanti al sedile passeggero della mia auto. Mi osservo mentre mi abbasso a raccoglierlo, per poi rinunciare e rialzarmi.

E accorgermi del tir che mi viene incontro suonando il clacson mentre invado la corsia opposta. Il cuore che batte all'impazzata in preda al terrore.

L'ultima cosa che vedo ogni volta è il bagliore accecante di quei fari, e poi mi risveglio con il rumore raccapricciante del metallo che si accartoccia contro il traliccio dell'elettricità.

Un brivido mi fa venire la pelle d'oca su tutto il corpo. Mi ricopro con il lenzuolo e provo a chiudere gli occhi per riaddormentarmi. Il pensiero della t-shirt di Ethan, appallottolata in fondo a qualche scatolone, sfiora i miei pensieri.

All'accademia, quando non riuscivo a dormire, la indossavo e subito mi sentivo meglio. Ma mi rifiuto categoricamente di cedere a una tentazione simile anche ora; ho deciso di guardare avanti, e quella maglia deve rimanere chiusa dov'è.

Il suo posto in realtà sarebbe nella spazzatura, ma non sono ancora abbastanza forte per sbarazzarmene definitivamente. Spero che un giorno, finalmente, lo sarò.

___

Dopo due ore capisco che è tempo sprecato rimanere a letto a fissare il soffitto.

L'alba è ormai arrivata e quel tenue rosa accesso mi incita ad alzarmi e fare qualcosa che non faccio da tempo.

Non sarò di certo in grado di correre come una volta, ma posso almeno camminare. Che poi è esattamente ciò che dovrei fare per riabilitare il mio ginocchio malandato.

Un quarto d'ora più tardi sono già per strada. E poco dopo sto già imboccando il sentiero sul quale ero solita correre tutte le mattine quando abitavo qui.

Cammino piano cercando di non caricare troppo peso sul ginocchio e mi perdo ad ammirare il panorama circostante.

È esattamente come ricordavo: un lungo sentiero dritto che attraversa due enormi campi. Da una parte il grano e dall'altra una piantagione di girasoli.

Sorrido mentre faccio scorrere piano una mano tra le spighe gialle e osservo i girasoli puntare dritti verso il sole che sorge davanti a me.

I primi timidi raggi illuminano la sagoma del grande melo in fondo al sentiero. Io e Liam facevamo sempre a gara per vedere chi arrivava per primo e poi ci arrampicavamo su quei spessi rami e passavamo un po' di tempo lì sopra a vedere il sole spuntare, finché non era ora di tornare a casa per andare a scuola.

Il sorriso scompare subito dalla mia faccia: no, non è affatto tutto come prima.

___

Il ginocchio comincia a pizzicare così decido di tornare indietro. Non sono riuscita nemmeno ad arrivare a metà sentiero. Accidenti, mi sarebbe piaciuto tanto rivedere quel melo. Così decido che sarà il mio nuovo obiettivo: riuscire, giorno dopo giorno, a fare qualche passo avanti in più. Andare avanti, in ogni modo possibile.

Ovunque andraiWhere stories live. Discover now