Capitolo 45

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Clarissa

Quel venerdì sera, dopo essere stata in giro tutto il giorno con Liam, una volta tornata a casa, decido di fare finalmente quella telefonata che ho evitato per tutto il giorno. Prendo il telefono e mi siedo a terra sul tappeto. Risponde dopo solo uno squillo, quasi stesse attaccato al telefono ad aspettare questa telefonata.

«Ciao, papà. Come stai?» esordisco.

«Ciao, principessa. Io sto bene, ma tu e tua madre mi mancate tanto. Non vedo l'ora di riuscire a trovare un incarico più vicino a voi. Tu, piuttosto, come stai?» mi risponde mio padre con il suo solito tono burbero ma venato di una nota di nostalgia. Quando vede che non rispondo, aggiunge: «Vuoi sapere della tua auto, vero?»

«Spiegami come accidenti Ethan Jones è riuscito a metterci le mani sopra» chiedo, ripensando a quelle poche parole trovate su quel bigliettino sotto il tergicristallo che mi hanno dato il colpo di grazia dopo la vista della mia Mustang: "Se proprio vuoi provare a scappare, almeno fallo con qualcosa di veloce".

Sento mio padre prendere un profondo respiro. «C'è una cosa che non ti abbiamo mai rivelato. Ma lo abbiamo fatto per il tuo bene. Eri già così scossa...»

«Papà...» lo incalzo io.

«La tua macchina, la stessa notte dell'incidente, è stata portata all'officina di Ethan».

Mi si mozza il respiro. «Stai dicendo che la mia Mustang è rimasta tutto questo tempo nelle sue mani? E non mi avete detto nulla?» chiedo sentendo montare la rabbia. Mi sento tradita in un modo che non credevo più possibile.

«Mi dispiace. Io l'ho scoperto solo un paio di giorni dopo. Tu ti eri appena svegliata, eri fuori di te e dovevi concentrarti sulla riabilitazione. Non ci sembrava il caso di darti altre preoccupazioni».

Stringo con così tanta forza il telefono che mi fanno male le dita. «E poi? Cos'è successo?» mi esce quasi in un ringhio.

Dopo qualche istante di silenzio, mio padre mi risponde: «Mi hai detto che non sapevi cosa fare con quell'auto, che non volevi nemmeno pensarci. E mi hai chiesto di fare di testa mia. Mi sembrava ovvio che non la rivolessi indietro, così, circa un mese fa, mi sono recato all'officina dei tuoi amici per incaricarli di rimetterla in sesto per poi rivenderla. Sono stato molto sorpreso quando ho visto che stavano già provvedendo alla riparazione a loro spese...»

«Cosa?» chiedo sbalordita.

«Già. E devo dirtelo... quando ho rivisto quel ragazzo non era più lui. Tutta l'arroganza, la faccia tosta di sempre... niente. Era l'ombra del ragazzo che avevo conosciuto quando vi frequentavate e che mi ricordava così tanto me stesso alla sua età. E in quel momento mi ha ricordato me ancora di più... Dopo che tua madre mi lasciò ero nelle stesse identiche condizioni».

Mi mordo forte il labbro per impedirgli di tremare. Il viso di Ethan viene richiamato a tradimento dalla mia mente, ma è un'immagine annebbiata e ricordo solo la furia e il disprezzo nei suoi occhi e nei lineamenti del suo viso adirato la notte in cui mi ha cacciata via dalla sua vita. Scuoto forte la testa.

«Questo non spiega comunque come la macchina sia arrivata qui».

Mio padre prende un profondo respiro. «Quando quel giorno gli ho detto che ero lì per venderla, che non la volevi più, lui... beh, per fartela breve, l'ha comprata»

«Ha comprato la mia auto... Perché?» chiedo sconvolta.

«All'inizio ho pensato che si trattasse semplicemente di un investimento. Poi, però, ho capito che non voleva che qualcun altro l'avesse. Credo pensasse che un giorno l'avresti rivoluta. Forse ti conosce abbastanza bene. Non credi?». Mi asciugo le lacrime che ormai non riesco più a trattenere.

Ovunque andraiWhere stories live. Discover now