Capitolo 73

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Liam

Odio tutto questo. Non l'ho mai sopportato. Vorrei poter tornarmene nella mia stanza e isolarmi da questo schifo.

Osservo gli amici di mio padre – se così possono essere definiti – godersi la festicciola di Capodanno che ha organizzato e alla quale mi obbliga a partecipare. Tutti questi uomini, vestiti così eleganti ma talmente marci dentro, che osservano divertiti ed eccitati le prostitute ingaggiate da mio padre.

Droga e alcol scorrono a fiumi. A vedere tutta questa merda, adesso, mi vergono dell'essere stato così debole da aver ceduto anch'io quando ero poco più che un ragazzino.

Cerco di isolarmi nell'angolo accanto alla finestra che mi sono scelto, alzo al massimo la musica negli auricolari per non sentire le risate sguaiate e le chiacchiere di questi tizi che si credono uomini d'affari quando in realtà non sono altro che criminali. Faccio del mio meglio per ignorarli fintanto che una mano si posa sulla mia spalla.

«Ehi, figliolo. Ti stai divertendo?» mi chiede mio padre con una smorfia sul viso.

«Certo» mi obbligo a rispondere. Ormai ho capito che contrastarlo non porta a nulla di buono. Le sue pupille, già dilatate sotto l'effetto della droga, si allargano ulteriormente e posso leggervi un odio così profondo da fare quasi un male fisico.

«Non sembra affatto. Ma magari questa visita ti rallegrerà la serata» replica con una risata perfida e un luccichio malvagio negli occhi scuri. Con un cenno del mento mi indica di guardare verso l'ingresso.

Seguo la direzione del suo sguardo e appena i miei occhi incontrano quelli intimoriti di Clary, mi si gela il sangue nelle vene e non riesco più a respirare.

Non può essere vero. Non può essere davvero qui! Ethan mi aveva giurato che era al sicuro, che nessuno la stava perdendo di vista. Che non le avrebbe mai permesso di fare un sciocchezza simile. Ma ormai entrambi avremmo dovuto capire a questo punto che nulla può fermarla quando si mette in testa una cosa.

Una delle guardie del corpo di mio padre la strattona per il braccio per farla avanzare verso di noi. Clary gli lancia un'occhiataccia, cercando di divincolarsi dalla sua presa. E allora non ci vedo più.

Mi faccio largo tra la gente, scansando gli ospiti di mio padre in malo modo. Ma nei pochi secondi che ci metto per raggiungerla, lei è già riuscita a mandare a gambe all'aria la guardia del corpo con una delle sue ormai più che collaudate mosse di autodifesa.

La musica si ferma e la gente sussulta. La guardia del corpo si rialza in fretta osservando Clary con aria incredula e furiosa. Allunga una mano per riacciuffarla di nuovo ma io arrivo in tempo per fermarlo, afferrandogli il braccio con forza.

«Toccala ancora e io ti ammazzo» gli ringhio a un centimetro dal suo viso. Posso permettergli di picchiare me, ma non torceranno un solo capello a Clary.

La nascondo dietro la mia schiena e spintono via la guardia senza perderla di vista un solo istante. Mio padre interviene mettendo una mano sulla spalla della guardia e sulla mia, ed io me la scrollo via disgustato.

«Suvvia, ragazzi. Non è questo il modo di comportarsi davanti a degli ospiti» dice con falsa dolcezza. Fa un cenno e la musica riprende. E tutta la gente torna a divertirsi come niente fosse accaduto. Del resto sono abituati a ben altro...

Mio padre porta quindi l'attenzione su me e Clary ancora dietro la mia schiena. Le sue mani stringono forte la mia camicia, cercando di tirarmi indietro come volesse allontanarmi da mio padre.

«Quindi tu sei la famosa Clarissa, la ragazza di mio figlio...» afferma mio padre con un sorriso finto quanto la sua attuale cortesia.

«Sì. E adesso se ne va» ribatto subito io.

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