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Sono circa le due del mattino quando esco dal dipartimento di polizia insieme a Kevin, Amber, Oliver e persino Harry. I miei amici sono stati chiamati a testimoniare separatamente non appena arrivati in centrale, mentre io sono stata costretta a raccontare tutto quanto. Dopo essersi ripreso, Trevor, ha iniziato a inveire contro Harry e persino contro di me. Uno dei poliziotti mi ha avvisato dicendomi che grazie allo stesso Trevor, sarebbe stato più semplice confermare la mia versione e chiuderlo in galera. Avevo anche spiegato che i colpi che Harry aveva inflitto all'uomo erano serviti per difendermi, magari avevo mentito un po' perché in fondo Trevor non mi aveva toccata, ma dopo tutto quello che mi ha fatto, è il minimo. Durante la serata eravamo venuti a sapere di un'altra violenza denunciata due settimane fa da una ragazzina di diciotto anni appena, confermando ancora una volta che tutto quello che avevo detto ore prima, era solo la verità. La prima volta che Oliver cercò di denunciare Trevor gli chiesi di mentire e che era uno scherzo, perché io non ce l'avrei fatta di sicuro dopo l'accaduto successo per la seconda volta, ma stavolta sono stata costretta. Dopo aver sentito quel poliziotto raccontare della ragazzina, il mio cervello era arrivato alla conclusione che avevo solo sbagliato ad aspettare e perdere tempo, ma adesso è fatta e Trevor non uscirà da lì per un bel po' di tempo.

"Non posso crederci." Mormora sconvolta Amber ripensando alle parole del poliziotto. "Ho davvero bisogno di un attimo da sola. Andate a casa, ci sentiamo domani." Parlo per la prima volta dopo lunghe ore. "Alex, non vogliamo-" "Per favore." Interrompo Kevin. "È giusto che lei abbia il suo tempo da sola, avanti andiamo, vi accompagno alla macchina." Dice Oliver sorridendomi lievemente. Annuisco grata e pian piano si allontano. "Tu che fai ancora qui?" domando, rivolgendomi all'unica persona rimasta. "Ti accompagno." Risponde semplicemente. "No, io non credo." Deglutisco. "Alexandra, è davvero tardi per tutto questo, quindi piantala e seguimi." Sospira. Non parlo, lo seguo solamente fino alla macchina. "Vuoi guidare tu?" mi chiede. Lo guardo sorpresa dalla sua proposta e annuisco velocemente. Salgo dalla parte del guidatore e dopo aver allacciato la cintura, accendo la macchina per poi partire. Non ho mai guidato così bene, amo quest'auto e il senso di comfort che mi da ogni volta che mi poggio al sedile o uso il cambio. "Quanto ti è costata?" chiedo. "60.000" risponde. "Beh, immagino che per comprarmi una macchina del genere dovrò lavorare per i prossimi... settantacinque anni. Sì, si può fare." Sbuffo. "Ti pagano poco per il lavoro che fai." "Lo so, ma Paul è stato davvero gentile con me e beh, anche generoso. Le prime volte che lavoravo al Monet's e arrivavo piena di graffi o lividi la gente parlava, eppure Paul non si è mai lasciato influenzare. È un amico, quasi." Spiego. Harry annuisce e io continuo a guidare fino a quando non mi fermo sotto a casa mia. "Grazie di avermi fatta guidare." Lo ringrazio. Scrolla le spalle e mi guarda come se fosse in attesa di qualcosa. Ora o mai più no? "Vuoi salire?" gli chiedo. "Parcheggia bene." Dice. Annuisco ricevendo la sua risposta e non appena ho parcheggiato, scendo dall'auto seguita dal moro.

"Non è il massimo, ma io lo adoro." Dice facendo un cenno alla stanza. "Riesci a vivere qui dentro?" chiede. "Ah ah. Io non ci sto quasi mai, quindi mi sarebbe andata bene persino una sola stanza." Rispondo. "E la cabina armadio?" sbuffo una risata sorpresa dal fatto che se ne sia ricordato e gliela mostro. "Carina." Dice. Annuisco in accordo e mi avvicino al frigo. "Ti ha mai ferita in modo permanente?" domanda improvvisamente Harry cogliendomi di sorpresa. "Vuoi sapere se mi ha lasciato lui la cicatrice sull'anca?" lo guardo mentre lui annuisce lentamente. "Sì, è successo quando mi ha violentata la prima volta." Ammetto deglutendo. La cicatrice a cui Harry si riferisce è quella che ha visto durante il nostro rapporto la scorsa notte, è una semiluna grande quanto il polpastrello di una mano maschile. Trevor premeva talmente forte quella volta che l'unghia del pollice era affondata sulla pelle dell'anca così da lasciare un segno permanente. Piccolo è vero, ma sempre presente. "E tu, chi ti ha lasciato la tua?" chiedo riferendomi alla cicatrice sul suo petto mentre mi avvicino al suo corpo. La mia mano si poggia sul pettorale destro mentre l'altra sulla sua guancia. Al mio tocco i suoi occhi si chiudono facendomi sorridere lievemente, poi li riapre e porta le sue mani a legarsi dietro alla mia schiena. Si abbassa, premendo le sue labbra sulle mie e giuro di non farcela più. Dai miei occhi, calde lacrime cominciano a farsi spazio lungo il mio volto fin quando un singhiozzo mi costringe ad allontanarmi dalle sue labbra. Poggio la testa sulla sua spalla e continuo, silenziosamente, a piangere. In questo momento non so se le mie lacrime siano dovute solo a Trevor e ai ricordi, perché pian piano la consapevolezza di voler sapere qualcosa in più di Harry mi uccide. Io voglio poter sapere cosa lo fa agire in questo modo, perché è così distante, freddo, timoroso di affezionarsi. "Fu un uomo, uno con cui era indebitato mio padre." Parla Harry. Socchiudo le labbra sconvolta, ma non accenno a muovermi. Non ci credo. Non riesco a capacitarmi del fatto che mi abbia appena detto una cosa legata al suo passato. Coraggiosamente afferro i lembi della sua maglia e tiro su, fino a privarlo completamente del tessuto. Lancio uno sguardo al suo volto e lascio un piccolo bacio proprio sul segno della cicatrice. Lo sento risucchiare un respiro brusco e poi vedo le sue mani fare lo stesso con la mia, di maglia. "Ho bisogno di sentirti." Bisbiglia sulle mie labbra facendomi sospirare desiderosa di sentirlo ancora una volta.

Forse potrei farmi bastare quello che per ora è in grado di dare, giusto per cominciare.


Smash Into You || H. S. || A.U.Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz