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Il mattino seguente, quando mi sveglio non riesco a far altro che pensare alle cose successe nelle ultime ventiquattro ore. Non riesco davvero a credere di aver detto la verità a Harry, un semplice boxer nonché mio istruttore di boxe. 'Che hai baciato' aggiunge la mia coscienza. Come se non fosse già confusa la situazione in cui mi trovo. Sospiro e mi volto, il braccio di Harry è ancora fermamente appoggiato sulla mia schiena e non accenna a spostarsi, non che mi dia fastidio, anzi. Il suo volto è così rilassato, sembra un angelo sotto forma d'umano. Il suo viso è il più particolare che abbia mai visto: non c'è nulla che lo differenzi da un semplice ragazzo comune, eppure, per me invece ci sono milioni di cose che lo fanno. I suoi occhi, ad esempio, potrebbero essere quelli di un comune ragazzo, invece i suoi hanno quella sfumatura azzurrina che mi fanno impazzire. La sua bocca, con quelle labbra sottili capaci di incantare chiunque lo ascolti. E ancora, le sue fossette che ho avuto l'occasione di vedere solo una volta in quel bar di fronte alla palestra. Harry è davvero meraviglioso, eppure lui non sembra accorgersene, sembra come se non gli importi più di se stesso, di rimanere solo, di esserlo e io non voglio questo per lui. So che deve aver avuto un passato molto duro, lo dimostrano il suo atteggiamento, il suo approccio con le persone e la sua rigida riservatezza. Credo che abbia bisogno di una mano, di una persona che lo aiuti ad affrontare i suoi problemi e non sto dicendo che quella persona debba essere necessariamente io, ma sarebbe carino vederlo sorridere più spesso. Sposto una piccola ciocca di capelli dalla sua fronte e osservo il suo petto alzarsi e abbassarsi regolarmente, segno che sta ancora dormendo. Cautamente mi allontano dalla sua presa e dopo avergli lasciato un veloce bacio sulla fronte, esco dalla sua camera attenta a non produrre nessun rumore.

Quando raggiungo la cucina, rimango piacevolmente sorpresa da quello che vedo. Una grande vetrata da cui è possibile vedere lo skyline londinese riveste l'intera stanza, è magnifico. Di fronte ad essa sono accostanti a sinistra due divani con un tavolino in legno al centro e a destra la cucina vera e propria. C'è un bancone bianco munito di quattro sgabelli ed è davvero, davvero bellissimo. Io me la cavo discretamente in cucina, ma non è questo che mi fa venire voglia di piangere, bensì la mia passione per gli interni. Amo le cucine, i frigoriferi, i forni e persino i lavandini. La cucina è ad angolo e questo mi permette di amarla ancora di più perché io ho sempre desiderato una cucina del genere e giuro che potrei quasi piangere sul serio. L'accostamento di colori – bianco e grigio – permette alla stanza di trasmettere un tocco di calma, di pace e mi piace, mi piace da morire.

Non vorrei essere invadente, ma muoio di fame e non credo che ad Harry dispiacerà se preparo la colazione anche a lui. Vado sul classico o abbondo? No, meglio non esagerare, magari gli può dare fastidio il fatto che io abbia sprecato un sacco di cose. Cerco subito i vari ingredienti per preparare i pancakes e mi metto all'opera, ma prima preparo il caffè perché altrimenti posso dire addio alla mia lucidità. Dopo aver finito di preparare i pancakes, prendo dal frigo la marmellata e lo sciroppo d'acero, mentre dallo scaffale in alto a destra la nutella. "Caffè o tè? Tè o caffè?" mormoro indecisa. "Caffè." "Oh porca miseria!" sobbalzo per lo spavento mentre porto una mano sulla fronte e regolarizzo il respiro. "Credevo mi avessi sentito entrare." Dice Harry prendendo posto su uno degli sgabelli. "No, decisamente no." Respiro piano. "Oddio, sto per morire, lo sento." Dico. "Non sulla mia cucina, il divano è dall'altro lato." Commenta. "Simpatico." Borbotto girandomi di nuovo in direzione del piano cottura dove il caffè è ormai pronto. "Quanto zucchero? Oh, è vero, tu lo prendi amaro." Ricordo per poi riempire una tazza e posarla proprio di fronte a lui. "Tu hai già mangiato?" chiede. "Non ancora, volevo prima svegliarti." Rispondo. Harry annuisce e continua a sorseggiare il suo caffè. Io non perdo tempo a inzuppare i miei pancakes di sciroppo d'acero e dopo averli contemplati per almeno due minuti buoni, inizio a mangiare. Osservo il London Eye perfettamente visibile da qui e mi perdo a contemplare la bellezza del paesaggio. Certo, sono sempre dell'idea di voler vivere in un posto meno rumoroso, ma alla fine Londra è casa mia e a me va bene così. "Harry che ore sono?" balbetto, posando all'istante la forchetta sul piatto. "Le dieci e mezza, perché?" domanda. "Oh mio Dio, devo andare a lavoro!" esclamo nel panico. "Oggi è sabato, lo ricordi?" "Quindi non è lunedì?" sospiro sollevata. "No, hai dormito per una notte, non per due giorni." Risponde. "Grazie al cielo. Scusami, non volevo." Parlo. "Hai dormito stanotte?" chiede. Annuisco sorridendo lievemente. "Grazie per avermi ascoltata." Dico imbarazzata. "Non lo hai più denunciato?" "No, non ancora e sinceramente non so nemmeno cosa sto aspettando." Sospiro. "Beh, sarà una persona libera di ripetere quello che ha fatto con te a qualcun'altro, se non ti sbrighi a fare qualcosa." Commenta il moro. "Non sono pronta a dover raccontare di nuovo tutto, okay? Non- non ce la faccio." Rispondo. "Vado a prendere le mie cose, grazie di avermi ospitata e aiutata ieri notte." Dico per poi alzarmi e ritornare nella sua stanza senza degnarlo di un secondo sguardo.

Smash Into You || H. S. || A.U.Where stories live. Discover now