Connessione d'odio

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Probabilmente, in una loro vita passata, quei sei si erano odiati tanto e, forse, si erano fatti cose terribili a vicenda. Probabilmente, in una loro vita passata, avevano combattuto assieme, si erano uccisi, vendicati, cercati e distrutti. Probabilmente, in una loro vita passata, si erano promessi così forte di non dimenticarsi mai uni degli altri, che l'eco del loro odio si propagava nelle varie loro esistenze.

In quella vita, quella mattina tranquilla di giovedì, sei persone si erano svegliate piangendo, perché si erano distrutte a vicenda, perché si sentivano rotti e vibrava forte nei loro petti quanto tutti i pezzi del puzzle li avessero portati a quel momento.

Elizabeth si era svegliata nel suo letto e aveva stretto tra le mani la poesia che Jimin le aveva dedicato la notte precedente, piangendo piano per la sua partenza imminente, per come Seokjin l'avesse delusa, di come nulla sembrava andare per il verso giusto. Jimin aveva passato la notte insonne, decidendosi a fare le valige solo all'alba, piangendo silenzioso, mentre accettava lentamente che ciò che era successo era colpa della codardia che aveva avuto verso sé stesso. Taehyung e Jungkook si svegliarono nello stesso letto, schiena contro schiena, trattenendo le lacrime al sapere che le loro valigie chiuse erano pronte ad accompagnarli in aeroporto da lì a poche ore, che una volta usciti da quella casa sarebbe svanito quel che avevano conquistato con la forza.

Namjoon piangeva con foga da notte fonda, con la faccia nel proprio cuscino, urlando al cielo che avesse fatto di male per essere così miserabile.

Seokjin piangeva seduto a terra, investito dalle luci dell'alba nello spiazzale in cui avevano avuto il loro primo appuntamento, chiedendosi come stesse l'uomo che amava e che aveva distrutto.

Quei sei si erano incontrati per caso, in quella vita, ma si erano portati ognuno all'orlo del precipizio.

Le ore passarono, così come le lacrime che vennero nascoste nel loro petto, per indossare una maschera di assoluta falsità, ormai crepata dal troppo dolore, che mostrava al mondo la sofferenza dai loro sguardi.

Le valigie di Jimin, Jungkook e Taehyung erano già caricate sul furgone nero che il signor Kim aveva preparato per rimandarli da dove erano venuti: appena aveva raggiunto il figlio disperato in giardino, la sera prima, aveva capito che era successo qualcosa di brutto; aveva riportato Seokjin in camera sua, lo aveva accarezzato per ore, dicendogli che tutto sarebbe andato meglio senza capire cosa fosse successo, poi era andato da sua figlia che aveva svuotato il sacco su ogni cosa, troppo delusa dagli eventi; il signor Kim aveva cancellato la festa in piena notte, aveva bussato ad ogni stanza e aveva detto ai tre ospiti che il giorno dopo sarebbero stati accompagnati in aeroporto. Sperava, il signor Kim, di riportare un po' di tranquillità nella vita dei figli, così stravolte sotto il loro sguardo ignorante.

Jimin ed Elizabeth si erano ritrovati per salutarsi, in un angolo della casa senza importanza, ma lontano da tutti: «Ti scriverò tutti i giorni.» disse lei con sguardo triste.

Jimin annuì: «Ci scriveremo, ci chiameremo e faremo tante videochiamate, okay?»

Non si dissero nient'altro, si abbracciarono e basta, rimanendo per qualche minuti una cosa sola, prima di divenire così lontani da non percepirsi più. Elizabeth aveva una tremenda paura che lui si dimenticasse di lei. Jimin aveva una tremenda paura che lei si dimenticasse di lui. Nessuno dei due parlò, nessuno dei due si promise di non farlo, forse nessuno dei due ci credeva davvero, tristi com'erano nell'animo, che sarebbe funzionata davvero.

Taehyung e Jungkook si erano alzati dal letto e si erano separati senza dirsi nulla: Taehyung era tornato nella sua stanza, si era fatto una doccia, si era vestito. Gli uomini di servizio della dimora Kim erano passati a prendere le valige, lui era rimasto ancora un po' in quella stanza vuota, guardando fuori dalla finestra, provando a passare in rassegna ogni ricordo con Jungkook che aveva creato lì, per cancellarlo. Tanto, che senso aveva? Fuori da quella casa, fuori da quel paese, sarebbero tornati ad essere nulla.

Jungkook provava lo stesso – entrambi non si erano detti nulla, era così e basta. Avevano assaggiato l'egoistico bisogno di aversi, di lottare e cancellare chiunque per ottenere un noi, ma la realtà è che non era cambiato nulla. Potevano fare tutto, con le risorse che avevano, ma non potevano stare assieme. Forse, in fondo, neanche lo volevano.

Non c'è forse più gusto a inseguire qualcosa di impossibile, quando si ha tutto?

In completo silenzio, cresciuti e distrutti, i tre partirono senza il saluto di nessuno – Elizabeth non sarebbe riuscita a salutarlo mentre la macchina partiva e non voleva vedere Jungkook mai più, dopo ciò che aveva fatto. I tre non si guardarono in faccia, rimasero seduti sui loro sedili fino al loro arrivo in aeroporto, con le loro valige e, senza dirsi addio né arrivederci, presero, ognuno, la propria strada.

Probabilmente, quei sei, in un'alta vita, si erano amati con tutto il cuore, perché già sentivano che quelle settimane passate, connessi da qualcosa di inaspettato, erano state le più vissute della loro esistenza, solo perché insieme.

Seokjin fece il numero di Namjoon; il telefono squillò a lungo.

I tre Pretendenti - {Namjin}Where stories live. Discover now