Gelateria di baci

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La macchina accostò piano davanti al cancello della dimora dei Kim; Namjoon girò le chiavi dell'auto, spegnendo il motore, e tirò il freno a mano. Era una giornata soleggiata, ma faceva freddo. Seokjin indossava nuovamente i suoi abiti, ma sembrava essere una persona nuova.

«Eccoci qui.» disse Namjoon, tamburellando con le dita sul volante della macchina.

Seokjin abbozzò una risata, sbuffando dalle narici: «Lo vedo, riconosco casa mia».

Namjoon sorrise, lo guardò sollevando un sopracciglio: «Eppure sei ancora qui».

«Perché non ho voglia di scendere».

Il giorno precedente era stato il più incredibile della vita del primogenito dei Kim: aveva indossato abiti che mai aveva pensato di provare, era andato ad un incontro di pugilato – si era perfino divertito! – e aveva fatto l'amore per la prima volta.

Namjoon si tolse la cintura e si sporse verso di lui, lasciandogli un bacio sulla guancia: «Vuoi che ti riporto a casa mia? Guarda che mi hai chiesto tu di tornare, puoi rimanere quanto vuoi».

Seokjin non aveva fatto una piega, non aveva sbuffato, non si era allontanato, né aveva simulato qualche smorfia di fastidio: si era semplicemente lasciato dare un bacio, uno di quei baci che non significavano niente. Si chiese, per un secondo, se non fosse quello il bello di stare assieme: essere così intimi da darsi baci perfino senza motivo. Non un bacio per dirsi "ti amo", per salutarsi o per chiedere scusa. Non un bacio per voglia di contatto, neanche per dirsi "sono qui". Un bacio per il gusto di dare un bacio, perché puoi permetterti di farlo. Aveva voglia di altri baci al gusto di nulla.

«Quindi?» chiese nuovamente Namjoon, dato che Seokjin era troppo preso a pensare ai baci per rispondergli. «Vuoi tornare a casa?»

«No,» intonò con semplicità il più giovane, «ma mia madre manderà l'FBI a cercarmi se non torno». Il sorriso sul volto di Namjoon sparì immediatamente, lasciando un'espressione preoccupata sul suo volto. «Sto scherzando, tranquillo. Ma potrebbe uccidermi, questo non lo escludo».

Namjoon tornò a guardarlo dolcemente, sollevò una mano e gli accarezzò i capelli. Seokjin lottò per non chiudere gli occhi. «D'accordo, torna pure dalla tua famiglia.» rimasero qualche secondo in silenzio, poi Namjoon fece scoccare la lingua al palato, «E da quei truffatori».

Seokjin scoppiò a ridere e scosse il capo: «Non sono truffatori, sono i miei pretendenti».

Namjoon si allungò con il busto verso Seokjin, all'improvviso, sfiorandogli l'orecchio con le labbra, non per dargli un bacio, ma per sussurrargli: «Qua l'unico pretendente sono io.» che a Seokjin sembrò meglio di un bacio, tanto che si ritrovò ad accarezzarsi le braccia per togliersi i brividi.

Nascose il sorriso voltando leggermente il volto dalla parte opposta a Namjoon, contraccambiando il sussurro con un successivo: «Non dire cose imbarazzanti.» che entrambi sentirono come se lo stesse urlando. Ma erano così, loro due, si urlavano cose addosso che volavano via e si sussurravano le frasi più difficili. O, almeno, era sempre stato così, anche se sentivano entrambi che avrebbero potuto cambiare le cose, urlarsi addosso che era tutto reale, e smetterla di sussurrarsi ciò che faceva paura.

«Lo sai che è così, sono l'unico qui che...»

Namjoon deglutì, perché di notte, con un po' d'alcool in corpo, in camera sua, abbracciati e con una colonna sonora di sottofondo, si era sentito così forte da dirgli quel che provava. Lì, invece, sembrava tutto più difficile. Perché Seokjin gli sembrava come l'acqua: ogni tanto sembrava congelarsi per qualche motivo, così da lasciarti il tempo di prenderlo tra le mani, poi si scioglieva e sembrava impossibile non farselo sfuggire tra le dita.

Namjoon fece per far cadere l'argomento, sospirando piano, ma Seokjin si girò di colpo verso di lui, fissandolo negli occhi: «Sì, lo so».

Si guardarono. Si guardarono per un po', poi Seokjin sembrò perdersi nei pensieri.

Namjoon rimase a guardarlo, perché era bello farlo ed era bello poterlo fare. Rimase a guardarlo per almeno un minuto, poi, curioso, chiede: «A che stai pensando?»

Seokjin sembrò tornare a quel momento, sbattendo le ciglia veloce e rimettendo a fuoco il volto di Namjoon.

«Io?» gli angoli delle labbra si sollevarono appena, «A niente».

Ed era una bugia, perché stava pensando a qualcosa, qualcosa di specifico: a quella mattina, poche ore prima.

Seokjin stava pensando che si era svegliato in un altro letto, in una stanza che conosceva a mala pena, con un ragazzo che conosceva da settimane, dopo aver fatto l'amore per ore, dopo aver sentito la sua voce ansimargli nell'orecchio che lo amava, che lo voleva per sé, che non lo avrebbe lasciato andar via. Seokjin stava pensando che si era già svegliato altre volte in altri letti, con altri ragazzi, dopo aver fatto sesso per ore, ma che non era stato lo stesso. Non si era svegliato diverso per magia, non era stato più bello il sesso o più forte l'orgasmo provato con lui rispetto ai precedenti. Non si era svegliato connesso a Namjoon per quelle due parole che gli erano state dette, non era successo niente di ciò che era scritto nei libri, raccontato nei film, cantato nelle canzoni. Non si era svegliato più uomo e meno ragazzo, per aver capito che il senso della vita era trovare qualcuno con il quale condividere quei momenti.

Però si era svegliato tra le sue braccia, con il suo respiro caldo sul collo, sotto le sue lenzuola, e si era sentito nel posto giusto. E non aveva avuto voglia di essere da nessun'altra parte.

«Sicuro?» chiese, Namjoon, sorridendo anche lui, piano. Seokjin annuì. D'altronde, cosa avrebbe potuto dirgli? Che sentiva di essere uguale a prima, ma insieme? «Va bene, allora ti chiamo quando arrivo?»

Seokjin annuì di nuovo e, questa volta, si tolse la cintura e si avvicinò di sua spontanea volontà al volto dell'altro, alzando le mani e poggiandole sulle sue guance per poi far combaciare le loro labbra. E si baciarono piano, senza nessuna voglia di arrivare alla fine. Si baciarono per saluto, per dirsi "già mi manchi" e forse per dirsi "ti amo". Seokjin sperò di poter dare anche lui un bacio di nulla, prima o poi.

«Ciao.» gli sussurrò Seokjin sulle labbra.

«Ciao».

L'uno scese, l'altro lo guardò dal finestrino finché non lo perse di vista, sollevando la mano un'ultima volta quando Seokjin si girò veloce per guardare fosse ancora lì.

L'uno rimise in moto l'auto, l'altro arrivò fino a casa con la mano sul petto e il sorriso sul volto, ripensando alle mille cose che aveva vissuto, a quanto bello fosse stato fare l'amore, a come avrebbe voglia di dirgli tutto ciò che aveva dentro, ma per il quale non conosceva ancora il modo.

E tutta quella nuvola ovattata di romanticismo che sentiva dentro e fuori al suo corpo scoppiò in un sol istante appena le urla di sua madre riempirono l'atrio.

I tre Pretendenti - {Namjin}Where stories live. Discover now