Quanto costa la Torre Eiffel?

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Erano passati mesi dalla festa di capodanno a Parigi, ma Taehyung la ricordava come fosse stata la sera precedente: i balconi di tutto l'ultimo piano dell'Hotel Lutetia illuminati dalle lampadine appese, il vino e lo champagne che non finiva mai, continuamente ricambiato ogni bottiglia finita, le urla, la musica, gli abbracci e i selfie tra le persone più influenti dei social. Taehyung era arrivato in ritardo, in un completo smoking completamente fuori luogo, ma che non lo aveva per nulla messo a disagio (anzi, era stato fotografato più volte e le sue foto avevano fatto il giro tra le pagine dei suoi fan e sui tabloid online), spiegando che, prima di quella festa, era dovuto passare ad una cerimonia d'affari con suo padre. Taehyung non si occupava degli affari di suoi padre – non era nelle sue corde e, soprattutto, sapeva di non esserne in grado – ma lo accompagnava spesso per fare bella figura, per intrattenere gli ospiti parlando di qualche persona famosa con cui aveva rapporti stretti. La vita mondana e gli affari, spesso, si univano indissolubilmente. L'arrivo a ora tarda, comunque, oltre ad avergli permesso un'entrata ad effetto e con stile – non che non l'avesse programmato, ovviamente – gli aveva anche permesso di poter parlare con gli invitati in maniera diversa dal solito: lui sobrio, gli altri completamente sbronzi.

Stava provando a rigirare con la sua dialettica una modella spagnola che era uscita con un suo amico stretto qualche mese precedente, tentando di scoprire il motivo per il quale si fossero mollati, ma all'improvviso una mano l'aveva preso per il polso e l'aveva trascinato via con sé. Taehyung aveva riconosciuto Jungkook in mezzo istante e, se fosse stato ubriaco, gli avrebbe urlato di lasciarlo stare e di levarsi dal cazzo – d'altronde si odiavano, erano nemici mortali – ma fortunatamente era sobrio, quindi fece finta di niente, ridendo, e lo seguì come se fossero buoni amici. (Tutti sapevano che si stavano sul cazzo a vicenda, ma urlarsi addosso durante una festa era così di basso stile che avrebbe fatto scendere la loro popolarità ai minimi storici – e quella di Jungkook non era mai stata troppo alta, comunque).

Taehyung seguì l'altro che, a differenza sua, era tanto ubriaco da barcollare a destra e sinistra mentre camminava lungo un corridoio fuori dalla stanza principale dell'ultimo piano dell'hotel, controcorrente ad ogni altro invitato che, invece, stava accorrendo al salone per il conto alla rovescia che ci sarebbe stato da lì a poco. Quando furono abbastanza lontano da tutti Taehyung provò a staccarsi dalla sua presa con uno strattone: «Idiota! Ma che cazzo hai?»

Jungkook non lasciò il suo polso, fece più forza soltanto e, con uno colpo secco, lo obbligò a continuare a seguirlo. Taehyung sarebbe riuscito a staccarsi – semplicemente perché l'altro non era lucido, in caso contrario non sarebbe riuscito minimamente, data la differenza di corporatura – ma non lo fece, immaginandosi che altrimenti si sarebbe messo ad urlare, facendo un gran casino. Lo seguì fino ad una stanza secondaria, una semplice camera del piano, lasciata aperta come ogni altra, con un letto matrimoniale ben curato sul quale altri ci avevano appoggiato giubbotti, borse e pacchetti. Jungkook la oltrepassò andando fino alla porta finestra che dava sul balcone, la aprì, uscì all'esterno portandosi dietro Taehyung. «Cristo!» intonò Taehyung portandosi le braccia intorno al corpo al freddo di una mezzanotte a cavallo tra i due anni «Ma che cazzo ti prende, si può sapere?».

Jungkook chiuse la porta vetrata dietro di lui, separò entrambi dalla stanza immersa nel buio, poi portò lo sguardo sul nemico da sempre, uno sguardo confuso e appannato dall'alcool, completamente senza coscienza: «Dove... cazzo eri?»

Taehyung sollevò il sopracciglio, sbuffò: «Che ti importa?»

«Ti ho...» si bloccò, barcollò a destra e sinistra poggiando la mano alla inferriata di metallo del balcone «Aspettato tutta sera».

«Non sei lucido. Non mi interessa sprecare il mio tempo con te normalmente, immaginati da ubriaco.» lo prese in giro Taehyung. «E poi sta per arrivare la mezzanotte e si gela, Cristo, io rientro».

Provò ad avvicinarsi alla porta finestra, ma Jungkook gli sbarrò la strada: «Avevo paura non venissi».

«Ma che te ne frega!?» sbraitò Taehyung allargando le braccia.

L'aria cominciò a riempirsi di voci tutte intorno a loro, a tempo, sembrando un canto che veniva da ogni direzione. «Dieci». «Nove». «Otto».

«Mi. Frega.» obiettò Jungkook chiudendo gli occhi per un istante e facendo ciondolare la testa. «Volevo farti gli auguri».

«Beh, visto che non vuoi farmi entrare, penso proprio che potrai farmeli per primo, sei contento ora?» chiese nervosamente Taehyung, sapendo che stava per perdersi il giro di saluti per colpa del ragazzo che più detestava al mondo.

Jungkook deglutì, ascoltò il conto alla rovescia, e quando ai numeri si sostituì un generale urlo di auguri sconnessi, sorrise appena: «Buon anno, Kim Taehyung».

«Sì, come no, buon anno Jeon Jung-».

Il suo nemico non lo aveva fatto finire, buttandosi su di lui con un calore che mai si immaginava poter provenire da un ragazzo così freddo: le sue labbra lo baciavano con foga, al sapore di più tipi di alcoolici, le sue braccia lo stringevano intorno alle spalle, tutto il suo corpo gli si era buttato addosso come se non aspettasse altro da sempre. Taehyung era rimasto spiazzato, completamente, immobile mentre l'altro continuava a muovere la bocca sulla propria, senza ricambiare, con gli occhi spalancati e le braccia lungo i fianchi. Avrebbe potuto ricambiare e godersi comunque un bacio di capodanno, quello era vero, ma quello era anche un bacio dato da un ubriaco e, soprattutto, era dato da Jungkook.

Dopo qualche secondo Jungkook aveva appoggiato la fronte sulla sua spalla ed era scoppiato a ridere: «Ti compro la Torre Eiffel se ti piace». Taehyung spostò lo sguardo sul monumento appena citato, non molto lontano da loro, illuminato dai fuochi d'artificio che ormai riempivano il cielo e del quale nemmeno si era accorto. «La compro per te, ti piace? È tua».

Jungkook rideva, Taehyung guardava la Torre Eiffel. «Non penso sia in vendita, ma grazie».

L'istante dopo Jungkook scivolò verso terra e Taehyung dovette mantenerlo e portarlo di peso nella stanza buia, buttandolo sul materasso dopo aver fatto un po' di spazio tra i giubbotti.

A tutti aveva raccontato che non aveva capito nulla di ciò che volesse l'altro, che aveva sbiascicato insulti nei suoi confronti tirando fuori vecchie storie e che poi era svenuto per colpa dell'alcool. Tutti avevano riso, Taehyung aveva fatto finta di essere infastidito per aver perso il conto alla rovescia. Jungkook sembrò non ricordare più nulla.

Ovviamente Taehyung non poteva essere sicuro che Jungkook provasse qualcosa per lui, forse da ubriaco gli era sembrata una buona idea baciarlo per dargli fastidio e dirgli che avrebbe potuto comprargli qualsiasi cosa per ricordargli chi era il più ricco, ma era abbastanza improbabile. Da quel giorno, comunque, Taehyung aveva accettato ogni invito a feste in cui era presente Jungkook e non era mai arrivato troppo in ritardo.

Taehyung lo prendeva in giro, ma non voleva farlo star male. Forse voleva solo scoprire se fossero reali i suoi sentimenti, o voleva solo stuzzicarlo. Se avesse voluto metterlo in soggezione, comunque, avrebbe potuto solo dirgli cos'era successo alla festa di capodanno.

Non era innamorato di Jungkook, non voleva provare ad uscirci assieme, non voleva che il loro rapporto mutasse ed era per quello che aveva sempre bloccato ogni discussione che diventava troppo fisica. (I loro sguardi arrabbiati finivano per mangiarsi a vicenda, i respiri si facevano affannati, i corpi si avvicinavano tra loro senza volerlo). Taehyung non voleva fare nulla con Jungkook e nei mesi precedenti era stato bravissimo a fermare ogni cosa.

Ma lì, negli Stati Uniti, tutto sembrava più difficile.

«Che vuoi Taehyung?» gli chiese Jungkook sulla porta della propria stanza.

«Te».

I tre Pretendenti - {Namjin}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora