Pioggia di lacrime al telefono

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angolo autrice: se vi va, sentitevi in loop "Introvert - Laxcity, Harvey"


Faceva caldo, però pioveva; Seokjin era sdraiato sul letto, steso su un fianco, con lo sguardo fisso fuori dalla finestra aperta. La pioggia era silenziosa, come un sottofondo triste ad una storia d'amore finita. Il cielo era ancora di quel blu tiepido estivo di sera inoltrata; probabilmente la luna era già visibile in cielo, ma in lontananza poteva vedere ancora il tramonto sul mare. Seokjin aveva smesso di piangere da ore, perché non aveva più lacrime e la stanchezza fisica aveva affiancato quella emotiva. Seokjin fissava la pioggia all'esterno e provava a odiare con tutto sé stesso, ma immaginava quanto avrebbe potuto essere un bel momento con lui a fianco. Un pomeriggio in silenzio, a fissare la pioggia d'estate. E più provava ad odiare e più sentiva la mancanza, anche se continuava a ripetersi che era stata tutta finzione e non aveva senso soffrire per qualcosa di mai esistito.

Elizabeth bussò alla porta. Seokjin non si disturbò a fare nulla, non a girarsi verso la porta, non a chiedere di andarsene. «Jin?» chiese in un sussurro la ragazza, ancora all'ingresso «Posso entrare?»

Seokjin mugugnò in assenso, continuando a fissare la pioggia all'esterno. Elizabeth chiuse la porta dietro di lei, si avvicinò piano, come se avesse paura di spaventarlo e salì delicatamente sul materasso, sedendosi a gambe incrociate su di esso e fissando il fratello maggiore: «Continua a chiamarmi».

«Blocca il suo numero».

Elizabeth rimase in silenzio qualche istante, poi prese un profondo respiro: «Non è meglio che lo senti e che chiudi definitivamente?»

Seokjin, che amava sua sorella con tutto sé stesso, si girò di scatto, sollevandosi sui gomiti, e la guardò in cagnesco: «Tu l'hai fatto con Jimin?» la sfidò con cattiveria.

Elizabeth accusò il colpo, abbassò lo sguardo intristita, ma poi lo risollevò con fierezza e annuì sicura. «Sì, l'ho fatto subito». Seokjin boccheggiò preso in contropiede, sentendosi in colpa. «Gli ho detto di non parlarmi mai più e andarsene».

«Però è ancora qui».

«Non c'erano voli disponibili subito, se ne andrà il giorno prima della festa».

La voce di Elizabeth provava a mostrare sicurezza, ma tremava, traspariva dolore che non voleva provare, ma che non poteva far altro che accettare sotto la doccia, prima di dormire, quando  meno se l'aspettava. Seokjin si bagnò le labbra: erano secche, gli facevano male, così come gli facevano male gli occhi che si era sfregato per ore e per giorni.

Cinque giorni.

Non lo sentiva da cinque giorni e il dolore non sembrava più sparire, continuava a venire a galla, a tormentarlo, a non dargli pace. Seokjin aveva provato ad essere forte per la sorella, a dirle che avrebbero vinto loro, che si sarebbero vendicati, ma il momento di rabbia iniziale era svanito presto, lasciando posto alla mancanza, a ciò che aveva perso, a ciò che non aveva potuto provare e a ciò che non aveva potuto dire.

«Ti ha fatto bene?» chiese sottovoce Seokjin, quasi avesse pausa della risposta.

Elizabeth si strinse tra le spalle, ci pensò a fondo, in silenzio, poi scosse il capo: «Ha fatto male». Deglutirono, quasi all'unisono; lei al ricordo di quanto avesse sofferto nel guardarlo negli occhi e dirgli quanto lo odiasse, nella infinita delusione di non vederlo controbattere, di non chiedere cosa fosse successo, di accettare il suo addio e camminare via da lei; lui nell'immaginare quanto chiudere davvero sarebbe significato far finire ogni cosa, per davvero.

Elizabeth prese il telefono dalla tasca, lo poggiò sul materasso e guardò il fratello: «Io te lo lascio qui, decidi tu».

Fece per andarsene, per scendere dal letto e lasciarlo solo, con la sua decisione, ma Seokjin la prese dolcemente per il polso e la guardò spaventato: «Rimani con me?». Elizabeth annuì, abbozzò un sorriso triste, provando a non piangere, Seokjin mimò un "grazie" con le labbra, poi abbassò lo sguardo sul telefono.

I tre Pretendenti - {Namjin}Where stories live. Discover now